Nella sua vita ha collezionato di tutto. «Animali da me imbalsamati, cravatte e fermacravatte con disegni di animali, liquori provenienti da ogni parte del mondo>. Attilio Mocci Demartis, 82 anni, professore universitario di Zoologia specializzato in Ornitologia e incaricato di insegnare Conservazione della natura delle sue risorse nell’Università di Cagliari, è poi passato a oggetti più ingombranti: vetture. Più precisamente auto d’epoca. «Per lo più francesi, anche se ho voluto acquistare anche due inglesi scoperte, due spyder».

Il professor Mocci (foto Paolo Carta)
Il professor Mocci (foto Paolo Carta)
Il professor Mocci (foto Paolo Carta)

Attualmente ne ha 28 che sono un orgoglio e per certi versi anche un cruccio: «Mi rendo conto che non vivrò in eterno, con mia moglie non abbiamo avuto figli, vorrei lasciarle in eredità a chi possa valorizzare questo patrimonio di conoscenza e di progresso tecnologico, un’associazione no profit che possa disporle in un museo, ovviamente in Sardegna. Per questo sono in contatto con Angelo Melis, presidente dell’associazione automoto d’epoca Sardegna: il nostro è un sogno comune».

La Renault NN del professor Mocci Demartis\u00A0(foto Paolo Carta)
La Renault NN del professor Mocci Demartis\u00A0(foto Paolo Carta)
La Renault NN del professor Mocci Demartis (foto Paolo Carta)

Attilio Mocci Demartis ha già seguito questa strada per la sua prima collezione, quella di uccelli impagliati: «Ho dato vita a una fondazione, la Fomda (fondazione ornitologica Mocci Demartis), con due miei studenti diventati poi professori universitari e grazie alla passione del sindaco di Muravera Salvatore Piu, è nato un museo ornitologico zoologico tra Feraxi e Costa Rei».  

Il professor\u00A0Attilio Mocci Demartis, 82 anni (foto Paolo Carta)
Il professor\u00A0Attilio Mocci Demartis, 82 anni (foto Paolo Carta)
Il professor Attilio Mocci Demartis, 82 anni (foto Paolo Carta)

Entrare nel suo vecchio garage nella zona del Margine rosso è un’esperienza affascinante per chi è appassionato di auto d’antan. Il professore, poi, è una guida dotta, di ogni modello ricostruisce la storia, le caratteristiche, non soltanto tecniche, ma soprattutto le curiosità. Quando mostra la Tatra del 1939, per esempio, racconta che la casa automobilistica cecoslovacca «ispirò signor Porsche a costruire i primi “maggiolini” per Hitler dando vita al primo motore a scoppio raffreddato ad aria».

La passione per le auto d’epoca ha fatto capolino nella vita del professore universitario cagliaritano di origini oristanesi partendo dalla vita quotidiana: «Acquistai una Citroen Gs, la tenni per oltre vent’anni, era la vettura di famiglia, sino a quando non entrò nell’elenco delle auto storiche. A quel punto cominciai a seguire nei mercatini, nelle aste su internet e nelle inserzioni degli appassionati le auto francesi, che in Italia non avevano tanto successo in un mercato dominato dalla Fiat, dalle Lancia e dalle Alfa Romeo».

Così la collezione Demartis ha avuto un timbro d’oltralpe. «Con alcune eccezioni. Mi sono innamorato, per esempio, delle linee delle scoperte inglesi come la Austin Harley del 1956, la Morris del 1939 e la Sumbeam Alpine del 65. Ho anche alcune italiane, arrivate un po’ per caso: la Fiat 500 L del 1970 che usava mia moglie, la 500 R del 1971 che ha regalato una zia a mia moglie e un caro amico mi ha fatto dono della sua Fiat 128 coupè del 1972. Poi ho la Seat Marbella che mia moglie acquistò dopo la Fiat 500 L e appunto la cecoslovacca Tatra. Tutte le altre sono francesi».

La Morris del 1939\u00A0(foto P.\u00A0C.)
La Morris del 1939\u00A0(foto P.\u00A0C.)
La Morris del 1939 (foto P. C.)

L’elenco è lungo e interessante: «La Renault NN del 1937 ha la forma di una barchetta, della stessa casa ho anche una Mona 4 del 1939 e una 4cv del 1958, l’auto che insieme alla Citroen 2cv motorizzò di fatto la Francia».

Poi si passa alle Peugeot: «Sono riuscito ad avere una 202 del 1942, una 203 del 51 e una 204 del 1972. La casa francese del leone battezza i modelli secondo questo criterio: il primo numero indica la serie, quindi l’1 è la più antica (oggi si è arrivati all’otto); il secondo è uguale per tutti (0); il terzo indica la grandezza ed è in crescendo in base a numeri di posti o cilindrata».

La Sumbeam del professor Mocci Demartis (foto Paolo Carta)
La Sumbeam del professor Mocci Demartis (foto Paolo Carta)
La Sumbeam del professor Mocci Demartis (foto Paolo Carta)

Il professore ha cercato anche i pezzi della Simca: «Questa industria faceva un po’ il verso ai modelli italiani: la mia Simca 8 del 1951, per esempio, ricorda molto la Nuova Balilla Fiat. Ho anche una Simca mille del 1976, un modello molto popolare in Francia ma diffuso molto anche in Italia». Due gli esemplari di Matra, entrambi del 1973, modello sport più note come 530 Lx. Affascinante è anche la Salmson del 1951: «Era una macchina utilizzata della polizia inglese>, prosegue il professor Demartis, <e figura spesso nei film di Hercule Poirot».

Più antiche le due Rosengart: «La fabbrica fu fondata da un francese di origine tedesca, l’ingegner Lucien  Rosengart. Ho il modello LR 2 (del 1937) e la versione LR 4 (1939). Nell “2” il bagagliaio poteva diventare un sedile per il cosiddetto posto della suocera, magari un po’ scomodo ma funzionale».

Bellissima anche la Licorne H7 del 1937 e la A67 del 1939. Chiude la collezione la Panhard PL 17 del 1960.

«Ormai ho smesso di guidare, ma quasi tutte sono restaurate e funzionanti. Per due esemplari sono in attesa di reimmatricolazione, purtroppo la motorizzazione in Italia ha tempi lunghissimi per certe pratiche», dice il docente universitario che sorride ricordando i suoi trascorsi nell’ateneo cagliaritano: «I miei studenti mi accusavano, bonariamente, di inquinare l’aria con l’utilizzo di queste auto d’epoca. Io facevo loro presente che la nuova benzina verde non ha piombo ma inquina di più a causa di additivi cancerogeni. E poi si tratta di auto storiche, di un patrimonio dell’umanità che è giusto tramandare ai posteri».

In aula il professor Demartis si presentava spessissimo con le sue cravatte con gli animali: «Quando indossavo la cravatta con le mucche, i miei studenti sapevano che avrei parlato della desertificazione. Se arrivavo con addosso i pinguini, del buco dell’ozono al polo Sud. Il giorno delle balene era dedicato alla lezione sugli oceani».

Imponente anche la collezione di liquori di tutto il mondo: «In Inghilterra acquistai un’acquavite particolare: nella bottiglia c’era un rettile, il varano. No, non li bevevo, al massimo li assaggiavo: sono praticamente astemio. Il collezionismo per me era una missione più che una mania: a ogni viaggio, a ogni gita, cercavo nei negozietti, nei mercatini o nelle botteghe degli antiquari oggetti che potessero arricchire le mie raccolte. Collezioni che adesso spero di poter regalare a chi possa prendersene cura e perché abbiano un futuro». 

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