Si parla solo di morti per Covid. Eppure i dati raccontano come in Italia la mortalità sia in costante aumento da anni. Quando del virus ancora non c’era traccia, tra il 2008 e il 2015, è stato rilevato un inquietante aumento dei decessi per polmoniti causati dall’età media della popolazione molto elevata e dall’inquinamento. L’allarme è stato ignorato ma il trend è destinato a proseguire, in funerea crescita, fino al 2060. Al netto dei terribili numeri della pandemia. Nel 2015 due ricercatori italiani pubblicarono sullo Scandinavian Journal of Public Health un articolo dal titolo esplicativo: Dramatic excess mortality in Italy in 2015: + 9,1%. Come spiegare 54 mila morti in più rispetto alle previsioni, un tasso di mortalità, grezza, pari al 10,7, il più alto dal dopoguerra?

Si potrebbe cominciare da una piramide rovesciata. Quella della demografia. Nel 1950 la parte più cospicua era concentrata nelle fasce più giovani. Nel 2020 le classi più consistenti si trovano tra i 45 e i 54 anni. Le previsioni per il 2100 parlano di una composizione per fasce molto simili tra loro, da 0-4 fino a 85 anni, tutte fino al massimo del 3 per cento totale. I giovani sono e saranno sempre meno. Dal 2010 al 2018 gli ultrasessantacinquenni sono aumentati del 2,4 per cento. Ci sono tre elementi fondamentali da prendere in considerazione: l’invecchiamento inesorabile della popolazione, la mortalità generale in aumento, le malattie respiratorie proporzionali all’aumento del numero degli anziani. Una delle cause di questo fenomeno è il ridimensionamento del sistema sanitario. Ancora prima del 2020 i dati dell’Anao indicavano come nel 2020 ci sarebbe stati la disponibilità di posti letti internistici pari a quella del 2018. Lo studio Anao Assomed dice: “La mancanza di posti letto per acuti, nelle branchie internistiche, è stato uno dei motivi che negli ultimi anni ha portato i pronto soccorso in grave sofferenza, prima del 2020”. Il boarding (il tempo di attesa per il ricovero) è una delle cause più importanti di sovraffollamento delle strutture di emergenza.

Quali conseguenze possa avere la diminuzione dei posti letto è chiara. La situazione è rovesciata rispetto a qualche decennio fa. Nel 1960 in Italia c’erano 10 566 mila abitanti in meno e 255 mila posti letto in più. E poi l’ambiente ospedaliero è un’altra delle variabili di cui non andare fieri. Un rapporto di Osservasalute nel 2018 raccontava come nel 2018 in Italia vi erano il 30 per cento dei casi di sepsi di tutta l’Unione Europea. Il direttore di allora dichiarava. “In queste condizioni qualsiasi emergenza si può trasformare in una catastrofe”. In questa situazione, di incombente disastro, si innesta la pandemia. E succede l’inevitabile. Il Corriere della Sera il 20 gennaio 2021 riporta che la mortalità è aumentata di 85 mila unità rispetto alle media dei cinque anni precedenti. Tuttavia c’è un problema. Solo, si fa per dire, 50 mila morti sono da attribuire al Covid 19. Comunque la confusione in quel periodo regna sovrana, al punto che fonti Istat, il 5 marzo, parlano di 100 mila morti in più. La media della mortalità nel quinquennio, sempre secondo Istat, rivela 10 morti in più. A livello statistico 10 mila morti di margine non possono essere un errore materiale. Il problema è stato da più parti identificato come la somma di tre motivi. La difficoltà a identificare i morti Covid, la sovrastima dei morti Covid, la sottostima di una mortalità in netto aumento già prima che la terribile epidemia falcidiasse i nostri anziani in primis. Nel banco degli imputati è finito anche il test per la diagnosi del Covid-19, il Corman-Drosten. Secondo autorevoli esperti non adeguato. I punti di vista diventano estremi e discutibili a latitudini diverse. Le autorità sanitarie svedesi, che hanno dato affrontato la pandemia in modo diametralmente diverso da noi salvo poi ricredersi, hanno definito il test non adeguato. Tuttavia, al netto dei dubbi, pare chiaro anche nel bel paese che si sono un determinato numero di morti, divenuto morti Covid, di cui mi si avrà certezza. L’ampiezza del fenomeno su base statistica dovrà essere riformulata. E impone riflessioni sul sistema sanitario, crollato come un castello di carte.

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