Con lo sterminio dei Proci, sostanzialmente, finiscono le avventure dell'Ulisse di Omero. C'è un momento di tensione con il popolo di Itaca per via di quella strage, ma la grande protettrice dell'eroe, Atena, calma gli animi e il poema si chiude con un sostanziale "vissero tutti felici e contenti" (meno i Proci, ovviamente). Un finale che non bastava a Dante: nella Divina Commedia Ulisse, ubbidendo al suo destino di curioso giramondo, è un uomo che "per seguir virtute e canoscenza" ha ripreso il mare e varcato le Colonne d'Ercole, giungendo ai piedi del monte del Purgatorio. Qualcun altro, in pieno Novecento, ha sentito il bisogno di inventare un dopo-Itaca per l'eroe dal multiforme ingegno e dall'inestinguibile sete di sapere: Nikos Kazantzakis, che della Divina Commedia era stato (così come di tante altre opere somme della letteratura mondiale) traduttore. E l'ha fatto in versi: 33.333 versi di diciassette sillabe ciascuno. Ventiquattro canti preceduti da un proemio e seguiti da un epilogo. Un poema lungo quanto i due di Omero messi insieme. Lingua neogreca, arricchita da circa 7.500 parole che non si trovavano nei dizionari ma furono raccolte sul campo, parlando con pastori, agricoltori e marinai dell'Egeo, frugando nei dialetti e nei gerghi, nella memoria degli anziani. Parole che, se non fossero state messe in salvo in questi versi, sarebbero scomparse. Titolo del poema, ambiziosamente: Odissea. Per finirlo furono necessari 13 anni di lavoro monacale (letteralmente: nel 1925 lo scrittore si rintanò in una casetta vicino al mare della sua Creta) e ben sette stesure.

UN EROE COMPLESSO Un lavoro immenso, anche solo per mole. E straordinario per quello che succede a Ulisse: l'eroe è quello di Omero, ma arricchito dalle esperienze di altri tre millenni di civiltà. Un po' un eroe romantico e un po' un capo rivoluzionario, ha dentro di sé Nietzsche e Bergson, ma anche San Francesco: è un superuomo e un asceta. Per dare conto di tanta complessità Kazantzakis attribuisce al suo protagonista oltre cento epiteti (Omero si era accontentato di una ventina): Maestro d'inganni, Canzonadèi, Deicida, Distruggicuori, Seduttore, Insonne, Audace, Volitivo, Milleaffanni, Setteanime. A Itaca non può restare: riparte insieme a dei compagni di navigazione (loda l'aspro olezzo che si sprigiona dalle loro ascelle mentre remano al sole); dopo una meravigliosa scena di seduzione reciproca rapisce nuovamente Elena al suo sposo Menelao, stanco e slombato; naviga fino all'Egitto, risale il Nilo per fondare una città ideale ispirata a Platone, raggiunge il Sudafrica, parte per l'Antartide e i suoi ghiacci. E durante questo viaggio pazzesco incontra, fra gli altri, Cristo, Buddha e Don Chisciotte.

UN INNO ALLA VITA Il poema è "un inno alla vita e un'esortazione al perseguimento e alla conquista della libertà assoluta, individuale e collettiva", scrive nell'introduzione all'edizione italiana Nicola Crocetti, che ha avuto il coraggio di cimentarsi nella traduzione di questa Odissea e di pubblicarla con la sua casa editrice, la Crocetti editore, quella della benemerita rivista "Poesia", di recente passata sotto le ali della Feltrinelli.

L'AUTORE Ma prima di tutto: chi era Kazantzakis? Nato nel 1883 a Creta (a lui è intitolato il principale aeroporto dell'isola), morto nel 1957 in Germania dopo una vita di viaggi e ricca di esperienze, culturali e politiche (è stato, fra l'altro, un grande giornalista). A differenza di quanto accade altrove (per esempio negli Stati Uniti: su Youtube c'è un breve filmato in cui l'attore Jeff Bridges, che interpretò il "Drugo" Lebowski nel film dei fratelli Cohen, proclama la sua entusiastica ammirazione per il grande scrittore cretese) al lettore italiano, molto probabilmente, il suo nome dice poco. Suonano invece familiari i titoli di due suoi romanzi diventati celebri film: "Zorba il greco" (1964, con Anthony Quinn) e "L'ultima tentazione" (1988, di Martin Scorsese, col titolo "L'ultima tentazione di Cristo"). Ma è la punta dell'iceberg: l'opera di questo grandissimo scrittore meno conosciuto di quanto meriterebbe comprende dieci romanzi, cinquanta opere teatrali, quattro biografie, diversi libri e racconti di viaggio, un dizionario francese-greco, volumi enciclopedici, una storia della letteratura russa. E altro ancora. Ma soprattutto questo poema vasto e ambizioso, che lui considerava la sua Opera. Nel 1946, dopo una campagna ostile da parte delle autorità politiche e religiose greche, sfiorò il Nobel per la Letteratura. Il riconoscimento fu assegnato ad Albert Camus, che mandò a Kazantzakis un telegramma: "Voi l'avreste meritato cento volte di più".

UNA SFIDA EDITORIALE Pubblicare poesia, nel panorama editoriale dell'Italia attuale, è una scommessa ardita. Come definire la pubblicazione di un poema di circa ottocento pagine? Follia? Chissà: tre anni fa, annunciando l'imminente compimento della traduzione, Crocetti ricordò, in un'intervista a Matteo Nucci per Minima & Moralia, che la versione inglese del capolavoro di Kazantzakis ha venduto 200 mila copie e quella tedesca 80 mila. In Italia si vedrà. Certo non capita tutti i giorni di veder approdare in libreria un'opera tanto ambiziosa, tanto importante.
© Riproduzione riservata