Quella che apre la Traviata è una delle arie più famose al mondo:

Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora; e la fuggevol fuggevol’ ora s’inebrii a voluttà…

A casa di Violetta Valéry, celebre cortigiana parigina, si tiene una festa. La donna cerca di dimenticare la sua malattia e lei ed i suoi ospiti inneggiano all’edonismo: che il piacere possa far dimenticare la brevità della vita. Violetta rivendica la sua indipendenza mentre canta di voler vivere sempre libera lungo i sentieri del piacere. Ma in realtà il suo cuore è rimasto rapito da Alfredo Germont, che le ha appena confessato il suo amore. Sarà un amore breve, il loro: le note iniziali dell’ouverture hanno preannunciato il destino di morte di Violetta, che infine si compie.

La Traviata è una delle opere più eseguite nei palcoscenici di tutto il mondo. E anche a Cagliari, dove mancava da alcuni anni, il Teatro Lirico era gremito in questi giorni di rappresentazione. Eppure l’opera verdiana registrò un fiasco, quando fu rappresentata per la prima volta nel 1853 al Teatro La Fenice di Venezia. Verdi diede la colpa ai cantanti, poco adatti per la parte. Ma probabilmente anche la novità dell’opera non aiutò, tanto che la storia, considerata scabrosa, venne sottoposta a censura e l’ambientazione trasportata nel passato. Verdi si era innamorato della storia raccontata da Alexandre Dumas nel romanzo «La signora delle camelie». E volle che il suo librettista, Francesco Maria Piave, ci mettesse mano. Così venne fuori il capolavoro che ancora ascoltiamo.

La storia di Violetta è quella vera di Marie Duplessis, una cortigiana del primo Ottocento morta a soli ventitré anni, reietta e in miseria. Di famiglia povera, giunta nella capitale francese giovanissima dalla Normandia, a sedici anni era la più richiesta lorette, ovvero mantenuta, di Parigi. Bella e colta, tra i suoi amanti ci fu anche Alexandre Dumas, figlio dell’omonimo scrittore e scrittore lui stesso, che poi le dedicò il romanzo e uno spettacolo teatrale.

Marie era solita ornarsi con delle camelie, ecco quindi il titolo del romanzo. Sposò, poi, il conte Edouard de Perrégaux, ma il matrimonio finì a causa dell’opposizione della famiglia di lui. Marie allora dilapidò il suo patrimonio e morì in povertà nel 1847, tanto che venne sepolta in una fossa comune. Il suo corpo fu poi traslato nel cimitero di Montmartre.

Probabilmente Verdi vide a Parigi lo spettacolo tratto dal romanzo e ne rimase folgorato.

Per l’ambiente puritano della borghesia ottocentesca, che usava queste ragazze ma poi le abbandonava, l’opera doveva finire con la morte della traviata. Che, sebbene purificata dall’amore, era pur sempre una deviata, secondo i benpensanti dell’epoca.

Così Violetta, ripudiata dalla famiglia dell’amato per il suo passato, pur riscattandosi con la sua generosità e il suo amore per Alfredo, muore di tisi alla fine dell’opera, lasciandoci a interrogarci sulle nostre piccole e grandi ipocrisie quotidiane.

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