Le coppie omosessuali sono una realtà, anche in Italia. E sono una realtà anche le unioni civili. L’ultima di cui si è parlato, perché capace di conquistare le prime pagine di tutti i giornali e grande spazio nelle televisioni e sui social, quella tra la cantante Paola Turci e la ex fidanzata di Berlusconi Francesca Pascale.

Ed è stato il momento per ricordare che nel Belpaese il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è consentito, a differenza di altre nazioni, con tutto quello che comporta. L’adozione dei bambini, innanzitutto, a oggi impossibile, ma anche altro: il congedo parentale per entrambi, per esempio, quando uno dei due componenti della coppia abbia un figlio.

Il problema si pone in caso di ricorso alla procreazione assistita all’estero. Il bambino è figlio naturale di uno dei componenti della coppia, come tale sono uno dei due è riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico, in quanto “naturale”, come genitore.

Ebbene, in questo quadro una dirigente piemontese ha ottenuto qualcosa che suona come straordinario dall’azienda dove lavora: il congedo di paternità. Concesso proprio con queste parole sebbene la lavoratrice sia una donna.

La vicenda è stata raccontata da La Stampa di Torino e ripresa dal quotidiano online Luce.

Tutto è cominciato nel 2019 quando Gaia, direttrice di banca, e Sara, maestra elementare, si sono unite civilmente. Pochi mesi dopo è arrivata la decisione di ricorrere alla fecondazione assistita. Sono andate a Madrid perché in Italia la pratica della donazione del seme (come anche quella dell’ovulo) non è consentita dalla legge. È nata una bimba e la madre naturale, Sara, è andata in maternità. Gaia avrebbe voluto stare accanto alla sua compagna per vivere insieme a lei i primi giorni di vita della neonata, e così ha chiesto alla sua azienda (dirige a Torino una filiale della banca Intesa-San Paolo) un congedo parentale di pochi giorni. La prima risposta è stata negativa: la banca aveva sottolineato come la normativa non prevedesse quel diritto a chi non risulta genitore. A quel punto a Gaia non è rimasto altro da fare se non chiedere alcuni giorni di ferie. Ma, proprio nel periodo in cui era assente dal lavoro, ha ricevuto la comunicazione: le è stato riconosciuto il congedo.

La banca Intesa-San Paolo ha infatti deciso di allargare il diritti riservati ai neo genitori a tutte le coppie, anche quelle omosessuali. È stato possibile alla luce di un accordo sindacale che segna un passaggio storico nel riconoscimento dei diritti delle famiglie arcobaleno. Sì, perché questa decisione non riguarda solo il congedo parentale ma tutto quello che concerne il welfare aziendale.

Nelle dichiarazioni rese al quotidiano La Stampa la banca ha sottolineato che «si tratta di un ulteriore passo verso l’inclusione di ogni tipo di famiglia; da tempo esiste una community interna Lgbtqi+ e nel 2001 è stato definito uno specifico processo per supportare chi ha intrapreso un percorso di transizione di genere».

Sul lavoro, dunque, Gaia ha fatto un notevole passo in avanti anche se ha ottenuto un congedo di “paternità” dopo aver firmato un atto ufficiale in cui affermava che la bimba è «nata dall’unione naturale con un uomo non parente né affine nei gradi che ostano al riconoscimento ai sensi dell’articolo 251 del Codice civile». Insomma ha dovuto citare formalmente il donatore del seme che ha permesso la fecondazione assistita.

Il problema da tempo viene sollevato da tutte le coppie omosessuali con figli: se succede qualcosa alla madre naturale, la bambina che fine fa? Può restare con la compagna della donna che l’ha messa al mondo?

Per quello che concerne il riconoscimento giuridico del suo status la situazione è bloccata: la madre è solo Sara, la donna che ha partorito.

Ma in tema di diritti sono diverse le aziende all’avanguardia rispetto alle normativa vigente. Sempre in materia di congedo parentale, per esempio, la Philip Morris Italia concede ai neo padri sei settimane (retribuite al cento per cento dall’azienda)  oltre ai dieci giorni di permesso obbligatorio che sono a totale carico dell’Inps. Non solo, riconosce alle neo madri 18 settimane di congedo interamente pagato: oltre le 12 obbligatorie, a carico dell’Inps, le successive sei settimane, facoltative, che l’Inps retribuisce in percentuale ridotta, vengono integrate dall’azienda fino a raggiungere il 100 per cento della paga.

Sulla stessa linea si muovono anche altre aziende multinazionali che operano in Italia.

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