Per Angelo Cadelano, 52 enne di Quartucciu, le api sono pizzinnes, bambine. «Bambine da accudire, ancor di più di questi tempi».

Angelo Cadelano (a sinistra) al lavoro (foto concessa da Angelo Cadelano)
Angelo Cadelano (a sinistra) al lavoro (foto concessa da Angelo Cadelano)
Angelo Cadelano (a sinistra) al lavoro (foto concessa da Angelo Cadelano)

Perché?

«Tra acari, pesticidi di cui nelle campagne si è fatto abuso e cambiamenti climatici notevoli anche alle nostre latitudini, il momento è difficile. Soprattutto nel Sud Sardegna, ci si aspetta un ulteriore calo della produzione per quest’anno. Produzione che per la mia piccola azienda non andrà oltre dieci quintali di miele. Sta credendo per me, nell’arco degli anni, ma a fronte di un grande sacrificio, di un grande dispendio di energie e di investimenti. Oggi stanno resistendo e andando avanti solo chi ci si dedica in un certo modo. Nel resto dell’Isola la produzione di miele era il doppio sino a qualche anno fa».

Api nell'arnia (foto concessa da Angelo Cadelano)
Api nell'arnia (foto concessa da Angelo Cadelano)
Api nell'arnia (foto concessa da Angelo Cadelano)

Le api muoiono per colpa del disastro ecologico?

«Io vengo dalla scuola del Laore, l’agenzia regionale che sta al fianco giorno per giorno, mese per mese, stagione per stagione di chi vive nei campi. Le api non si estingueranno mai, semmai spariremo noi apicultori. Colpa dei costi lievitati per carburante e vetro sommati alla riduzione di produzione. Benzina e gasolio, sappiamo tutti quanto è rincarato. L’ultima fornitura di barattoli di vetro? Costi raddoppiati rispetto a cinque anni fa.  Ormai è più una missione che un’attività, bisogna rendersene conto».

La stagione 2023?

«La siccità invernale ha provocato un calo della fioritura, soprattutto nel Sud Sardegna perché al Nord la situazione è meno grave.  Ormai anche una piccola azienda come la mia è costretta al nomadismo: devo spostare le mie settanta arnie tra Sant’Isidoro a Quartucciu, San Sperate e Nuraminis. E stiamo anche diversificando l’attività anche in un altro modo: stiamo definendo gli ultimi dettagli per realizzare una postazione di didattica nel parco di Molentargius in territorio di Quartu, per fare vedere agli studenti la meraviglia del mondo delle api e per promuovere corsi di apicultura. Il futuro è questo, dobbiamo stare con i tempi».

I pesticidi.

«Hanno avuto un impatto devastante per le api».

Il clima.

«Flora e fauna pagano le conseguenze di siccità o bombe d’acqua, ormai frequenti anche in Sardegna. E poi l’innalzamento della temperatura crea una situazione anomala nelle campagne, è innegabile».

Gli acari.

«La varroe infesta gli alveari, distruggendoli. Ed è una novità relativamente recente da noi. Gli apicultori hanno preceduto il legislatore, organizzando trattamenti ad hoc prima delle disposizioni regionali».

In Sardegna?

«Ci si salvava grazie al miele di eucalipto, che rappresentava l’80 per cento del prodotto. Ma l’importazione di legname da Nord America e Africa nella nostra Isola ha portato una serie i nuovi  insetti che hanno aggredito questi alberi. La fioritura ne ha risentito molto, da qui il calo evidente su scala regionale: produciamo la metà del miele rispetto a una decina di anni fa».

E la qualità?

«Il discorso è importante. L’Italia è l’unico Paese al mondo che ha un albo nazionale di assaggiatori di miele. A Bologna c’è un centro di ricerca ad hoc, che porta avanti studi approfonditi, sono depositate schede scientifiche per diciotto tipi di mieli di diverse fioriture. E in Sardegna ne abbiamo uniche».

La produzione di miele  (foto concessa da Angelo Cadelano)
La produzione di miele  (foto concessa da Angelo Cadelano)
La produzione di miele (foto concessa da Angelo Cadelano)

Per esempio?

«Il famoso miele amaro di corbezzolo: lo produciamo solo noi, un po’ in Toscana e in Irlanda. Ma quello sardo è conosciuto fin dai tempi antichi: il miele amaro è riconosciuto anche come un formidabile antibiotico naturale. Sempre riguardo i mieli tipici della Sardegna , noi siamo gli unici produttori di quello di asfodelo, che addirittura non è ancora  riconosciuto a livello nazionale e internazionale  vista l’esiguità e la tipicità della produzione sarda. Un grande patrimonio per noi del settore in una Paese all’avanguardia nel mondo, possiamo dirlo».

Un settore in crescita?

«Potrebbe andare meglio».

I costi?

«Un’ape regina tra i 16 e i 18 euro,  una famiglia intera circa 120. Poi ci sono i costi di carburante e dei vasetti. E dei trattamenti. Il miele viene venduto a cura 15 euro al chilo».

Le sue api le tratta come se fossero bambine, da qui il nome della sua attività.

«Hanno bisogno di essere accudite, devono essere protette, devono ostare bene. Se non ragioniamo in questi termini, non ci sarà futuro per l’apicultura. Non solo in Sardegna,  ma in tutto il mondo».

Angelo Cadelano, a sinistra  (foto concessa da Angelo Cadelano)
Angelo Cadelano, a sinistra  (foto concessa da Angelo Cadelano)
Angelo Cadelano, a sinistra (foto concessa da Angelo Cadelano)
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