Erano 4mila nel 2019, sono diventati 5mila pochi giorni fa. Cinque migliaia di pianeti extra solari, cioè esterni al sistema del quale fa parte la Terra, individuati nell’arco di trent’anni. Il primo fu scoperto nel 1992, l’ultimo lo scorso 23 marzo (gli ultimi, in realtà: ne sono stati trovati 65 tutti assieme). La scienza fa passi da gigante di pari passo con lo sviluppo delle moderne tecnologie, che consentono all’Uomo di vedere sempre più lontano nello spazio e nel tempo, e accresce la speranza di centrare uno degli obiettivi principali di chi studia e osserva i corpi celesti: trovare quel che Rita Sambruna, vice direttrice della divisione di astrofisica del Goddard Space Flight center della Nasa, ha definito in una recente intervista al Corriere della Sera il “Sacro graal” dell’astronomia, cioè un mondo simile al nostro. Abitabile. Risultato che manca e, abbinato alla domanda senza risposta “Siamo soli nell’Universo?”, sembra confermare la bontà del paradosso di Fermi, dal nome del fisico italiano Enrico che, nel 1950, si chiese: se le civiltà sviluppate abbondano nelle galassie, dove sono? Perché non sono state trovate prove della loro esistenza e nessuna di esse ci ha contattato? Quesiti che hanno originato molteplici risposte, alcune poco rassicuranti per l’Homo sapiens (già oggi non in splendida forma).

Un ipotetico corpo celeste metà pianeta e metà stella (archivio)
Un ipotetico corpo celeste metà pianeta e metà stella (archivio)
Un ipotetico corpo celeste metà pianeta e metà stella (archivio)

Tante Terre di tipo diverso

Come già illustrato sull’Unione Sarda in un precedente articolo riguardante l’argomento “esopianeti”, l’aumento del loro numero è stato esponenziale: le scoperte sono passate dalle 20 del 2000 alle 189 del 2011 alle quasi 2mila del 2015 alle 5mila attuali (probabilmente già superate in questi giorni). La maggior parte è formata da giganti gassosi come Giove e Saturno, mentre è più complicato trovare pianeti rocciosi. Infatti Il 35 per cento dei mondi scovati sino a oggi è di tipo “nettuniano” (per lo più ricoperti di ghiaccio e con circa 50mila chilometri di diametro a fronte dei 12mila del nostro pianeta); il 31 per cento è una “super Terra” (di tipo roccioso o gassoso e con un diametro tra i 12mila e i 50mila chilometri); il 30 per cento è un gigante gassoso come Giove e Saturno (il diametro è superiore ai 100mila chilometri); il 4 per cento è più simile alla nostra casa spaziale. La quasi totalità appartiene a sistemi planetari che orbitano attorno a una stella, ma cresce il numero dei mondi nomadi, che vagano senza meta alla deriva, privi di una forza gravitazionale che ne indirizzi il percorso e ne condizioni i movimenti. Ancora nell’estate 2021 ne era stata individuata una ventina.

Una galassia simile alla Via Lattea (archivio)
Una galassia simile alla Via Lattea (archivio)
Una galassia simile alla Via Lattea (archivio)

Una galassia affollata

Nel 2019 uno studio dell’università statunitense Penn State ipotizzava che solo nella nostra galassia, la Via Lattea, vi fossero 10 miliardi di pianeti di tipo roccioso, della giusta dimensione e nella fascia così detta abitabile (non troppo distanti né troppo vicini alla propria stella così da avere sulla superficie acqua in forma liquida, indispensabile per ospitare la vita nelle forme in cui la conosciamo); i colleghi dell’Ateneo di Berkeley in California un anno prima hanno sostenuto che il nostro vasto condominio ospiti sino a 50 miliardi di stelle, il 22 per cento delle quali con le stesse caratteristiche del nostro Sole e un pianeta che gira loro attorno.

