Tante trame colorate, piene di fantasia, dove i richiami alla tradizione diventano la base di una sperimentazione perenne e creativa. Un’esplosione giocosa in cui perfino anonimi oggetti in plastica come le bottiglie oppure i nastri delle vecchie videocassette diventano fili con la stessa dignità di lana, seta e cotone. La nuorese Nietta Condemi De Felice è interprete della Fiber art, movimento che lei stessa ha fondato in Sardegna. Il telaio è il cuore del suo laboratorio, nel centro di Nuoro. Da qui le sue opere prendono il largo. Un trittico in pvc, cotone, lane policrome – rivisitazione in chiave moderna dei tappeti sardi con arazzi che si accorciano e si allargano - è pronto ad approdare al Bastione di San Giacomo a Brindisi dove a luglio si svolgerà la Biennale d’arte contemporanea coordinata da Davide Cocozza. Altre opere saranno ospitate poi nella casa degli artisti di Sant’Anna del Furlo nelle Marche e naturalmente a Samugheo, alla mostra Fiber art che da fondatrice non può mancare. In prospettiva ha un appuntamento prestigioso alla rassegna Feltrosa di Firenze del 2022. E’ stata selezionata con altri 61 artisti: insieme dovranno riprodurre “Il cielo stellato”, capolavoro di Van Gogh. Ognuno realizzerà un tassello, rispettando le tecniche tessibili abituali. Progetto importante, coordinato da Eva Basile del museo del tessuto di Prato. Sarà una nuova tappa di un intenso percorso artistico che l’ha già portata lontano.

«Non riesco a vivere senza il telaio», ammette. Una passione sconfinata iniziata quando era giovanissima. «L’arte tessile l’ho appresa per sbaglio, nell’istituto d’arte di Nuoro. Quando mi sono iscritta avrei voluto fare oreficeria, ma era satura. L’allora preside Fiorenzo Serra mi ha mandato a seguire l’arte del tessuto con la promessa di uno scambio poi con un altro allievo. Invece, mi si è aperto un mondo meraviglioso, da esplorare con passione e curiosità. Una sorpresa che non mi ha mai abbondato. Al preside ho detto che non avrei lasciato quel corso». Ed eccola 49 anni dopo, unica artista sarda a far parte sin dalla fondazione della Fiber art, movimento che in Italia nasce negli anni Sessanta anche se ha origini già negli anni Venti del Novecento quando al Bauhaus si sperimenta l’uso di fili, fibre, tessuti.

Un'opera realizzata da Nietta Condemi in una foto dell'artista
Un'opera realizzata da Nietta Condemi in una foto dell'artista
Un'opera realizzata da Nietta Condemi in una foto dell'artista

Nella sua ricerca artistica Nietta Condemi guarda alle tradizioni tessili sarde rielaborate in modo innovativo. A sostenere questo percorso anche tanti corsi specialistici: a Torino frequenta le lezioni di Martha Nieuwenhujs, a Milano di Paola Besana e Marie Louise Roshlom. Nel frattempo, insegna all’istituto d’arte di Nuoro, dal 1972 al 2009, e prova nuove sperimentazioni. Privilegia gli arazzi disegnati con filati di seta, lana, cotone, nylon, pvc, rame, carta, acciaio, bacchette di legno. Frammenti di varia natura che si incontrano in combinazioni inedite e indipendenti rispetto agli schemi abituali disegnati col telaio.

L'installazione "Sos puzzoneddos de Su Cossolu" (foto Orunesu)
L'installazione "Sos puzzoneddos de Su Cossolu" (foto Orunesu)
L'installazione "Sos puzzoneddos de Su Cossolu" (foto Orunesu)

«Quando l’oggetto mi trasmette qualcosa penso subito a come posso utilizzarlo nel telaio», dice lei mostrando un pannello dove sottili fili di plastica, ricavati da piccoli contenitori destinati a finire nei rifiuti, fanno bella mostra accanto ai tappi diventati bottoni colorati in un tessuto ispirato alle antiche “tascheddas” dei pastori. Ogni cosa rivive in pannelli decorativi, come in “Trame di libertà” dove spiccano orditi trasparenti di nylon e legni colorati a mano. Oppure in “Cerchi nell’acqua” o “Sculture da viaggio”, ispirate ai panni utilizzati un tempo per far lievitare il pane carasau. Nella sua intensa attività di ricerca, in cui c’è spazio per la collaborazione con Nule, paese simbolo del tappeto tradizionale, un posto speciale ha un’installazione approdata nella rassegna d’arte tessile di Como. Cinquantasei pani votivi, ovvero “sos puzzoneddos de Su Cossolu”, preparati a Orune in occasione della festa della Madonna della Consolata. Pani distribuiti a tutti per nutrire il corpo e lo spirito. Per Nietta Condemi sono fonte d’ispirazione formidabile, non solo per rendere omaggio al paese d’origine, Orune. Nelle sue opere gli uccellini volano tra fili e cieli dalle mille sfumature.

Un'opera di Nietta Condemi (foto Donato Tore)
Un'opera di Nietta Condemi (foto Donato Tore)
Un'opera di Nietta Condemi (foto Donato Tore)

Più di recente a Nuoro propone “Fili di stelle”, frutto di una varietà di materiali: dalla ruvidezza della lana sarda alla carta ritorta, grovigli morbidi come cascate di colori in movimento, tavolozze esuberanti che comunicano libertà ed espressività. Spiega Francesca Pirodda, storica dell’arte: «Nietta lavora tessendo con interpretazioni personali in contrasto con la tradizione, dunque eretica, e forse anche utopistica nell’inventare nuove modalità e nuovi oggetti nella tessitura che diventano opere d’arte da esporre e da ammirare per l’esclusivo piacere della vista e del tatto».

Renata Pompas, storica del tessuto e del colore e autrice del libro “Fiber art italiana un intreccio virtuoso”, sottolinea: «La sua attività artistica esplora le potenzialità del telaio, la trasformazione degli intrecci e la manipolazione tattile e volumetrica dei materiali. Nietta è affascinata dalla possibilità di movimentare la superficie, aprirla, sfibrarla, compattarla e renderla aggettante e tridimensionale, passando dalla creazione di tessuti a quella di tappeti, agli arazzi e alle opere tessili scultoree». L’artista nuorese ammette: «Amo i colori. Io lavoro soprattutto per me stessa perché non riesco a vivere senza il telaio».

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