Nel processo penale le parti sono in una posizione di parità. E quando si dice parti si pensa inevitabilmente ad accusa difesa. Così ci si dimentica che c’è un’altra parte nel processo: la vittima. Che peraltro trova spazio soltanto se si costituisce parte civile.

Per cercare di ovviare a questo arriva una proposta di modifica dell’articolo 111 della Costituzione, quello che garantisce il giusto processo.

Nella nota che accompagna l’iniziativa della deputata Zanella si legge: soltanto quando le notizie e i fatti della cronaca mostrano brutalmente la necessità di considerare in maniera più equa e adeguata le esigenze e i diritti delle persone offese da un reato ci si rende conto delle carenze normative esistenti a livello processuale.

La Costituzione in realtà prevede tutele a favore dei più deboli, sancite in via generale fin dai principi di solidarietà, equità ed eguaglianza sanciti nella prima parte della Carta. Sarebbe però necessario introdurre una previsione specifica nell’articolo 111. Questo, ricorda la proponente, il 23 novembre 1999 era stato modificato mediante l’inserimento di norme volte a garantire un processo definito e ritenuto giusto per dettato costituzionale. La nuova norma riservava rango costituzionale al principio del contraddittorio tra le parti, che però non venivano specificate, concentrando l’attenzione e la preoccupazione sulla figura della persona accusata di un reato.

Mentre le norme sul pubblico ministero e l’esercizio dell’azione penale si trovano sia nella prima che nella seconda sezione del titolo quarto della Costituzione, mancano norme specifiche a tutela delle vittime. Ecco perché, secondo la proposta di modifica, per avere un giusto processo è inevitabile la previsione dell’inserimento nella Costituzione anche della tutela della rimanente parte, quella spesso più debole e meno protetta, sotto molti punti di vista: la vittima.

Si tratta di una lacuna che si riverbera nel processo dove la vittima trova spazio solo se si costituisce parte civile. E comunque nel processo, si legge nella nota che accompagna la proposta di riforma, alla vittima non è garantita una piena tutela anche perché finisce inevitabilmente per appesantire l’iter processuale, essendo percepita come un ostacolo alla rapida definizione del processo.

Eppure la parte danneggiata, la parte offesa e la parte civile ricoprono un ruolo e rappresentano un interesse che molte volte non è erroneo definire di natura pubblica o collettiva. Il riferimento esplicito è alle vittime del terrorismo, delle stragi, degli infortuni sul lavoro, della criminalità, di reati a sfondo sessuale, aggiotaggio, reati societari e disastro ambientale.

Il problema è stato sollevato più volte in passato con diverse proposte di modifica della Costituzione, e che si tratti di materiale importante lo si vede anche dalla trattazione che ne fa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal contenuto dei provvedimenti frutto dell’attività giurisprudenziale della Corte di giustizia di Strasburgo che ha riconosciuto specifici doveri di penalizzazione da parte dei singoli stati che hanno trovato una collocazione formale nella decisione quadro del 15 marzo 2001. Peraltro proprio lì si precisa cosa debba intendersi per vittima del reato e le si garantisce la possibilità di essere sentita durante il procedimento.

Per superare vuoti e ritardi e riconoscere il livello istituzionale più elevato possibile alla tutela delle vittime e dei più deboli si propone di riconoscere nel testo dell’articolo 111 cittadinanza processuale alla vittima attraverso la previsione che ad essa vanno applicate tutte le norme dettate a garanzia della persona accusata. Si ritiene che sarà sufficiente questo richiamo costituzionalizzato per convincere il legislatore ordinario a dare attuazione al quadro normativo dettato a garanzia dei diritti delle vittime in sede di Consiglio d’Europa, superando ritardi e dimenticanze e così dando avvio a un processo penale più giusto per tutte le parti. Quindi anche per le vittime.

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