Fu chiamata per dare anima e corpo alla ragazzina incinta, preda dei due nonni decisi a tutto pur di trovarle marito. Nel 1977 Jodie Foster era reduce del successo mondiale di Taxi Driver, film di Martin Scorsese in cui interpretava una prostituta bambina accanto a Robert De Niro, e quando ricevette la proposta dall’Italia accettò senza indugio. Sergio Citti ha raccontato poi che quella volta aveva puntato in alto senza sperarci troppo. Si aspettava un no; d’altronde, spiegò, quella ragazzina (classe 1962) era già una star di Hollywood, era stata candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista, aveva vinto un Bafta (premio dell’Academy britannica) in questa categoria e un altro come miglior attrice esordiente. Invece la stella arrivò, diede l’anima e il corpo al personaggio di Teresina Fedeli e, con quella punta di conturbante innocenza che era il suo tratto distintivo, recitò dentro un cast strepitoso (tra gli altri Ugo Tognazzi, Paolo Stoppa, Mariangela Melato, Catherine Deneuve, Gigi Proietti, Michele Placido, Ninetto Davoli, Carlo Croccolo). Il film era Casotto, regia di Sergio Citti, storia corale ambientata negli anni Sessanta dentro una cabina della spiaggia di Ostia: tanto amato dai cultori dell’allievo di Pierpaolo Pasolini e da generazioni di cinefili, quanto disprezzato dai critici. (Basti dire che Vincenzo Cerami, ch’era stato autore del soggetto quando era alle prime armi come sceneggiatore, vista l’accoglienza riservata al film levò la sua partecipazione dal curriculum).

Jodie Foster ricorda spesso l’esperienza in Italia nelle sue interviste. La signora di Hollywood - due Oscar in una carriera costellata di premi e da tempo anche regista e produttrice - a luglio riceverà la Palma d’oro alla carriera al festival di Cannes e intanto nel marzo scorso ha vinto un Golden Globe come miglior attrice non protagonista per The Mauritanian, film di Kevin McDoland in cui interpreta un’avvocatessa che difende un prigioniero di Guantanamo.

Ne ha fatta di strada dalle prima comparsa (a quattro anni) in diversi spot pubblicitari e dall’esordio in televisione (sei anni) e al cinema (ne aveva dieci). È tra i rarissimi casi di baby prodigio del cinema sopravvissuti alla crescita anagrafica. Il che, oltre al talento, lo deve alla madre che la modellò come l’anti Shirley Temple nonostante un contratto con la Disney (Jodie non aveva neanche sei anni) che naturalmente imponeva il rispetto di un’immagine di brava ragazzina, interprete ideale di film e serie televisive per famiglie. A ogni modo, la signora Brandy Ella Almond - tedesca di ferro - la spuntò e, come manager della figlia, riuscì a farla lavorare per altre produzioni facendole ottenere scritture decisamente più mature. Fu così per Taxi Driver, ma visto che il ruolo della prostituta adolescente era obiettivamente pesante per la quattordicenne Jodie, la mamma-manager chiese che durante le riprese fosse seguita da uno psichiatra e che le scene hard venissero girate con una controfigura (la sorella maggiore Connie, 19 anni). Quando il film uscì nelle sale fu subito scandalo per le scene della sparatoria (in cui Robert De Niro uccide il protettore, l’affittacamere e un cliente della ragazzina) considerate traumatizzanti per un’adolescente. «Nessun problema», ha sempre dichiarato lei, confermando di aver potuto contare su una costante assistenza psicologica.

Da bambina prodigio ad attrice tra le più grandi di Hollywood. A tanti altri piccoli attori diventati star internazionali, magari con un solo film, non è andata altrettanto bene. Qualche storia: i ragazzi degli anni Sessanta ricorderanno la piccola Buffy, la bambina di Tre nipoti e un maggiordomo. Anissa Jones - morta per overdose nel 1976 a 18 anni - era la star della serie televisiva ma quando questa finì, nel 1971, non riuscì a trovare altre parti (fu scartata ai provini per L’esorcista e Taxi Driver). Anche le baby star della serie tv Il mio amico Arnold, sono finite male: Gary Coleman (ricordate Che cavolo stai dicendo, Willis?) ha visto sfumare tutti i suoi soldi amministrati dai genitori ed è morto per un incidente nel 2010; mentre Dana Plato, che interpretava l’adolescente Kimberly Drummond, dopo la serie finì sui set di film porno-soft ed è morta per overdose nel 1999.

Altro caso emblematico Macaulay Culkin, classe 1980. Nel 1990, a soli dieci anni, il protagonista di Mamma, ho perso l’aereo è diventato una star pagatissima, un milione di dollari per film (ne ha girati una quindicina in otto anni), poi si è perso - appena quattordicenne era già sul viale del tramonto - schiacciato dalle pressioni dell’industria del cinema e da un padre-manager violento che ha dilapidato il patrimonio.

«Hollywood è un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima», diceva Marylin Monroe. È anche il posto dove si mangiano i bambini.

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