I ladri di notizie e il calo delle copie
Nella crisi generalizzata della stampa si inseriscono anche comportamenti deprecabili come la diffusione illecita delle copie digitali sulle piattaforme di messaggistica istantaneaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Girano sui profili whatsapp ma anche su quelli telegram e su chissà quante altre piattaforme meno conosciute. Arrivano la mattina di buon’ora in formato pdf attraverso il servizio di messaggistica istantanea, in alcuni casi gratuitamente (pare), in altri “donando” un obolo a cadenza regolare che garantisce un abbonamento e l’accesso libero a tutti i quotidiani italiani e alle riviste più importanti. Decine di giornali, settimanali, mensili, trimestrali. A un prezzo, quando richiesto, ben inferiore a quello necessario per acquistare in edicola o per via digitale lo stesso prodotto ma in modo regolare e lecito.
Un furto
Ecco, ci sarebbe da stilare un elenco lungo paginate (di giornale, per l’appunto) per denunciare l’utilizzo deleterio che si fa di un prodotto creato con fatica (di tutti gli addetti ai lavori: giornalisti, editori, grafici, tecnici, personale amministrativo, stampatori e tante altre figure professionali) e puntualmente svilito da chi, senza alcun pudore né remora, approfitta del lavoro altrui e ruba (perché di furto si tratta) quel che l’ingegno di donne e uomini costruisce e mette sul mercato delle informazioni ogni giorno per 359 giorni all’anno.
Ma questa ipotetica lista potrebbe passare inosservata e comunque essere poco letta, se non da chi si occupa del settore, a causa del declino della carta stampata. Processo in corso da decenni e provocato da una molteplicità di cause. Su tutte l’impetuosa avanzata del digitale, che mese dopo mese conquista spazi a svantaggio del giornale cartaceo (nonostante la vendita di libri in Italia sembri invece essere in crescita), tenuto conto che l’anno scorso in media, giornalmente, sono state vendute 1,41 milioni di copie con una flessione su base annua dell’8,8 per cento; ma anche l’invasività di internet, con la nascita di centinaia di siti e blog che si occupano di giornalismo nazionale e locale e offrono il proprio prodotto nella grande (grandissima) maggioranza gratuitamente. Si clicca sull’indirizzo, si apre la pagina e si legge tutto il contenuto senza spendere un centesimo. Dunque, perché sborsare 1,5 euro per acquistare un quotidiano se è possibile scoprire quel che è accaduto nel mondo, o anche più banalmente nel condominio adiacente, usando il proprio telefonino e senza intaccare il portafogli?
Qualità a picco
Riversare qualunque argomento e qualunque notizia sul web in questo modo ha avuto un duplice effetto negativo. Ha abbassato la qualità del prodotto, perché sul cellulare o sul pc gli articoli sono più brevi (spesso solo sintesi di pezzi più esaustivi presenti sui quotidiani) e scritti, in base al sito (non certo quelli dei grandi gruppi editoriali), da non professionisti e dunque da persone spesso non in grado di cogliere il punto centrale e scrivere in modo dignitoso (del resto, è troppo facile leggere una copia dei quotidiani principali la mattina, impadronirsi delle notizie più importanti, copiarle, riscriverle e pubblicarle sulle pagine del web la gran parte delle volte senza neanche citare la fonte: accade ogni giorno in tutta Italia, Sardegna compresa); e ha abituato i lettori a fruire gratuitamente del prodotto. Consuetudine ormai complicata se non impossibile da eliminare, perché se ogni giorno si può leggere gratis, pur velocemente, le novità, non si acquisterà un quotidiano in edicola o in formato digitale.
Tutto gratis
Prassi deleteria dovuta anche probabilmente alla volontà iniziale (anni fa) di non far pagare per accedere ai siti di informazione. Il timore era che chiedere denaro facesse fuggire il lettore del sito e di conseguenza far crollare il numero di accessi e la possibilità di ottenere incassi dalla pubblicità. Col tempo quotidiani come Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Fatto Quotidiano e così via hanno cercato strade alternative, investendo sul digitale per strutturare meglio il settore, e cominciato a far pagare l’accesso a specifici articoli, approfondimenti, commenti: in alcuni casi dando la possibilità di arrivare a un tetto (per esempio, tre articoli letti e dal quarto si paga), in altri bloccando da subito l’apertura delle pagine in assenza di un abbonamento. La soluzione finale ancora non si trova, al momento l’acquisto delle copie digitali cresce ma troppo lentamente rispetto al calo delle vendite delle copie cartacee.
I ladri
In tutto questo si inserisce il fenomeno dei ladri di giornali, come di recente li ha definiti anche Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg (la Federazione italiana editori di giornali). «La pirateria delle opere dell’ingegno è un tema centrale per tutta l’industria dei contenuti editoriali», ha detto intervistato da “il Giornale”, «e incide significativamente sulla sostenibilità e sulla tenuta dell’intero settore». Cioè: la vendita complessiva delle copie è in calo e nella diminuzione incide in modo importante questo fenomeno, che interessa decine di migliaia di copie rubate ogni giorno e dunque non immesse sul mercato regolare. «Cifre spaventose», ha rimarcato Riffeser Monti, «che rendono l’idea di quanto il fenomeno contribuisca al crescente e generale impoverimento delle imprese editoriali con un rischio anche per i lettori, che in assenza di contenuti informativi di qualità saranno sempre più esposti a fake news e disinformazione on line».
