In passato erano gli oggetti della quotidianità come stoviglie, scodelle, piatti e brocche. Oggi sono soprattutto creazioni dell’artigianato artistico. Usi diversi di quella “terra cotta” che resta una delle ricchezze di Oristano, una delle 46 città che aderiscono all’Aicc, associazione italiana Città della Ceramica, nata per promuovere la tradizionale arte dei figoli.

Un’arte che nella città di Eleonora d’Arborea affonda le proprie radici nel neolitico ed è testimoniata da preziosi reperti archeologici a partire dal quarto millennio Avanti Cristo. La produzione, l'esportazione e lo scambio di manufatti era fiorente anche in epoca medioevale e rinascimentale. Non solo: nella città esisteva addirittura il “borgo dei figoli”, gli artigiani della ceramica, riuniti in un gremio (associazione di mestiere) come è attestato dalle carte a partire dal quindicesimo secolo. Si tratta dell'unico caso in Sardegna di un borgo intitolato al mestiere dei figoli, un elemento che evidenzia ancor di più il primato di cui godeva Oristano nell'arte della ceramica. L'antico mestiere continua tutt'oggi con produzioni artigianali di valore. Diversi laboratori sono attivi in città e nei paesi vicini: ripropongono motivi tipici dell'artigianato sardo ma soprattutto della tradizione dei figoli oristanesi, su cui si innestano elaborazioni originali e ricerche di nuove tendenze.

Dal 2003 Oristano fa parte dell’Associazione italiana Città della ceramica che ha messo in rete i comuni di antica e significativa tradizione per valorizzare e diffondere il reciproco patrimonio artistico, artigianale, economico e produttivo. Ogni anno viene organizzata la manifestazione "Il tornio di via Figoli", una festa della ceramica, una mostra mercato che ogni volta riscuote consensi. In più la città con gli artigiani partecipa a Buongiorno ceramica, evento nazionale che quest’anno è in programma i prossimi 21 e 22 maggio, a cui partecipano anche le altre città dell’Aicc.

Brocche esposte per un'edizione passata di Buongiorno Ceramica (archivio Unione Sarda)
Brocche esposte per un'edizione passata di Buongiorno Ceramica (archivio Unione Sarda)
Brocche esposte per un'edizione passata di Buongiorno Ceramica (archivio Unione Sarda)

Tra la terra della giudicessa Eleonora e uno dei centri aderenti all’Associazione esiste un legame ancor più particolare come è stato rivelato da Gió Murru, studioso oristanese che recentemente si è concentrato proprio su questa importante forma di artigianato artistico. “Oristano e Castelli sono separate da mare, montagne e centinaia di chilometri di strade. Ma sono unte dall’arte della ceramica: un legame nato negli anni Quaranta del Novecento e rafforzatosi nei decenni successivi”. Gió Murru ha indagato sulle connessioni tra l’Isola e il centro Italia con un attento lavoro di ricerca, pubblicato dalla rivista “Faenza”, il semestrale del Mic, il Museo internazionale della ceramica di Faenza che ospita la più grande raccolta di arte ceramica al mondo (sia il Mic che la rivista sono diretti da Claudia Casali). 

La ricerca dello studioso oristanese parte dalla ricchissima documentazione conservata dall’Archivio storico comunale di Oristano. In particolare gli atti che riguardano Vincenzo Urbani, originario di Isola del Gran Sasso d’Italia ma cresciuto proprio a Castelli. Artista e professore di scuola media che negli anni Quaranta si trasferì a Oristano e diede vita a un’importante scuola della ceramica, grazie al sostegno della Società Operaia di Mutuo Soccorso e dell’amministrazione comunale. La scuola fu attiva, con alterne fortune, sino alla metà degli anni Sessanta. Urbani portò a Oristano una consapevolezza nuova, insieme ai colori tipici della tradizione abruzzese e a uno spiccato approccio imprenditoriale. Ed è allora che iniziò a farsi strada la consapevolezza che con la ceramica si potessero realizzare anche complementi d’arredo come le piastrelle.

Pannelli in ceramica realizzati dai ragazzi della scuola d'arte (foto archivio Unione Sarda)
Pannelli in ceramica realizzati dai ragazzi della scuola d'arte (foto archivio Unione Sarda)
Pannelli in ceramica realizzati dai ragazzi della scuola d'arte (foto archivio Unione Sarda)

Agli inizi degli anni Sessanta iniziò a prendere forma l’Istituto artistico, quello che oggi è il Liceo artistico “Carlo Contini”, prestigiosa scuola di formazione di giovani ceramisti e importante centro di ricerca e innovazione. A dirigerlo fino al 1969 fu Arrigo Visani, bolognese cresciuto artisticamente proprio a Faenza (uno dei più prestigiosi artisti della ceramica del ‘900) e che lavorò per anni a Castelli, tanto cara a Vincenzo Urbani. Ed ecco i contatti, le contaminazioni tra una scuola di ceramica e l’altra, dall’Isola al Centro Italia e viceversa, grazie alla vitalità artistica dei maestri.

La ricerca pubblicata da Giò Murru rientra in un lavoro più articolato, che parte dagli anni Venti, con l’esperienza della Scuola d’arte applicata nata a Oristano per volere di Francesco Ciusa. Una realtà con cui aveva collaborato anche Carlo Contini, che a sua volta frequentò gli ambienti della scuola di Urbani e successivamente diventò docente dell’Istituto d’arte diretto da Visani.

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