Tutti, o quasi, quando si pronuncia il nome di Quintino Sella, pensano al pareggio di bilancio visto che il ministro del Regno d’Italia, a metà degli anni Settanta dell’Ottocento, fu il fautore di una rigorosa politica fiscale che portò il Governo Minghetti all’equilibrio tra entrate e uscite dello Stato. L’Italia era nata da poco e proprio in quegli anni si iniziava a costruire uno stato unitario che avesse anche saldi principi economici e portasse avanti la creazione di infrastrutture che poi rimasero nel tempo. Fu proprio Quintino Sella ad annunciare in Parlamento il piano delle opere pubbliche di Roma in quegli anni.

Questa è la parte più conosciuta della biografia di Quintino Sella ma non tutti sanno che il ministro delle Finanze più famoso del Regno d’Italia e per molti anni capo della Destra storica, fu anche un grande alpinista e un ingegnere minerario, oltre che grande studioso dell’ambiente. Ed è proprio di questi aspetti che si occupa un libro pubblicato dal Cai, il Club alpino italiano fondato proprio da Quintino Sella nel 1863, dopo alcune epiche ascese sulle Alpi, tra cui quella del Monviso.

Quintino Sella, immagine tratta dal libro Quintino Sella, lo statista con gli scarponi, a cura di Pietro Crivellaro, edito dal Cai
Quintino Sella, immagine tratta dal libro Quintino Sella, lo statista con gli scarponi, a cura di Pietro Crivellaro, edito dal Cai
Quintino Sella, immagine tratta dal libro Quintino Sella, lo statista con gli scarponi, a cura di Pietro Crivellaro, edito dal Cai

Il libro

Pietro Crivellaro, 71 anni, giornalista, storico dell’alpinismo e membro del Cai, ha dedicato allo statista nativo di un paesino del Biellese e appassionato di montagne, una corposa biografia, ricca di documenti, aneddoti e fotografie (“Quintino Sella, lo statista con gli Scarponi. L’invenzione del Cai”, 331 pagine, edito dal Cai). Oltre a ripercorrere la vita dello statista e a raccontarne la sua attività come alpinista e fondatore del Cai, Crivellaro ne ricorda anche l’attività mineraria e gli studi portati avanti in questo settore da Quintino Sella (nato nel 1827 e morto a Biella nel 1884, stroncato dalla malaria). Ed è proprio in qualità di esperto minerario che Sella, già parlamentare del Regno d’Italia e ministro delle Finanze dei governi di Urbano Rattazzi (1862) e Alfonso La Marmora (1864), giunge in Sardegna nel 1869 in due riprese. Prima dal 18 al 27 febbraio e poi da 4 al 27 maggio. La sua veste è quella di componente della commissione d’inchiesta sulle condizioni dell’industria mineraria dell’Isola. Dopo i primi dieci giorni trascorsi in Sardegna a febbraio, Quintino Sella dovette interrompere il viaggio in fretta e furia perché richiamato a Torino, a causa di un lutto: la scomparsa dello zio e suocero (aveva sposato una cugina) Giacomo Antonio Rey.

Il viaggio in Sardegna

Dopo qualche mese l’ex ministro delle Finanze tornò nell’Isola e l’autore del libro dedica ampio spazio a quel viaggio in Sardegna grazie anche al racconto di Eugenio Marchese, ingegnere minerario trentaduenne che accompagnò Sella nel suo tortuoso percorso a cavallo, in calesse e a piedi, da Sud a Nord e viceversa, visitando le grandi industrie minerarie di quei tempi e anche quelle che già allora andavano verso la dismissione, come ad esempio le miniere di Corru ‘e Boi sul Gennargentu. Il racconto di Marchese, pubblicato per la prima volta nel 1893 a Torino, e ripreso lungamente da Crivellaro nel libro, descrive una Sardegna avventurosa in cui i tratti sono ancora quelli di un’Isola fortemente arretrata ma con grandi potenzialità naturalistiche e ambientali che il Sella e i compagni di viaggio scorgono nel loro percorso. Ne apprezzano anche la genuinità delle persone, del cibo e del vino che viene offerto loro lungo strada dai notabili e dai funzionari sabaudi che li ospitano. In diciotto giorni il viaggio attraversa Iglesias e le miniere del Sulcis (ancora oggi a Iglesias c’è un monumento dedicato a Quintino Sella), per poi andare verso Nord, da Macomer fino alla Nurra, poi sul Limbara, a Nuoro a Lanusei e nel Sarrabus. Durante questo lungo percorso, il ministro sabaudo incontra vecchi amici e compagni d’armi, come il Conte Boyl di Putifigari nel suo palazzo di Milis, in mezzo a rigogliosi aranceti, ma soprattutto rimane colpito dalla varietà geologica della Sardegna e dalle ricchezze archeologiche ancora poco sfruttate e conosciute. Le zone vulcaniche del Montiferru, i graniti del Limbara e gli scoscesi sentieri del Gennargentu, dove solo i piccoli e agili cavalli sardi riescono a passare, impressionano il Sella e il Marchese che descrive questo viaggio un po’ come coloro che li avevano preceduti, da Lawrence a La Marmora.

Il monumento dedicato a Quintino Sella a Iglesias (Archivio L'Unione Sarda)
Il monumento dedicato a Quintino Sella a Iglesias (Archivio L'Unione Sarda)
Il monumento dedicato a Quintino Sella a Iglesias (Archivio L'Unione Sarda)

In Parlamento

Nella sua relazione sulle condizioni dell’industria mineraria in Sardegna, presentata alla Camera dei deputati nel 1871 da ministro delle Finanze in carica, riconobbe le potenzialità del settore nell’Isola e tradusse tutto questo in un atlante e una carta mineraria della regione. Non solo. Nel settembre di quell’anno fece emanare il regio decreto che fondava l’Istituto minerario di Iglesias per la formazione dei capi minatori e capi fonditori. Una visione moderna che gli valse appunto il monumento eretto poi nel 1885 a Iglesias.

«Penso che oggi la riscoperta di questa storia straordinaria del fondatore del Cai potrebbe fornire utili suggerimenti agli amici sardi. Anzitutto a quelli che frequentano le sezioni Cai dell’Isola. Sono loro i migliori conoscitori delle peculiarità della loro terra che potrebbero tracciare un trekking, o alcuni itinerari di escursioni a piedi, e magari anche a cavallo, ispirati dalla storica missione compiuta da Quintino Sella attraverso la Sardegna più autentica e selvaggia», scrive Pietro Crivellaro nel suo libro. In realtà alcuni tratti del Sentiero Italia, sul Gennargentu, ripercorrono quell’antico percorso fatto oltre 150 anni fa da Quintino Sella che ebbe il merito di individuare le potenzialità dell’alpinismo e riconoscere che, pur con altitudini contenute, la Sardegna è una terra di montagne e oggi l’esplosione del turismo montano e del trekking sembrano avergli dato ragione.

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