È un po’ come andare sulle montagne russe: dal fallimento choc al successo miracoloso, fino al nuovo (mezzo) fallimento. In questo strano vortice di risultati della Nazionale c’è tutta la dimensione iperbolica di un calcio italiano troppo schizofrenico per essere vero. Sembra impossibile che la stessa squadra capace di farsi ammirare sul palcoscenico europeo, col trionfo sotto le stelle di luglio, si ritrovi pochi mesi dopo a un passo dal baratro della seconda eliminazione consecutiva dai mondiali.

L’OSTACOLO RONALDO 

Ora bisogna superare uno scoglio - la Macedonia del Nord - prima di scalare la montagna Portogallo a Lisbona e cercare di negare l’ultimo mondiale a sua maestà Cristiano Ronaldo. A meno che la Turchia non si metta di mezzo (eliminando i rossoverdi lusitani), ma per l’Italia cambia poco: servirà sempre l’impresa di vincere in trasferta, questa volta a Istanbul. Finali su finali per arrivare in Qatar, quasi a scontare la vittoria a sorpresa agli ultimi europei. 

POCA SCELTA

Nel traballante futuro azzurro c’è una ragione che va oltre gli errori dal dischetto di Jorginho: è da cercare nei numeri impietosi di un campionato italiano sempre più asfittico e incapace di generare talenti, la linfa vitale per la massima selezione nazionale. Roberto Mancini è riuscito a plasmare una squadra divertente e vincente col pochissimo materiale umano a disposizione: negli anni da selezionatore ha testato diversi giocatori, ma alla fine si è affidato all’unico gruppo ristretto in grado di far risplendere una maglia così prestigiosa. E sono arrivate le vittorie insperate con le più importanti squadre europee.

ASSENZE DECISIVE 

Ma è bastato qualche forfait di troppo agli ultimi appuntamenti - dall’inarrivabile Chiellini, all’indispensabile Verratti, passando anche per il controverso ma titolato (vedi campionato) Immobile o l'infortunato di lungo corso Spinazzola, sino alla lucidità di Pellegrini e Zaniolo - per catapultare il gruppo azzurro in mezzo alle tenebre dei playoff ad altissimo rischio di eliminazione. Un’ipotesi che diventerebbe il peggiore degli incubi: sarebbe la seconda volta consecutiva dell’Italia fuori dai mondiali (dopo l’esclusione in Russia nel 2018), una generazione di giovani tifosi verrebbe privata del momento più divertente e affascinante del calcio.

SENZA ATTACCANTI

La sintesi delle difficoltà è arrivata a Belfast, con l’Irlanda del Nord - con la scelta pressoché obbligata di schierare come attaccante centrale il pur volenteroso Insigne: dietro l’immagine romantica del “falso nueve” c’era invece l’assenza di alternative, l’impossibilità di Mancini di fare altre scelte dopo la bocciatura di un Belotti mai più ritrovato dopo gli anni di gloria.
Perché siamo senza attaccanti? Basta dare uno sguardo ai tabellini della Serie A: la giornata che ha preceduto le doppie sfide (pre)mondiali con Svizzera e Irlanda del Nord ha visto schierati dal primo minuto appena undici attaccanti italiani. Undici tra prime e seconde punte, compreso Insigne, per avere un’idea, che prima punta proprio non è. Come si può pensare di costruire una Nazionale se manca la materia prima, cioè i giocatori italiani in campo? Se si entra ancora di più nei dettagli, si nota che tra le grandi squadre -  le Sette sorelle - soltanto Napoli (il solito Insigne) e Lazio (Immobile, poi infortunato) sono scese in campo con attaccanti italiani. Inter, Milan, Juventus, Roma e Atalanta avevano solo punte straniere. E se si allarga il discorso, soltanto nove squadre su venti hanno avuto in campo dal primo minuto attaccanti col passaporto italiano.


TROPPI STRANIERI IN CAMPO

I numeri generali raccontano che su 220 giocatori inseriti nelle formazioni iniziali alla dodicesima giornata c’erano appena 71 calciatori italiani, cioè un misero 32 per cento. Atalanta, Torino, Bologna e Udinese sono scese in campo con appena un giocatore azzurrabile. Unico esempio opposto la matricola Empoli, con soli tre stranieri nello schieramento iniziale. Il Cagliari, per avere un'idea, ha schierato quattro italiani e sette stranieri, anche se ora Joao Pedro potrebbe regalare il colpo di scena col suo passaporto italiano. Il margine di scelta di Mancini è ridotto ai minimi termini, fino alla situazione paradossale di portare a Belfast, nella disperata partita con l’Irlanda del Nord, ben tre attaccanti del Sassuolo: Berardi, Scamacca e Raspadori (rimasto in panchina). Come si può pensare di far aggrappare l’asse portante dell’attacco della Nazionale a tutto il reparto a una sola squadra e neanche di primo livello (con tutto il rispetto per i vivaci neroverdi emliani)? È l’immagine simbolo della resa davanti alla pochezza delle proposte che arrivano dai campi di tutta Italia.


OBIETTIVO MARZO

Si può sperare che ai complicatissimi  spareggi di marzo - una semifinale (il 24) e un’eventuale finale (il 29) per un solo posto - Mancini ritrovi i suoi cavalieri capaci di inventarsi la favola degli Europei: servirà un po’ di fortuna per arrivare a Qatar 2022, servirà una squadra dalla verve ritrovata. Le due sfide decisive si giocheranno in un momento migliore rispetto all'autunno, quando le condizioni tecnico-atletiche dei giocatori raggiungeranno i livelli ottimali del momento più importante della stagione. Ma il gruppo azzurro dovrà trovarsi anche al riparo dalle sirene della corsa scudetto o della fase decisiva delle Coppe europee che potrebbe richiedere complicati sforzi mentali e fisici ai giocatori.


IL SOGNO JOAO PEDRO

La speranza è che nei prossimi mesi possa saltar fuori qualche nome nuovo in grado di indossare la maglia della Nazionale: una chance passa da Cagliari, l'opzione Joao Pedro non è per niente fantasiosa. L'attaccante di Ipatinga ha il passaporto italiano dal 2017 e non ha mai giocato con le nazionali brasiliane: coi suoi quasi 80 gol in rossoblù ha tutti i numeri per vestirsi d'azzurro e la forma quest'anno non gli manca: sta segnando a ripetizione e l'unico giocatore della nazionale davanti a lui nella classifica marcatori è Immobile. Sarebbe un bel film, magari con un finale dolce: l’attaccante arrivato dall’altra parte del mondo prende per mano l’Italia e la spedisce in Qatar. Sognare non costa nulla, anche perché i Mondiali 2022 per ora sono solo un sogno.  
 

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