Lei impasta uccellini da gennaio ai primi di giugno. Fa la pasta, prepara il ripieno di mandorle, mette la statuine a essiccare nel forno. Cinque mesi pieni di fatica e cesello per dare forma a centosessanta volatili in miniatura che –  posati uno per uno su bastoncini di canna disposti a raggiera, e a più piani, come una torta nuziale - compongono “su cohone ’e vrores” , il pane votivo della festa di San Giovanni Battista, patrono di Fonni. È questa una tradizione antica, unica in Sardegna, che unisce i rituali propiziatori pagani del solstizio d’estate e la liturgia cristiana che il 24 giugno festeggia la nascita del Battista. La sua origine, tuttavia, è legata a un preciso accadimento storico, risalente al 1865, l’anno in cui nuvoloni neri di cavallette oscurarono il cielo e si abbatterono sui campi di grano e orzo divorando ogni cosa. È in ricordo di quella sciagura, e del miracolo che ne seguì, che ogni anno i fonnesi sciolgono il voto portando in processione “su cohone ’e vrores”. Il nido di uccellini e gallinelle, una ricetta di pasta e mandorle di cui Anna Coinu, 80 anni, da 35 è l’unica custode.

Il sacerdote mago

Le cavallette, evocatrici di carestia, sono sempre state uno dei flagelli più temuti in Sardegna. Si ricordano ancora oggi le infestazioni del 1868, del 1915, del ’29, del ’33 e del 1946, ben più terribili di quelle che stiamo conoscendo adesso. A Fonni, i vecchi tramandano la storia di un’altra sciagura, quella del 1865, e raccontano la leggenda di prete Murru, un sacerdote mago che liberò le campagne dalle locuste provocando però la morte degli uccelli. Gli anziani narrano che il miracolo avvenne per intercessione di San Giovanni, grazie al cuculo che preparò un grande nido e qui raccolse e custodì le uova delle taccole e dei tordi. Da allora, la vita è tornata nelle campagne e a Fonni si prepara il pane che ricorda quel nido benedetto.

La profezia

Anna Coinu è una prescelta. Lei ha sempre detto di aver «cominciato per caso», ma in realtà fu tia Maria Antonia Marceddu - la donna che da decenni impastava gallinelle - a chiamarla. La prima volta nel giugno del 1987. «Vieni a vedere come si lavora», le aveva detto; lei però non era andata. A gennaio dell’anno successivo, nel giorno di Sant’Antonio, il nuovo invito, questa volta un poco più pressante, quasi un avvertimento: «Già non sei venuta a vedere come si fa “su cohone ’e vrores”, ma se me ne muoio ti sarà più difficile imparare».

Le prove e il mal di testa

Può essere che la vecchia presagisse qualcosa; fatto sta che fu ricoverata in ospedale il giorno prima della visita della sua allieva. Morì poco dopo, ma aveva comunque designato la sua erede. Anna Coinu lo venne a sapere perché, tempo dopo, il priore di San Giovanni (che quell’anno era Michele Mureddu noto Roma) bussò al suo portone. «Tu devi fare il pane della festa», le disse. «È stata tia Maria Antonia a dirmelo: “Se io non ci sono rivolgetevi ad Anna Coinu”». A quel punto lei non poteva certo tirarsi indietro. Andò a lezione da tia Battistina Mele, una vecchia di 90 anni che da giovane aveva fatto il pane della festa. «Mi presentai da lei con un pezzo di pasta e in un paio d’ore mi rivelò tutti i segreti», ha raccontato Anna Coinu. «Tornata a casa mi misi subito al lavoro: impastavo, infornavo e buttavo gallinelle e uccellini. Ho fatto mille prove e alla fine ho chiamato il priore per fargli vedere qualche campione. A me, devo dire la verità, sembravano brutti e malfatti; invece a lui sono piaciuti talmente tanto che mi fece i complimenti. Avrei dovuto essere contenta, e invece per la fatica e la tensione mi venne un mal di testa terribile».

Conservati come reliquie

Il 19 giugno, con l’approssimarsi della festa di San Giovanni Battista, il pane votivo viene preso in custodia dal priore che lo porta nella sua casa. Una cerimonia, questa, che segue una suggestiva liturgia: su cohone ’e vrores entra nella dimora del priore con gli stessi auguri che riceve una sposa. Ad aspettarlo sulla soglia c’è la prioressa che prima lancia il riso e i petali di rosa e poi spacca il piatto per terra. Il pane viene custodito nella stanza più bella, al buio perché non perda il suo candore. Il 24 giugno, giorno della festa, viene benedetto durante la messa cantata, e nel pomeriggio portato in processione da S’Istangiartu, i cavalieri della Madonna dei Martiri. Gli uccellini e le gallinelle lasciano il nido il 29 agosto, giorno del martirio di San Giovanni, mentre quelli sfusi (la custode ne prepara tanti) vengono offerti ai cavalieri prima della processione. Da fine agosto, quindi, la gallina più grande la terrà il priore, la seconda va a colui che ha servito il patrono l’anno precedente; un uccellino viene donato al parroco, gli altri ai parenti, agli amici, a chi lo chiede per un familiare malato. A Fonni vengono conservati come reliquie.

© Riproduzione riservata