Il 15 febbraio del 2020 rischiava di essere la data di estinzione di un genere letterario piuttosto particolare: i carteggi polemici fra le autorità locali della Corsica e il prefetto Pascal Lelarge.

Non che quelle lettere abbiano particolari pregi linguistici, ma rappresentano un esempio di conflitto fra territorio e Stato centrale di intensità e frequenza rare, fino a sfociare nell’animosità dispettosa. Un conflitto così evidente che quel 15 febbraio di tre anni fa, in occasione del pensionamento del prefetto, il sito di France tv (il servizio pubblico radiotelevisivo francese) dedicò un’accurata cronologia ai rapporti fra l’alto dirigente dell’amministrazione centrale e i suoi esasperati interlocutori, i rappresentanti della Collectivité territoriale de Corse. Tradotto nel nostro linguaggio istituzionale sarebbe un conflitto fra il prefetto e la Regione, ma bisogna tenere conto che un prefetto francese come ruolo e poteri assomiglia più a un viceré che a un dignitario del ministero dell’Interno, mentre i poteri della Collectivité sono più modesti di quelli delle nostre Regioni, e che in Francia l’idea di concedere a un territorio qualcosa di paragonabile alla nostra autonomia è poco meno di un tabu.

Le prime scintille documentate da France tv sono del novembre 2020. Il 6 la Assemblée de Corse, grossomodo l’equivalente del nostro Consiglio regionale, approva una mozione di sostegno alla popolazione armena del Nagorno Karabakh, denuncia l’aggressione delle truppe azere e chiede a Onu e Unione Europea di impegnarsi per la risoluzione del conflitto fra Armenia e Azerbaigian e la ricerca di una pace duratura. In Italia, dove siamo abituati a ordini del giorno di politica internazionale approvati dai consigli comunali più disparati, il testo non attirerebbe grande attenzione. In Corsica ottiene quella del prefetto Lelarge.

Bretone, appassionato di vela e di ciclismo, somma al profilo da dirigente pubblico una formazione da ingegnere che probabilmente non lo induce al compromesso e all’elasticità politica. In Borgogna ha lasciato il segno (almeno secondo un servizio di Auxerre tv che definisce “iperattivo”, “bizzarro” e “prefetto choc”), in Corsica si mostra subito poco incline al quieto vivere con le autorità politiche. E quindi il 20 novembre scrive a Gilles Simeoni - presidente del Consiglio esecutivo, equivalente della nostra Giunta – facendogli presente che la delibera filo-armena non è giustificata da un interesse locale e che la Collectivité non ha titolo per occuparsi della politica estera francese. E perciò lo invita a ritirare la delibera.

Non verrà ritirata, gli replica su Twitter il nazionalista Simeoni, perché l’interesse locale che ne giustifica l’esistenza c’è: è il legame storico di amicizia calorosa fra il popolo còrso e quello armeno, entrambi attaccati ai valori di libertà, fratellanza e antifascismo. Perciò, signor prefetto, “la invito a ritirare la richiesta di ritiro”.

Poche settimane dopo, il 21 dicembre, Lelarge sarà nel mirino del presidente dell’Assemblea, il militante di Corsica Nazione Indipendente Jean-Guy Talamoni, che per criticare lo Stato francese sceglie di intervenire in francese “per far capire meglio” la sua protesta. E dopo aver parlato di una politica “sprezzante”, di “sabotaggio deliberato” e di “malevolenza o incompetenza” da parte di Parigi e dei suoi rappresentanti, cita una serie di episodi deprecabili, e tra questi naturalmente la polemica sulla mozione armena.

Pochi giorni dopo però a polemizzare col prefetto è di nuovo il presidente del consiglio esecutivo, in un’ideale staffetta fra esecutivo e Assemblea. Lelarge ha visitato porto e aeroporto di Bastia, in vista degli investimenti del “Plan de Transformation et d’Investissements pour la Corse”, e lo ha fatto senza invitare i rappresentanti istituzionali e gli eletti del territorio. Un doppio schiaffo per Simeoni, che oltre a presiedere la giunta è bastiaccio purosangue e del capoluogo settentrionale è stato anche sindaco, e infatti taccia il prefetto di “rozzezza”, lo accusa di disprezzare la Collectivité e gli ricorda che il tempo delle colonie è finito.

