Los Angeles, 2024. La metropoli è buia, angosciante e quasi completamente deserta. Di tanto in tanto qualche rumore terribile squarcia il silenzio tombale, e la gente si barrica ancora di più, ha timore perfino di respirare. La popolazione è chiusa in casa: vietato uscire. Chi trasgredisce rischia di essere colpito a morte: gli agenti del Dipartimento della salute sparano a chiunque si muova senza autorizzazione o senza lo speciale braccialetto giallo che – in pochissimi hanno – dà diritto a vivere normalmente (si fa per dire).

Cosa succede? Facile: la pandemia non è finita, anzi, con il passare degli anni la situazione è molto peggiorata, il “vecchio” Covid-19 (l’incubo che stiamo affrontando noi dall’inizio del 2020 a oggi) è diventato Covid-23, è ancora più contagioso e più letale. E ha portato a un ferreo lockdown che sembra non finire mai.

“Songbird” - disponibile su Prime, diretto da Adam Mason, con KJ Apa (noto al pubblico per il ruolo di Archie Andrews nella serie Riverdale), Sofia Carson, Alexandra Daddario e Demi Moore - è un film distopico sul virus e insieme una storia d’amore.

Intendiamoci, non proprio un capolavoro, ma se si inizia a guardarlo si va avanti fino in fondo, scatta la curiosità di sapere dove si vuole andare a parare, di immaginare un altro scenario prossimo futuro di quello che potrebbe accadere, dato che a oggi realmente nessuno sembra averne idea. Quali saranno gli sviluppi della pandemia? Omicron può essere l’inizio della fine? O ci attende un’altra variante catastrofica?

Dunque, siamo nel 2024 in una Los Angeles spettrale, quasi tutti sono obbligati a stare rintanati nel proprio appartamento, non si possono aprire né porte né finestre, i controllori con i megafoni lungo le vie ricordano continuamente che “l’unico posto sicuro è la vostra casa” e chi uscirà verrà inevitabilmente catturato. Ogni mattina ciascun cittadino è tenuto a scannerizzarsi il viso con il cellulare, si rileva la temperatura e l’eventuale virus nell’organismo, e i parametri vanno direttamente all’Ufficio di igiene: chi è positivo verrà prelevato dalla sua abitazione con la forza nel giro di pochi minuti da uomini bardati in tute biocontenitive e con maschere antigas, e verrà portato in edifici dedicati alla “quarantena”, dai quali non tornerà mai più.

Cibo, bevande e altri generi di prima necessità vengono ordinati online e consegnati attraverso sportelli ermetici e stipetti dentro i quali avviene la sanificazione con raggi ultravioletti. Tutti hanno paura di toccare oggetti contaminati.

Possono circolare liberamente pochissime persone, sono i cosiddetti “immuni” (nel film non è specificato perché lo sono, con ogni probabilità per fortunate cause naturali, di vaccini non si parla…), hanno un braccialetto giallo che devono mostrare subito se vengono fermati, in modo da non essere ammazzati senza pietà.

Si intrecciano due storie. Nico (un immune, appunto) lavora per un’impresa di spedizioni e in bicicletta fa le consegne a domicilio. E’ fidanzato con Sara, una bellissima ragazza che non ha mai incontrato dal vivo (il loro rapporto è tutto in videochiamata) che vive con la nonna, terrorizzata dall’idea di prendersi il virus e di morire.

In un altro quartiere c’è May, una giovane cantante che prima dell’arrivo della pandemia era stata scritturata da una casa discografica guidata da un laido ed equivoco imprenditore e che ora, anche lei rinchiusa a casa, si mantiene cantando “su richiesta” a distanza, in cambio di offerte. Tra i fan c’è Michael Dozer, un ex militare che ha combattuto in Afghanistan, è in sedia a rotelle e manovra un drone che vede tutto ed è pure capace di uccidere.

Improvvisamente accade un fatto che stravolgerà tutto, le due storie si incroceranno e sarà ancora di più una vera e propria lotta per la sopravvivenza e la fuga.

Niente spoiler, non vi diciamo come andrà a finire, qualcuno si salverà qualcun altro soccomberà. Un critico ha detto che può essere il momento giusto per guardare questo film. In effetti…

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