L’invecchiamento costante della popolazione rischia di portarsi dietro un aumento verticale delle demenze senili e in particolare dell’Alzheimer: secondo le previsioni degli esperti entro il 2050 potrebbero esserci in Italia ben 2 milioni e 300mila persone colpite dalla malattia che provoca la perdita progressiva delle funzioni mentali. Si parla del 30 per cento in più di diffusione della più comune e spietata delle demenze: la Sardegna che già adesso ha una delle popolazioni più anziane di Italia tra poco più di 25 anni potrebbe fare i conti (nel caso dei scenari più pessimistici) con 50mila over 65 colpiti dall’Alzheimer. Numeri che spaventano, diffusi dai massimi esperti all’apertura della dodicesima edizione del Mese mondiale - settembre - dedicato al morbo individuato per la prima volta nel 1906 dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer.

Prospettive e rischi

Le proiezioni sulla diffusione della malattia nei prossimi decenni potrebbero rallentare se si intervenisse con efficacia sui principali fattori di rischio, sottolinea la Federazione Alzheimer Italia: «Ci sono i margini per abbassare anche del 40 per cento la diffusione della malattia nei prossimi anni». Ma servono piani di intervento efficaci per abbassare tutti gli elementi che rappresenterebbero le concause della più conosciuta delle demenze degenerative. Secondo un’analisi della “Lancet Commission on dementia prevention, intervention, and care” sono 12 i principali fattori di rischio che favoriscono lo sviluppo della malattia: l'inattività fisica, il fumo, il consumo di alcol, le lesioni alla testa, i contatti sociali poco frequenti, l'obesità, l'ipertensione, il diabete, la depressione, i disturbi dell'udito, gli scarsi livelli di istruzione e l'inquinamento. 

Scenari da cambiare

«Si può cambiare lo scenario epidemiologico della malattia intervenendo su questi fattori», spiega Paola Barbarino, ceo di Alzheimer's Disease International. «In questo modo si può ridurre fino al 40 per cento i casi su scala globale, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito. Investire nella riduzione del rischio è un punto chiave, in assenza di un trattamento o di una cura, per prevenire il maggior numero possibile di casi di demenza». 

Obesità sotto osservazione

Un’elevata massa muscolare magra potrebbe proteggere dal morbo di Alzheimer. E’ il risultato dello studio elaborato da Iyas Daghlas della University of California di San Francisco e pubblicato sulla rivista Bmj Medicine. L'obesità è stata associata a un rischio maggiore di Alzheimer, forse a causa dell'aumento dell'infiammazione, della resistenza all'insulina e dei livelli più elevati nel tessuto adiposo della proteina dannosa per la salute del cervello, la proteina beta amiloide.

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