Jerzu, il medico e le utilitarie d’epoca
Marco Orrù: «Nella mia collezione le auto che amavo da bambino»Nel suo garage a Jerzu è custodita una parte importante della storia dell’automobile degli anni Sessanta. Non soltanto italiana. Venti auto e una vespa raccolte negli corso di lustri da Marco Orrù, sessantatrè anni, medico endocrinologo in forza all’Asl di Lanusei con la passione delle vetture d’antan. Un vero e proprio museo.
«Sono riuscito a realizzare questo piccolo sogno che avevo nel cassetto: un garage dove mettere al riparo dalle intemperie, dal sole, dalla pioggia, i miei gioielli. Una piccola collezione nata nel tempo di cui sono molto orgoglioso. Non sono auto di grande valore come possono esserlo le Ferrari o le Rolls Royce e le Mercedes, per la maggior parte si tratta di utilitarie che un tempo affollavano le strade dell’Italia che negli anni Sessanta si stava motorizzando. Modelli legati alla mia infanzia e alla mia adolescenza, oppure ai ricordi di studente universitario».
Come è nata la sua passione?
«È nata in me fin da quando ero adolescente. Venivo letteralmente rapito dalla forma delle auto. E con il passare degli anni, quando vedevo certe macchine, in base al loro anno di produzione, le ricollegavo ai diversi momenti della mia vita: la prima gita, il primo giorno di scuola… Ricordi belli, ma anche brutti. Quelle macchine mi facevano tornare indietro nel tempo sollecitando emozioni».
Qual è il suo parco macchine storiche?
«Ho diverse Citroen, una Dyane, una Due cavalli, l’ultima arrivata una Ami sei, che da ragazzo consideravo bruttissima quando la vedevo per le strade di Cagliari da studente universitario in Medicina. Ma poi - è proprio vero - chi disprezza compra e io l’ho cercata poi per anni. Ho diverse Fiat, dalla Topolino alla 500 D con gli sportelli controvento, la 600, la 127, la 600 Multipla, una 1100. Poi le Autobianchi 500 giardinetta e la Bianchina trasformabile. Quindi una Prinz, anche lei considerata bruttissima ma adesso molto ricercata».
La macchina che vorrebbe e che ancora non compare nel suo garage?
«Più di una, ma forse quella che desidero maggiormente è una Alfa Romeo, marchio che ancora mi manca, magari una Giulietta spider. Chissà, per ora è solo un sogno, un obiettivo, un progetto».
Lei propende per un restauro conservativo, per un recupero rispettoso dell’originalità oppure pensa che l’auto antica possa essere modificata in base ai propri gusti?
«Per me le macchine devono essere la loro personalità e dignità: devono essere immacolate o quasi, come se fossero uscite dalla fabbrica da pochi minuti. Un’auto d’epoca quasi distrutta non suscita emozione, ma se mi piace, mi attivo per riportarla all’antico splendore nella sua originalità. Con l’aiuto di artigiani di alto livello, s’intende, perché il restauro deve essere eseguito a regola d’arte da esperti del settore, sempre più difficile da trovare anche in Sardegna».
Auto d’epoca, che passione.
«Circolare con l’auto storica a me piace tantissimo, mi mette in pace con il mondo, mi catapulta in un mio mondo interiore. Ero convinto di avere una patologia benigna che appartenesse a me e a pochi altri. Invece non è così, quando sono entrato in questo mondo di appassionati, quando ho cominciato a partecipare ai raduni di auto d’epoca, ai convegni, alla vita dei club specializzati, ho visto che l’interesse nel 2023 è a 360 gradi, senza limiti di anagrafe: anche il bambino, vede una macchina antica e si volta e sorride, la indica. Per esempio, la mia Fiat 600 Multipla non passa inosservata neanche agli occhi dei più piccoli. E le auto storiche appassionano anche i neopatentati, i ventenni, i trentenni, tante donne».
Nel suo garage si respira un’atmosfera particolare.
«Grazie, per me è un grande complimento. Vorrei andare avanti con le ricerche, allargare la mia collezione, ma per motivi di spazio non è possibile».
La vespa?
«Nel mio garage è l’unico mezzo a due ruote e ha una storia particolare perché apparteneva al vescovo di Perugia e questo fatto per me un valore aggiunto. I nipoti e pronipoti del prelato hanno deciso di venderla, ora è da me a Jerzu, nel mio garage».