Il nuovo telescopio spaziale Webb (archivio)
Il nuovo telescopio spaziale Webb (archivio)
Il nuovo telescopio spaziale Webb (archivio)
Il telescopio spaziale Hubble (archivio)
Il telescopio spaziale Hubble (archivio)
Il telescopio spaziale Hubble (archivio)

Numeri impressionanti che potrebbero essere incrementati grazie al nuovo telescopio spaziale a raggi infrarossi Webb, il più grande sinora mandato nello spazio (è stato lanciato lo scorso 21 dicembre). Ha sostituito il mitico predecessore Hubble e consentirà, nelle intenzioni, di catturare la luce degli oggetti più antichi e lontani, particolarmente debole, e dunque di vedere sempre più indietro nel tempo sino ad arrivare a breve distanza (si fa per dire) dalla nascita dell’Universo.

Ipotetici alieni (archivio)
Ipotetici alieni (archivio)
Ipotetici alieni (archivio)

Un silenzio che fa rumore

E allora, davanti a questi passi avanti nelle scoperte e all’elevato numero di stelle nei miliardi di galassie che vagano per l’infinito, si torna alla domanda cruciale: c’è qualche altra forma di vita intelligente in questo pullulare di pianeti? E se esiste, dov’è? Perché non si è fatto viva? Gli esperti hanno provato a rispondere e ne sono derivate diverse possibilità.

Prima ipotesi. La vita ha basse probabilità di svilupparsi ed evolversi spontaneamente sino a creare una civiltà intelligente; e questo, per chi non abbraccia la teoria dell’evoluzione di Darwin o esclude una semplice concatenazione di eventi fortuiti, potrebbe indicare che davvero qualche entità superiore sia intervenuta per creare la nostra specie, Dio o qualcosa che gli somigli, magari gli stessi alieni arrivati sin qui migliaia o centinaia di migliaia di anni fa donandoci il seme della conoscenza (teorie senza alcuna base scientifica - al momento - ma che ottengono un certo riscontro: basti pensare alle teorie in base alle quali gli extraterrestri avrebbero realizzato le piramidi d’Egitto 4.500 anni fa e tracciato le linee di Nazca duemila anni dopo). Lo scrittore svizzero Erich Von Däniken, solo per fare un esempio, sostiene che miti e leggende racconterebbero qualcosa di molto reale e ricorda che nella mitologia della maggior parte delle civiltà umane è ricorrente l’immagine di divinità che scendono dal cielo. Lo scrittore azero Zecharia Sitchin a sua volta ipotizza che proprio grazie a esseri simili sia nata la civiltà in Mesopotamia. E così via. Ma allora, se così fosse, è possibile che questi antichi progenitori dopo un tempo così lungo ancora non abbiano fatto un’altra capatina da queste parti per vedere come procedono i lavori?

Le piramidi d'Egitto (archivio)
Le piramidi d'Egitto (archivio)
Le piramidi d'Egitto (archivio)
Le linee di Nazca (archivio)
Le linee di Nazca (archivio)
Le linee di Nazca (archivio)

Distanze infinite

Qui arriva una seconda ipotesi, secondo cui in realtà la vita intelligente esiste anche altrove ma non ha alcuna intenzione di comunicare con l’Uomo né tantomeno di farsi vedere (è delusa, atterrita, schifata? Ha perso la strada? Il suo tempo scorre più lentamente rispetto al nostro, così che un migliaio di nostri anni per lei corrisponda a poche ore? Non si sa).

