Oristano aveva fatto da apripista. Con i cosiddetti “medici in affitto” l’azienda sanitaria, con la benedizione della politica regionale, ha cercato di mettere una pezza a una sanità sempre più allo sbando e soprattutto di tenere aperti i reparti di Pronto soccorso in affanno. Ma il metodo ha scatenato da subito le critiche di sindacati, Ordine dei medici e comitati che contestavano i costi e la privatizzazione della sanità. Adesso il cartellino giallo arriva dai piani alti: è l’Anac a frenare e a chiedere dei correttivi. Il presidente Giuseppe Busia è intervenuto al ministero della Sanità e al Mef per sollecitare un decreto che faccia chiarezza sulla questione dei “medici a gettone” e stabilisca criteri di congruità dei prezzi.

La novità

Era l’ottobre 2020 quando la Asl di Oristano iniziò a valutare la possibilità di ricorrere ai medici in affitto per far ripartire il Punto di primo intervento dell’ospedale Delogu di Ghilarza. Ad aprile 2021 il servizio viene affidato alla società MST Group di Vicenza per la fornitura dei professionisti. A ottobre dello stesso anno il contratto con la società veneta viene ampliato e comprende anche il Pronto soccorso del San Martino di Oristano e quello del Mastino di Bosa.

L'ospedale Delogu di Ghilarza (foto archivio Unione Sarda)
L'ospedale Delogu di Ghilarza (foto archivio Unione Sarda)
L'ospedale Delogu di Ghilarza (foto archivio Unione Sarda)

L’intenzione dell’Ats è estendere il sistema anche ad altre strutture nell’Isola. Eppure le critiche sono sempre state aspre. Nei mesi scorsi il caso Oristanese era salito alla ribalta nazionale con il presidente della Simeu, la società dei medici impegnati nei servizi di Emergenza Urgenza che aveva messo in luce una serie di criticità. Tra gli aspetti più controversi la qualità dell’assistenza (perché a un medico in affitto non è richiesta la specializzazione in medicina d’urgenza né equipollenti eppure deve farsi carico talvolta anche di codici ad alta gravità) e per i costi: per ogni turno di 12 ore ogni professionista percepisce un compenso di 700 euro, un medico dipendente della Asl circa 400 euro.

L’Anac

Adesso interviene l’Anticorruzione. “La questione dei cosiddetti medici a gettone assume una grande rilevanza sociale in quanto tocca servizi fondamentali, improcrastinabili ed indispensabili per l’intera comunità, oltre che di grande impatto economico sulla spesa pubblica, per gli elevati costi sostenuti dalle Aziende sanitarie per remunerare il personale medico reperito per turni spesso insostenibili” avverte il presidente Giuseppe Busia.

Giuseppe Busia, presidente Anac (foto archivio Unione Sarda)
Giuseppe Busia, presidente Anac (foto archivio Unione Sarda)
Giuseppe Busia, presidente Anac (foto archivio Unione Sarda)

Sul sito dell’Autorità nazionale anticorruzione viene chiarito: “Per sopperire all’attuale carenza di medici, le Aziende sanitarie sono indotte ad aggiudicare appalti, spesso mediante procedura negoziata, alla quale partecipa un numero ridotto di operatori economici, in particolare per assicurare alcuni servizi come Guardia medica e Pronto soccorso, nonché a corrispondere compensi particolarmente elevati per ciascun turno, anche prevedendo, come criterio di scelta del contraente, quello del prezzo più basso”. Da qui la necessità di chiarezza e la richiesta di un decreto al ministero della Sanità e al ministero Economia e Finanza da parte del presidente Busia. Tra gli aspetti che suscitano maggiori perplessità spiccano l’elevato costo, l’inadeguatezza del servizio offerto, la scarsa affidabilità del servizio (si pensi alla lucidità di un medico dopo 36 ore filate di servizio), il far west dei contratti di durata breve con elusione di qualsiasi principio di programmazione e concorrenza. “L’Anac si è trovata impossibilitata a dare indicazioni perché non c’è alcun provvedimento del Ministero che ponga dei limiti, né alcuna legge o decreto che disciplini quanto sta avvenendo” si legge sul sito istituzionale. “Da una prima analisi degli affidamenti esaminati – precisa Giuseppe Busia - l’elevato costo dei servizi e la non sempre adeguata qualità degli stessi apparirebbero riconducibili anche ad una generalizzata carenza di programmazione degli affidamenti. Emergerebbero, inoltre, una stima non trasparente della base d’asta, con il rischio di sostenere costi elevati per la prestazione ricevuta; una non corretta individuazione dei fabbisogni che può portare a selezionare personale non adeguatamente qualificato per lo svolgimento di un servizio funzionale alla tutela di un interesse costituzionalmente garantito come la salute dei cittadini”.

Anac si mette a disposizione per “contribuire a individuare, eventualmente nell’ambito di un tavolo tecnico con le amministrazioni coinvolte le azioni più efficaci per il contenimento della spesa pubblica e il miglioramento della qualità dei servizi”.

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