Oro, argento e titanio, ma anche tungsteno, litio, nichel, piombo e rame. La lista delle materie rare, diventate ancora più introvabili dopo la pandemia ha sconvolto i mercati internazionali trasformando i vecchi elettrodomestici in autentiche miniere abbandonate. Ecco perché il riciclo dei Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) sta diventando un business allettante, tanto da essere finito sotto la lente di Altroconsumo, l’associazione dei consumatori che ha seguito il percorso di alcune partite di materiale per tutto la filiera di recupero. E le sorprese non sono mancate.

L’indagine

«Abbiamo spiato a distanza il percorso di centinaia di Raee», spiegano gli autori dell’indagine. «Tutti dotati di un trasmettitore gps, una sorta di pulce elettronica che ci ha permesso di seguirne ogni spostamento. Per capire dove andavano a finire, Altroconsumo ha coinvolto 370 cittadini che erano in procinto di cambiare il vecchio apparecchio con uno nuovo. All’interno di ogni elettrodomestico (tra frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici, asciugatrici, congelatori) tecnici specializzati hanno inserito il trasmettitore gps a batteria, in grado di garantire il monitoraggio a distanza del Raee. Una procedura analoga è stata fatta per i dispositivi digitali come tablet, notebook e smartphone) sui quali è stato applicato un trasmettitore di dimensioni più piccole. La trasmissione del segnale è avvenuta tramite la rete di telefonia mobile attraverso una scheda sim».

Canali malavitosi

L’inchiesta è stata fatta in collaborazione con Erion Weee, il principale consorzio italiano di gestione dei rifiuti elettronici e ha portato a risultati per certi versi sorprendenti: «Il 34% non arriva a destinazione, ovvero negli impianti autorizzati e accreditati per il trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici, dove vengono trasformati di nuovo in materie prime».

Perché prendono strade sbagliate? «I Raee sono ricercati e ritenuti appetibili perché contengono elementi preziosi, come oro, argento e rame, che possono essere estratti una volta che diventano rifiuti. La prassi corretta vuole che gli elettrodomestici da buttare arrivino nelle isole ecologiche comunali. Dopo una sosta in queste piazzole, il raee è destinato a un impianto di trattamento per il riciclo. Ed è proprio qui che iniziano i guai. Entrare indisturbati nelle piattaforme comunali non è difficile, almeno a piedi. Noi lo abbiamo fatto indossando una telecamera nascosta che ci ha permesso di documentare la realtà dei fatti. I controlli non sono sempre garantiti, visto che da qui a volte spariscono dei rifiuti elettronici nonostante in genere ci siano telecamere e recinzioni».

Dove vanno questi Raee? «Molti arrivano negli impianti di trattamento (nella nostra indagine il 66%), dove sono recuperati i preziose materiali che contengono, quindi il luogo giusto, ma tanti prendono strade anomale, insomma, illecite. Solo 175 apparecchi sono approdati in un impianto accreditato, il resto ha preso una strada sbagliata in modo più o meno grave».

Terzo mondo

Seguire i carichi di rifiuti diventa un Risiko internazionale: «Diversi apparecchi varcano i confini nazionali, come le tre lavatrici partite da un impianto accreditato della provincia di Venezia e finite in Slovenia. E poi c’è un notebook consegnato in un negozio di elettronica, dove ha sostato poche ore, sparito per tre mesi dal nostro radar e poi ricomparso in Senegal. Un altro portatile, uscito da un’isola ecologica, è finito da un rottamaio di Napoli dove è rimasto per circa due mesi, da lì è approdato al porto per riapparire dopo due settimane ad Alessandria d’Egitto. Infine, un notebook è arrivato in Marocco: dall’isola ecologica è finito in un’abitazione nel nord Italia per poi raggiungere in un secondo momento una discarica a Casablanca. E poi ci sono tanti casi nostrani, dal Raee ritirato in un negozio che arriva a un mercatino dell’usato, gli apparecchi che finiscono dai rottamai, disposti a pagare i rifiuti elettronici più di quanto garantito dagli impianti che rientrano nel circolo virtuoso dei Consorzi di gestione dei Raee. Consorzi che sono lasciati soli ad affrontare l’emergenza».

L’appello

L’associazione ha di certo prodotto prove convincenti che dietro il mercati dei Raee si nascondono affari poco chiari: «Sono troppi i Raee che finiscono in flussi alternativi a quello ufficiale, e se si continua a non intervenire si lascia spazio all’illegalità oltre a tradire la fiducia dei cittadini che si sono impegnati a rispettare le regole di smaltimento previste dai Comuni. Questa inchiesta fa emergere la necessità di incrementare i controlli lungo la filiera e anche alle frontiere con ispezioni sui container in partenza dai porti italiani verso l’Africa. Servono poi sanzioni e regole stringenti da parte delle autorità. Altroconsumo mette a disposizione della Magistratura le informazioni raccolte, perché vengano intraprese le azioni opportune. Nel frattempo abbiamo denunciato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica questi flussi paralleli: bisogna solo decidere di intervenire sui furti di Raee».

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