Terza ipotesi. L’esistenza media di una forma di vita intelligente avrebbe una durata relativamente bassa (nell’ordine di circa 10mila anni secondo la “Equazione di Drake”, formula matematica dalla quale deriva l’ipotesi che nell’universo esistano centinaia di miliardi di galassie e, quindi, civiltà avanzate in grado di comunicare con noi), forse non sufficiente a compiere viaggi interstellari di durata eccezionale. Basti pensare che il primo pianeta extrasolare di tipo terrestre individuato dai ricercatori, Kepler-22 b, dista circa 600 anni luce da noi. Scoperto nel 2011, è ben più grande del nostro pianeta e orbita nella fascia adatta a ospitare la vita: la temperatura superficiale media sarebbe di circa 22 gradi, utile a ipotizzare la presenza di acqua allo stato liquido. Per raggiungerlo però, con le attuali conoscenze, servirebbero migliaia di anni di viaggio. Dunque allo stato attuale è impossibile entrare in contatto con i suoi eventuali abitanti.

La quarta ipotesi è che, oltre a non poter coprire distanze di questo tipo, l’Uomo neanche sia in grado di ricevere un ipotetico messaggio proveniente da altri mondi perché privo della necessaria tecnologia in grado di captare impulsi a noi sconosciuti o, magari, partiti da un punto dello spazio (immenso per definizione) non tenuto sotto controllo.

Alternative sparse

Nelle tesi più fantasiose si sostiene che gli alieni siano in letargo (non si capisce bene dove), nascosti sotto il ghiaccio, bloccati da impedimenti di vario genere (il traffico delle autostrade stellari). Più plausibile pare la teoria secondo cui sarebbero già esistite e non ci abbiano incrociato: del resto l’Universo ha circa 13 miliardi di anni e la nostra civiltà solo poche migliaia, dunque non sorprenderebbe scoprire che in passato si siano sviluppate civiltà sparite ben prima della nostra nascita. Il recente studio dell’Università di Nottingham in Gran Bretagna sostiene che le civiltà aliene nell’Universo siano 36, alcune delle quali avrebbero tentato di entrare in comunicazione radio con noi, ma trovarle è complicato perché solo da un centinaio di anni il genere umano è in grado di inviare e captare segnali di quel tipo, dunque servirebbe una gran fortuna per intercettare quei “messaggi” (nel caso miracolosamente transitino dalle nostre parti). Come individuare un singolo granello di sabbia su una spiaggia lunga chilometri. C'è anche chi sostiene che in realtà siano ben presenti e spesso passino da queste parti (non manca chi assicura di essere entrato direttamente in contatto con loro).

Una minima parte dei danni provocati dalla guerra a\u00A0Borodyanka, a venti chilometri da Bucha in Ucraina (archivio)
Una minima parte dei danni provocati dalla guerra a\u00A0Borodyanka, a venti chilometri da Bucha in Ucraina (archivio)
Una minima parte dei danni provocati dalla guerra a Borodyanka, a venti chilometri da Bucha in Ucraina (archivio)

Estinzione di massa e guerre

E poi c’è l’ultima ipotesi. Forse non ci si è incrociati perché ogni forma di vita intelligente prima o poi si estingue per cause naturali, culturali, tecnologiche. Lo sviluppo della conoscenza può portare all’evoluzione dell’intelligenza artificiale, che un giorno potrebbe diventare predominante e, chissà, nemica della nostra specie. Tuttavia potrebbe bastare molto meno: un’accresciuta forza bellica in grado di realizzare ordigni e armi tanto moderne e distruttive da mettere a rischio la sopravvivenza della stessa civiltà, che sia in lotta con ipotetici quanto improbabili invasori alieni o col suo vicino di casa in uno sfoggio di potenza deleterio.

In questo caso non si tratta di fantascienza: è sufficiente buttare l’occhio a quel che accade a qualche centinaio di chilometri dall’Italia, al centro dell’Europa, dove la guerra della Russia di Putin alla confinante Ucraina sta provocando una strage di civili ed è responsabile di atroci crimini. L’ex ufficiale dei servizi segreti dell’Unione Sovietica ha lasciato intendere di essere pronto a usare le armi nucleari: una corsa a dimostrarsi più duro degli altri che potrebbe segnare davvero la fine della Terra. Magari è proprio per questo – per l’impossibilità di condurci alla ragione – che gli extraterrestri giro alla larga da noi. Siamo una causa persa.

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