Due mesi e ad attaccare è di nuovo Talamoni: il 21 febbraio un gruppo di giovani occupano la prefettura di Ajaccio per chiedere il trasferimento in Corsica dei detenuti Alain Ferrandi e Petru Alessandri, condannati per l’uccisione del prefetto Claude Erignac. I manifestanti vengono ricevuti dal coordinatore della sicurezza della Corsica ma dopo l’incontro rifiutano di lasciare Palazzo Lantivy. Nello sgombero restano feriti alcuni agenti e alcuni dimostranti. Talamoni prende posizione a favore dei dimostranti, parla di “repressione sfrenata” e chiede l’immediato trasferimento del prefetto Lelarge.

Ma Lelarge resta al suo posto e un mese dopo eccolo di nuovo coinvolto in una polemica. Stavolta incrociare le lame col prefetto tocca a Simeoni, indignato con il dirigente pubblico che “usa elettoralmente” le risorse del Ptic (Plan de transformation et d’investissements pour la Corse). Probabile che a indispettire il presidente del Consiglio esecutivo sia soprattutto l’accordo da 170 milioni di euro per il rilancio e la transizione ecologica che Lelarge ha firmato con il sindaco di Ajaccio Laurent Marcangeli, avversario elettorale di Simeoni e deputato di Horizons, un partito di centrodestra che sostiene il presidente Emmanuel Macron e non ha simpatie per il nazionalismo còrso.

Si arriva a novembre e per la Collectivité arriva una grana: la Corte amministrativa di Marsiglia dà ragione alla Corsica Ferries, che chiede 86,3 milioni all’amministrazione per i servizi di collegamento supplementari. Per i nazionalisti al potere in Corsica è una questione politica di primo piano: non è l’Isola a dover pagare quei servizi, e per opporsi a questo “scandalo politico” e a questa “ingiustizia morale e finanziaria” la Collectivité decide di non iscrive il debito a bilancio. Puntuale, o forse ineluttabile, la lettera del prefetto che ingiunge: “Onorate il credito”. Seguono trattative politiche col governo e alla fine arriva la soluzione: la Corsica pagherà, ma riceverà un fondo più o meno equivalente all’interno del Ptic. La questione sembra conclusa, tanto più che Lelarge è in uscita, a breve sarà sostituito da un nuovo prefetto. E in effetti il 15 febbraio è la sua ultima mattinata di lavoro a Palazzo Lantivy: tra un commiato e un ultimo scatolone di effetti personali da consegnare ai trasportatori trova il tempo di firmare una lettera conclusiva alla Collectivité. C’è scritto, in sostanza: guardate che gli interessi passivi per la questione Corsica Ferries sono a carico vostro, non dello Stato. Dovete versare 9 milioni e 200mila euro.

Sembra appunta la data di estinzione della corrispondenza polemica fra prefettura e Collectivité, che tanto ha dato da scrivere ai giornalisti isolani. Ma non è così. Come informa la testata corsicaoggi.com, che cita France 3, un anno e un mese più tardi, il 9 marzo 2023, all’Assemblée de Corse viene notificata una sentenza del Tribunale amministrativo di Bastia: l’articolo del regolamento che indica il còrso e il francese come lingue del dibattito è annullato perché in contrasto con la Costituzione. In particolare col primo comma dell’articolo 2, che recita perentorio: “La langue de la République est le français”. Come mai i giudici si sono occupati del tema? Semplice: erano stati sollecitati per lettera da Pascal Lelarge, che per quanto non fosse più prefetto da qualche giorno aveva scritto tanto all’Assemblea quanto ai giudici amministrativi.

Sembrerebbe finalmente arrivata l’ultima puntata, ma non è così. A meno di ulteriori colpi di scena, la mossa conclusiva di questa nervosa partita a scacchi tra il rappresentante di uno Stato napoleonicamente accentratore e i rappresentanti dell’Isola che a Napoleone ha dato i natali spetta a questi ultimi. A darne notizia è sempre corsicaoggi.com, che stavolta cita le comunicazioni del sito istituzionale dell’Assemblea e un articolo di Corse-Matin: Marie-Antoinette Maupertuis, nel frattempo succeduta a Talamoni alla presidenza dell’Assemblea, con un investimento da 6.480 euro ha dotato i banchi dei consiglieri di cuffie audio e ha ingaggiato degli interpreti per la traduzione simultanea di ogni intervento delle sedute del 30 e del 31 marzo. L’ultima parola del battibecco istituzionale è andata agli isolani, ed è stata pronunciata in còrso.

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