In Parlamento
Le copie piratate, ha reso noto lo stesso Giornale, arrivano addirittura sui telefonini di deputati e senatori della Repubblica, che dunque (non è chiaro quanti, forse pochi o forse no) scroccano la lettura a fronte di stipendi sontuosi. E così anche ministri, avvocati, manager. Il tutto, pare, grazie alla condivisione delle password che l’acquirente originario del prodotto passa ad altre persone innescando un meccanismo perverso e una catena lunghissima impossibile da rompere. O quasi.
L’inchiesta
Alcuni anni fa una denuncia presentata dall’Unione Sarda era sfociata nell’inchiesta “Breaking news” della Polizia postale e della Procura di Cagliari che nel 2018 aveva portato due persone sul banco degli imputati per violazione dei diritti d'autore e per frode informatica. Le copie digitali pirata venivano distribuite attraverso i canali “Edicola news” e “Quotidiani & riviste net”. Gli indagati pubblicavano sui canali la prima pagina di quotidiani e riviste per attirare i potenziali clienti, servizio illegale ma gratuito, poi arrivava l’offerta: almeno un euro e mezzo («meglio 2, magari 3 o 5 per consentirci di proseguire con impegno nella fornitura dei servizi giornalieri», veniva spiegato nel canale Quotidiani & riviste net) per ottenere i file pdf dei giornali dalle 7 alle 10 del mattino. Il tutto con una donazione attraverso il sistema paypal. Solo i due “gruppi” individuati dalla Polizia postale potevano contare su circa undicimila clienti.
Centinaia gli abbonati, a loro volta passibili di conseguenze giudiziarie. «C’è un copyright e dunque si corre il rischio quasi certo di violare il diritto d’autore. Essendo le copie quasi certamente di provenienza illecita si può sconfinare anche nell’ipotesi di reato della ricettazione», aveva spiegato l’allora dirigente della Polizia postale. In una seconda fase dell’inchiesta era stata scoperta una terza persona che caricava le copie digitali de L’Unione Sarda e di altri quotidiani sulla pagina Facebook da lui gestita permettendo a migliaia di persone di scaricarle gratuitamente in cambio di un “mi piace”. Così otteneva maggiore visibilità per il proprio canale, strada utile a ottenere pubblicità o altri guadagni commerciali.
Centinaia di milioni di euro
Scoperte simili sono state fatte anche a Sassari grazie alla denuncia della Nuova Sardegna (15 persone erano finite a processo per violazione della legge sul diritto d’autore) e a Bari, dove la Procura aveva stimato in migliaia il numero di copie pirata di riviste, giornali e libri diffuse illecitamente attraverso canali Telegram con un danno all’editoria di 670 mila euro al giorno, circa 250 milioni di euro all’anno. I canali illeciti erano 19 (erano stati oscurati) e avevano 580mila utenti iscritti. Ma i titolari non erano identificabili perché la società Telegram ha sede a Dubai e non aveva comunicato la loro identità. In quel caso erano ipotizzati i reati di riciclaggio, ricettazione, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, furto e violazione della legge sul diritto d’autore. A Roma due anni fa la Guardia di Finanza ha sequestrato 545 canali Telegram utilizzati per gli stessi motivi da oltre 430mila utenti iscritti. Sono state denunciate otto persone.
Rassegne e bar
Ci sarebbero anche altri due elementi da considerare, certo meno invasivi ma comunque fastidiosi. Il primo riguarda le rassegne stampa. Ogni giorno finestre informative sui principali canali televisivi nazionali si occupano, di primo mattino, di fornire un riassunto degli avvenimenti principali accaduti in Italia e nel mondo sfogliando i quotidiani. Esercizio utile magari per spingere all’acquisto dei giornali chi fosse interessato ad approfondire uno specifico argomento; deleterio quando il conduttore di turno (giornalista o conduttore) non si limita a mostrare e riprendere i titoli, illustrandone sinteticamente il contenuto, ma si prende la briga non richiesta di leggere l’articolo nella sua interezza. Allora, la domanda è: che senso ha comprare il giornale? Incomprensibile.
E infatti qualche tempo fa il Tar del Lazio ha stabilito che gli articoli sottoposti a riproduzione riservata «non sono liberamente riproducibili nelle rassegne stampa»: decisione presa confermando quella con cui l’Agcom aveva ordinato a una società di media monitoring di rimuovere gli articoli del Sole 24 Ore dalle proprie rassegne stampa in quanto integranti una violazione del diritto d’autore. Principio ribadito successivamente dagli stessi giudici amministrativi respingendo un ulteriore ricorso di un’altra società e stabilendo che la rassegna stampa, fatta con riproduzione integrale di articoli e pagine di giornali senza l’autorizzazione del titolare del diritto esclusivo alla riproduzione, è illegittima. In quel caso venivano letti gli articoli delle società editrici Rcs Mediagroup, Editoriale Domani, L’Unione Sarda, Sesaab e Società Editrice Sud.
Il secondo elemento, certo minimo ma molto fastidioso, riguarda gli scrocconi dei bar. Locali dove non di rado si vendono quotidiani (nel tentativo di allargare il mercato) e dove puntualmente si trovano clienti che prendono la copia del quotidiano, si siedono, sfogliano il giornale pagina per pagina mentre mangiano e, dopo mezz’ora, si alzano soddisfatti e rimettono la copia al suo posto. Cioè sulla pila di giornali in vendita. Accade regolarmente (visto da chi scrive). È un furto anche questo? O è fare beneficienza?