Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valdirata, ha più volte sottolineato la sua intenzione di ridare serietà alla scuola e autorevolezza ai docenti, affermando anche che l’apprendimento e l’impegno devono essere al centro della nuova scuola. In quest’ottica di serietà rientra la circolare del 19 dicembre sul divieto dell’uso dei telefoni cellulari a scuola, in cui non si parla di provvedimenti disciplinari verso gli inadempienti ma si richiama al senso di responsabilità dei singoli e si lascia, come già accade, alle singole scuole di esplicitare le sanzioni all’interno dei regolamenti che ogni istituto adotta.

Naturalmente i telefonini, dice la circolare, sono ammessi «con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative».

Gli smartphone a scuola erano banditi già da una circolare del 2007 a firma del ministro Giuseppe Fioroni, il quale aveva scritto che «l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente». Qual è, quindi, la novità presente nella nuova circolare del ministro Valditara?

La novità sta nel fatto che nei quindici anni che separano la circolare di Fioroni da quella di Valditara sono stati attentamente studiati gli effetti dell’uso smodato del telefono per il cervello umano: il ministro, infatti, allega alla circolare una relazione del 14 giugno 2021 a firma del senatore Andrea Cangini, il quale riporta in sintesi le conclusioni a cui è arrivata la maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, dei pedagogisti, dei grafologi, degli esponenti delle Forze dell’ordine consultata, ovvero che la dipendenza da smartphone ha le «stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche» della cocaina.

Ma quali sono i problemi più comuni riscontrati?

«Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica», così riporta la relazione.

Cangini si spinge fino a definire i giovani «schiavi resi drogati e decerebrati» dall’uso continuo del telefonino: drogati perché il mondo dei social e dei videogiochi favoriscono il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere. Decerebrati, poiché il cervello è un organo plastico che se non stimolato, come succede scrivendo su tastiera, si atrofizza.

Addirittura nella relazione si sottolinea che non esiste alcuna evidenza scientifica sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento: anzi, «più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri».

Insomma un quadro drammatico che, secondo Cangini, può solo peggiorare. Per questo le conclusioni sono che è necessario regolamentare l’uso dello smartphone scoraggiandone l’utilizzo per i minori di quattordici anni; bisogna poi vietare l’accesso degli smartphone nelle classi, dove invece è necessario incoraggiare la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria. Naturalmente è anche importante educare i giovani ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web.

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