La natura potrebbe dare soccorso all’alta Baronia e alla bassa Gallura assetate. La grotta di Locoli custodisce una riserva idrica preziosa, soprattutto in tempi tanto siccitosi come quelli attuali che trascinano nell’emergenza poli turistici di prim’ordine, come Posada, Siniscola, Torpè, San Teodoro, Budoni. Da uno studio scientifico emerge la possibilità di attingere più di un milione di metri cubi d’acqua senza compromettere l’equilibrio ecosistemico. Un passo da fare comunque con grande ponderazione nel nome di scelte ecosostenibili che non mettano a rischio la ricchezza del complesso carsico di Locoli e della sorgente di Fruncu ‘e Oche. Questo spicchio del Montalbo sta dentro la Riserva di biosfera Tepilora, Rio Posada e Montalbo, unica Mab riconosciuta dall’Unesco in Sardegna e una delle venti italiane. Un tesoro sotterraneo al centro di accurati studi già dieci anni fa come emerge dalla pubblicazione, fresca di stampa, intitolata “Quaderni di monitoraggio” e realizzata grazie all’impegno della Società speleologica italiana e al contributo del Parco di Tepilora e della Riserva di biosfera Mab Unesco di Tepilora, Rio Posada e Montalbo.

«Quest’area è di grandissima importanza per la presenza sia di un acquifero che soddisfa i fabbisogni idropotabili di gran parte delle comunità della costa nord-orientale dell’Isola, sia di un ecosistema ipogeo unico, il cui studio sinora ha restituito sette specie animali nuove per la scienza», spiega Giuseppe Ciccolini, presidente del Parco di Tepilora. Sulla base delle osservazioni scientifiche raccolte – spiega il geologo Francesco Murgia della Provincia di Nuoro e della Società speleologica italiana – la grotta di Locoli può dare più di un milione di metri cubi d’acqua. Ora, sull’onda dell’emergenza, soprattutto con il flusso di turisti che incombe, servirebbero 60 litri al secondo per tre mesi per un totale di mezzo milione di metri cubi, cioè la metà della soglia considerata sostenibile, che oltretutto corrisponde alla quantità che la sorgente di Fruncu ’e Oche è in grado di gestire. «È necessario – sottolinea Murgia che ben conosce tutta l’area – che siano messi dei paletti perché il sistema e l’ambiente sono all’interno dell’area Mab».

Esperti riuniti a Bitti con i vertici del Parco di Tepilora
Esperti riuniti a Bitti con i vertici del Parco di Tepilora
Esperti riuniti a Bitti con i vertici del Parco di Tepilora

La tutela di questi complessi bui non è facile come emerge in un incontro a Bitti, che si è svolto il 20 giugno nella sede del parco di Tepilora, tra vari esperti impegnati a conoscere meglio i contesti carsici del territorio esplorando il cuore della terra e mettendo assieme esperienze e dati fondamentali per la salvaguardia e il buon uso delle risorse custodite dentro le grotte calcaree.

«C’è una mancanza di tutela di questi ambienti carsici», rileva Laura Cadeddu della Società italiana di geologia ambientale. «La gestione delle risorse deve essere responsabile, non solo per dare risposte alla comunità sull’onda dell’emergenza e dell’emotività. L’acqua c’è ma non si vede, bisogna saperla utilizzare», dice Davide Boneddu, presidente dell’Ordine dei geologi della Sardegna. «Siamo il Paese che ha prodotto più studi scientifici, ma in Italia non esiste una definizione di tutela delle acque carsiche», rileva Mauro Chiesi, della Società speleologica italiana. Lui cura la pubblicazione che è poi la raccolta degli studi presentati al seminario nazionale di Cala Gonone nell’autunno 2022 e dedicata ai monitoraggi ambientali in grotte naturali. Dalle ricerche sul campo di geologi, speleologi, biologi emergono la complessità di questi ambienti bui e vulnerabili e la rilevanza strategica di ogni risorsa idrica, come fa rilevare col richiamo a biodiversità e geodiversità Angelo Naseddu, presidente della Federazione speleologica sarda.

«Il Parco è sensibile a questi temi», dice la direttrice dell’oasi regionale di Tepilora, Marianna Mossa, annunciando un altro studio in corso legato all’acquifero del Montalbo. «Servirà a valutare l’ecosistema sotterraneo e sarà la base per eventuali progetti di valutazione di impatto ambientale», spiega.

La ricerca è affidata a Fabio Stoch, dell’università di Bruxelles, che anche in questo periodo svolge studi biologici sull’acquifero del Montalbo e spiega: «Ci stiamo orientando sul Dna ambientale che viene trovato sciolto nelle acque e ci può dare informazioni su cosa c’è dentro quelle acque». Lui assieme a Murgia ha familiarità con i monitoraggi realizzati per conto della Provincia di Nuoro tra il 2008 e il 2013 nell’acquifero carsico del Montalbo dove sono state rinvenute 31 specie animali. «Le analisi sulle variazioni dei livelli idrici hanno consentito di discriminare quelli riferibili alle portate di troppo pieno scaricate nella valle di Locoli e quelli ascrivibili ai drenaggi sotterranei in fase di morbida e di magra defluenti dalla sorgente di Fruncu ‘e Oche», spiegano Murgia e Stoch. Grazie all’apporto delle associazioni speleologiche locali e al lavoro degli speleosub è stato possibile raccogliere oltre un milione 200 mila dati di monitoraggio legati all’analisi idrogeologica e alle variazioni dei livelli idrici. Obiettivo del lavoro «fare luce sulle geometrie che caratterizzano le condotte carsiche deputate al drenaggio delle acque dal bacino idrico sotterraneo dell’area di grotta Locoli verso le aree di risorgenza». Un patrimonio di conoscenze più che mai fondamentale ora che l’acqua nell’alta Baronia è bene proibito per gli usi irrigui e viaggia con le autobotti per far sopravvivere il bestiame e per dissetare i residenti che vivono nelle campagne.

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