Boris Johnson sostiene in tutti i modi la resistenza ucraina nonché la sua guerra personale contro la Russia. Che lo faccia per rianimare il consenso crollato dopo lo scandalo dei Covid party durante il lockdown, o col fine ultimo di mettere all’angolo Mosca e Pechino (che hanno rinsaldato l’asse), vero è che oggi Londra è per il Cremlino l’avversaria più intransigente.

Come fratelli

Eppure c’è stato un tempo in cui tra Gran Bretagna e Russia c’erano buone relazioni. Al di là della pur breve intesa tra Churchill e Stalin, che nel 1942 si allearono contro la Germania nazista grazie a una sbronza da vodka e whisky durante una cena a Mosca, la Storia ci racconta che poco più di un secolo fa le corone di Londra e di San Pietroburgo stavano sulla testa di due cugini primi, simili come fratelli gemelli e tra loro molto affiatati. Si chiamavano Giorgio V del Regno Unito e Nicola II, imperatore di tutte le Russie; il primo noto per essere stato il sovrano che ha cancellato il cognome tedesco del casato (Sassonia Coburgo Gotha) sostituendolo con l’attuale Windsor; il secondo per essere stato l’ultimo zar.

I parenti d’Europa

Giorgio e Nicola erano figli di due sorelle, Alexandra e Dagmar di Danimarca, l’una moglie del re Edoardo VII, primogenito della regina Vittoria e di Alberto di Sassonia Coburgo Gotha; l’altra dello zar Alessandro III. L’orso russo era dunque imparentato con le famiglie reali di Danimarca e del Regno Unito, un legame quest’ultimo divenuto ancora più solido quando nel novembre del 1894 Nicola sposò Alix d’Assia, algida e tormentata principessa tedesca figlia di Luigi d’Assia e di Alice di Gran Bretagna, terzogenita della regina Vittoria. Alix, che sarà la zarina Alessandra, aveva portato in dote ai Romanov l’emofilia, malattia genetica che si manifesta con un difetto di coagulazione del sangue e che si trasmette per via femminile. Lei, come la nonna Vittoria, ne era portatrice sana e l’aveva trasmessa all’ultimogenito Alexei, l’attesissimo erede al trono nato nel 1904 dopo quattro femmine. Non era amata dalla zarina madre, né dal popolo, per via del suo carattere introverso e del disprezzo che dimostrava apertamente per l’etichetta di corte. L’influenza che su di lei ha poi avuto il monaco Grigorij Rasputin - oscuro personaggio che più dei medici riusciva a bloccare le emorragie di Alexei (con la preghiera, faceva credere) e finì per diventare il consigliere della coppia imperiale - ha fatto il resto e forse contribuì davvero, assieme al malcontento popolare e all’avanzata dei bolscevichi sfociata nella rivoluzione del 1917, alla caduta dei Romanov e all’uccisione (nel luglio ’18) di Nicola e della sua famiglia.

Il trono da salvare

Ai fucili dei rivoluzionari era sfuggita la zarina madre, rifugiata in Crimea e poi salvata da un incrociatore che batteva bandiera britannica inviato dal nipote, re Giorgio V. Il monarca aveva dato un salvacondotto alla zia, perché non ha aiutato anche Nicola e Alessandra (entrambi suoi cugini) e i loro figli? Ragione di Stato, si potrebbe dire. Quando i rivoluzionari avevano deposto lo zar, nell’ottobre del ’17, il governo britannico era pronto a organizzare una spedizione segreta per portare in Inghilterra la famiglia imperiale russa. Erano i suoi parenti, è vero, e l’affetto che nutriva per Nicola era immutato, ma pare sia stato proprio re Giorgio a opporsi e a far saltare il piano di salvataggio. Alcuni storici danno altre interpretazioni al mancato soccorso, ma resta il fatto che da Londra non arrivò alcun aiuto ai parenti russi.

Sensi di colpa

Perché la ragione di Stato ha prevalso sulle ragioni del cuore? Quelli erano tempi molto duri, la guerra e la fame acuivano il malcontento, e il popolo chiedeva maggiori diritti. Giorgio V ebbe semplicemente timore di perdere il trono: ospitare il cugino, che era stato pur sempre un monarca autocratico, avrebbe potuto scatenare la rabbia popolare. C’era poi un’altra ragione che riguardava la zarina Alessandra: era una tedesca, e molto difficilmente gli inglesi - che in quel momento combattevano contro la Germania - l’avrebbero accolta a Londra. I sentimenti antitedeschi avevano tra l’altro spinto re Giorgio a cancellare il nome ereditato dal nonno - e marito della regina Vittoria, Alberto di Sassonia Coburgo Gotha - per inaugurare il casato dei Windsor. Lo zar e la sua famiglia vennero dunque assassinati a Ekaterinburg. La notizia fece tremare le monarchie d’Europa, ma re Giorgio provò anche un grande dolore. Secondo la storica britannica Helen Rappaport finì soffocato dai sensi di colpa: ordinò che per un mese intero la corte vestisse a lutto e commemorò la morte di Nicola II nella chiesa ortodossa di Londra. Per tutta la vita ha tenuto molto care le fotografie scattate negli anni della giovinezza, quando lui e il cugino partecipavano alle cerimonie di famiglia e trascorrevano insieme le vacanze. Ritratti in cui posano l’uno accanto all’altro, in tenuta da yachting o in alta uniforme. Cugini gemelli, uguali come due gocce d’acqua.

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