Con un cacciavite in mano fa miracoli. Fabrizio Deiana, 46 anni, cagliaritano, ha messo dentro un cassetto la sua laurea in biologia e oggi si occupa di ridare vita a flipper, juke box e videogiochi nel suo laboratorio di fronte al tribunale. «Il modernariato è uno dei settori che ha sofferto meno la crisi legata al Covid», spiega l’imprenditore molto conosciuto anche per aver fondato nel 2000 una delle prime birrerie della città, lungo il corso Vittorio Emanuele. «Gli oggetti che vanno dagli anni Sessanta agli anni Novanta sono ricercatissimi non solo dai collezionisti ma di chi vuole ricercare un angolo particolare nella propria casa, sia inteso come arredamento, sia per chi ama trascorrere il tempo libero con i giochi così lontani dagli attuali playstation o app sul telefonino».

Fabrizio Deiana (foto Paolo Carta)
Fabrizio Deiana (foto Paolo Carta)
Fabrizio Deiana (foto Paolo Carta)

L’identikit degli appassionati di modernariato è presto fatto: «Si tratta - prosegue Deiana – di quarantenni o cinquantenni che hanno conosciuto flipper juke box e videogiochi nei bar o nelle sale giochi da ragazzo. Dietro ogni scelta c’è un ricordo, una passione giovanile».

In principio ci furono i juke box. «Tra il 1970 e il 1980  – prosegue Fabrizio Deiana – i bar furono invasi dai flipper, che presero il posto dei juke box, avevano il meccanismo a vista, le braccia metalliche portavano il disco selezionato in posizione per l’ascolto. Erano per lo più cromati e oggi il loro restauro è laborioso». La valutazione dipende dal modello, varia da 3.500 a 10-12 mila euro.

Un Juke box (foto Paolo Carta)
Un Juke box (foto Paolo Carta)
Un Juke box (foto Paolo Carta)

Negli anni Settanta il cambiamento del design: «Il meccanismo – spiega Deiana – venne nascosto, chi ricorda i juke box al Lido o al D’Aquila rammenta che erano visibili solo le sigle che indicavano le canzoni: A2, B2 e così via. Si sceglievano attraverso i tasti colorati, oggi quei modelli valgono circa 2 mila euro, restaurati e funzionanti».

Fabrizio Deiana nel suo laboratorio (foto Paolo Carta)
Fabrizio Deiana nel suo laboratorio (foto Paolo Carta)
Fabrizio Deiana nel suo laboratorio (foto Paolo Carta)

Capitolo flipper, un altro oggetto di culto per gli amanti degli appassionati. «L’Italia, Cagliari compresa, ovviamente, fu invasa negli anni Sessanta da queste macchine elettromeccaniche colorate in arrivo dagli Stati Uniti», prosegue Fabrizio Deiana - . Milioni di esemplari venivano acquistati da società che poi li noleggiavano ai bar: c’era un continuo ricambio, i flipper venivano sostituiti dopo circa 15 giorni, il mercato richiedeva modelli sempre diversi».

Gottlieb e Williams le marche più diffuse, ma anche in Italia sorsero aziende come l’Europlay di San Marino-Bologna che cominciò a produrre flipper a imitazione di quelli americani. Fabrizio Deiana nel suo laboratorio ha diversi modelli da restaurare e da mettere in vendita. Per un flipper elettromeccanico anni Settanta la spesa parte da 1200 e arriva a 2500 euro.

I giochi erano abbastanza semplici e basati sulle carte, sui bersagli: in palio palline in più da giocare per allungare la partita oppure punti e partite se si raggiungeva un determinato punteggio. In alcuni bar i gestori promuovevano le sfide settimanali che premiavano i record: un modo per incentivare le partite che costavano 50 lire (100 due partite). «In certi ambienti il flipper era visto come un gioco d’azzardo proprio per il fatto che ogni partita determinava un piccolo esborso», prosegue Deiana.

Più costosi i flipper elettronici arrivati in un secondo momento e con una tecnologia più sofisticata: in questi casi il prezzo di acquisto può salire sino ad arrivare anche a 7-8 mila euro per modello come la Famiglia Addams  o il Medieval Madness della Williams.

Uno dei primi videogiochi: Space invaders (i marzianetti) - foto Paolo Carta
Uno dei primi videogiochi: Space invaders (i marzianetti) - foto Paolo Carta
Uno dei primi videogiochi: Space invaders (i marzianetti) - foto Paolo Carta

Negli anni 80 arrivarono i primi videogiochi che presero piano piano il posto dei flipper senza però soppiantarli mai del tutto. «Pac man e Space invaders sono i più conosciuti e  hanno i loro estimatori. Oggi vanno molto nel mercato del modernariato gli apparecchi multigioco: la “scatola” è quella originale degli anni 80, ma all’interno possono essere sistemati diversi giochi, grazie alle schede elettroniche e ai video di moderna generazione». In questo caso la spesa è di circa 2 mila euro ed è un oggetto che può fare bella mostra anche nell’angolo di un salone di un appartamento.

Il mercato viaggia su Internet e soprattutto nei siti specializzati. «Ci sono delle associazioni di appassionati – prosegue Fabrizio Deiana – che monitorano la situazione dei noleggiatori che magari chiudono la loro attività e hanno i depositi ancora oggi stracarichi di vecchi flipper o videogiochi. In quel caso si formano vere e proprie cordate di persone interessate all’acquisto dell’intero stock, poi ognuno sceglie il flipper o il videogame che più gli interessa».

Così la ricerca di un determinato modello diventa un gioco e una sfida come una partita. «Di recente un cinquantenne cagliaritano è riuscito a coronare i sogno di acquistare un flipper poco diffuso e di scarso valore assoluto, l’Africa Queen, prodotto dalla Europlay in Italia, soltanto perché ricordava di averci giocato da ragazzo alla fine degli anni Settanta. Una ricerca lunga e complicata per un oggetto che aveva un valore affettivo solo per il cliente».

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