«Quando vuoi vincere, fai cose che non vuoi fare». La giustificazione di Nicolò Barella è rivelatrice di un malcostume italiano pluridecennale sui campi di calcio. È accaduto che nel corso della partita contro il Genoa (4 marzo) il centrocampista cagliaritano dell’Inter e della Nazionale sia stato contrastato in area dal centrocampista rossoblù Frendrup al momento di scagliare il pallone verso la porta avversaria e che il nerazzurro, cadendo sul terreno, abbia rotolato più volte urlante e dolorante toccandosi la schiena con la mano. Risultato: calcio di rigore e rete del 2-0, che risulterà determinante (la partita è finita 2-1). Eppure le immagini trasmesse da tutte le televisioni, Sky in particolare, nel mostrare la dinamica dell’azione hanno mostrato che il giocatore genoano aveva toccato la palla appena calciata, che Barella non era stato colpito alla schiena e che, in definitiva, il rigore non era rigore. Con tanto di polemiche da parte di Albero Zangrillo, presidente del club ligure, secondo il quale «gli arbitri non sono aiutati, sono ingannati da calciatori che piroettano e fingono traumi inesistenti. Poi vedi che chi mima un trauma cranico ha preso una pedata nel fondo schiena figlia di un normale scontro di gioco. E non parlo solo di Barella, sono cose che capitano ogni domenica».

Pur di vincere

Analisi che ci permettiamo di definire esatta e in qualche modo confermata, se possibile, dallo stesso giocatore il giorno seguente quando ha spiegato: «Il mio intento non era simulare, ma ho sbagliato nella reazione. Quando si sbaglia si può chiedere scusa e io mi sento di chiedere scusa per quel momento». Poi quella frase: «Quando vuoi vincere» eccetera. Ecco: fare qualcosa che non si vuole fare, sapendo che è sbagliato, pur di raggiungere l’obiettivo. Ed è vero quanto ha detto Zangrillo: il caso del campione sardo non è certo unico in una Serie A dove episodi simili abbondano. Una delle cause, forse, della scarsa opinione che ha il resto d’Europa del pallone italico (raramente si vedono scene simili in Inghilterra o Germania, più frequentemente forse in Spagna).

Più furbi degli altri

Da noi sul rettangolo di gioco, e non solo, prevale l’idea che si debba essere più furbi degli altri e che ingannare l’arbitro non sia sbagliato. Dai comportamenti più trascurabili, inutili e stupidi, come piazzare il pallone pochi centimetri all’esterno della riga che delimita il corner pur di guadagnare campo (?), a quelli più inopportuni e peggiori quali tuffarsi appena si sente la mano dell’avversario addosso o al minimo contatto col difensore, possibilmente in area. È il clima che si respira ogni weekend in Serie A e nei campionati minori, perché i cattivi esempi del massimo torneo influiscono sul resto del carrozzone, e c’è da chiedersi come sia possibile che nessuno intervenga in maniera decisa per debellare un fenomeno antipatico e controproducente.

Fabio Capello, allenatore pluri vittorioso
Fabio Capello, allenatore pluri vittorioso

Fabio Capello, allenatore pluri vittorioso

La battaglia

Lo stesso Fabio Capello, signor allenatore che nella carriera ha vinto tutto quel che un tecnico di club può vincere, conduce da anni una battaglia persa contro questo malcostume, arrivando a ipotizzare che anche quel comportamento influisca nel condizionare negativamente i club italiani quando si giocano le coppe europee: le continue interruzioni spezzettano il gioco, innervosiscono gli avversari e gli arbitri (oltre che il pubblico) e rompono il ritmo di gara che così, inevitabilmente, in Serie A è più lento rispetto a quello di altri tornei quali Premier League, Liga e Bundesliga. Con tutte le conseguenze del caso, vedi le difficoltà delle italiane nel reggere la velocità delle formazioni continentali (basta guardare una qualunque partita inglese per chiedersi se si tratti dello stesso sport).

Sergio Busquets, ex di Barcellona e Nazionale spagnola (archivio)
Sergio Busquets, ex di Barcellona e Nazionale spagnola (archivio)

Sergio Busquets, ex di Barcellona e Nazionale spagnola (archivio)

Certo le cattive abitudini sono diffuse anche altrove. Che dire della sceneggiata del brasiliano Neymar nel 2018 quando, con la Nazionale, aveva dato vita a una farsa divenuta protagonista di decine di meme? O del blaugrana Busquets che, appena toccato, era stramazzato a terra millantando un grave infortunio e invece, pochi secondi dopo, era stato inquadrato da una telecamera mentre osservava, tra le dita che ne coprivano il volto, la reazione dell’arbitro? Insomma, forse tutto il mondo è paese ma certo in Italia siamo maestri in questo campo. Tuffi a ogni contatto, ripetuti rotolamenti in caso di contrasti poco più che leggeri, mani in faccia per simulare botte spesso inesistenti o trascurabili, urla dopo entrate nella norma. E le pessime proteste a ogni presunto torto subito in campo, con una folla di giocatori pronta ad accerchiare l’arbitro (per condizionarne poi i fischi successivi) e calciatori che si affrontano come fossero bulli di strada. 

I controlli

Oggi c’è il Var, che ha risolto tante grane riguardanti rigori, fuorigioco, espulsioni. Perché non utilizzarlo anche per smascherare gli imbroglioni? Obiezioni: la “macchina” consente di verificare situazioni che sono accertabili con sicurezza, mentre difficilmente può sostituire l’occhio umano (e anche la percezione del direttore di gara) nella valutazione sull’entità di un contatto e la reazione di chi subisce (o non subisce) l’eventuale fallo. È stata bocciata, per ora, anche la possibilità di introdurre il “cartellino blu” da sventolare sotto il naso di chi simula così da mandarlo fuori dal campo per un tot di minuti, una sorta di espulsione a tempo. Se ne riparlerà, chissà quando. Quindi contro chi finge si resta agli stessi metodi di sempre, cioè la decisione della terna. Con giocatori che nel tempo però sono diventati sempre più scafati e, in alcuni casi, spudorati. 

Statistiche

A restare in Italia, leggendo le statistiche relative alle ammonizioni (dato non esaustivo, a volte gli episodi sfuggono) si scopre che tra i simulatori principali tra il 2014 e il 2018 ci sono Mertens del Napoli (6 cartellini gialli), Berardi del Sassuolo, Morata della Juve e Keita del Cagliari (4). E che dire di Cuadrado, ex juventino oggi all’Inter, protagonista di carpiati eccellenti? Clamoroso in questa stagione l’episodio che ha coinvolto Faraoni, all’epoca al Verona e oggi alla Fiorentina. L’ex terzino e capitano scaligero si era gettato a terra perché sfiorato dal braccio di un avversario (il bianconero Kean) per poi alzarsi non avendo avuto la punizione a favore, osservare lo sviluppo dell’azione e gettarsi nuovamente sul prato dopo il gol degli avversari. Poco da aggiungere.

Del resto cosa si pretende da un campionato dove tanti giocatori (in Serie A) sono spesso carenti nei fondamentali (stop, cross, tiro, passaggio) ma eccellenti nel provocare gli avversari nel tentativo di ingannare il direttore di gara infiammando i tifosi?

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