Anche i grandi cadono nella trappola delle leggende metropolitane: è capitato recentemente al filosofo italiano più noto nel mondo, Giorgio Agamben. Lui, in un lungo articolo scritto per criticare il green pass, ha citato la vicenda dei presunti suicidi dei lemming. Una leggenda metropolitana che, in realtà, era stata già smascherata tanti anni prima. All’insaputa, evidentemente, del povero Agamben.

Ma tra gli intellettuali c’è anche chi ha dato ulteriore credibilità a una leggenda metropolitana che circolava in Europa già da tempo. Il responsabile è Roberto Saviano e la leggenda è quella della “presunta” immortalità dei cinesi. Nel suo primo libro, “Gomorra”, lo scrittore napoletano aveva raccontato che i corpi dei cinesi morti in Europa venivano stipati in container diretti verso la Cina. Dalle nostre parti, secondo il racconto di Saviano, resterebbero soltanto i documenti d’identità che, grazie alla complicità della criminalità organizzata cinese, verrebbero dati ad altri connazionali.

La leggenda metropolitana è analizzata e sviscerata da Severino Colombo, autore di un libro dal titolo magari un po’ eccessivo ma dal contenuto estremamente interessante “101 stronzate a cui abbiamo creduto tutti almeno una volta nella vita”.

Roberto Saviano, si diceva, ha avuto la colpa di dare ulteriore credibilità a una fake news che girava già da tempo: negli anni ’80 la sinologa Marie Holzman scrisse il saggio “Asia a Parigi” e, notando il basso tasso di mortalità della popolazione arrivata dall’estremo oriente, ironizzò sul fatto che i cinesi avessero scoperto il segreto della vita eterna. In realtà, la stessa studiosa francese ipotizzò il passaggio di documenti. Un sospetto che superò i confini francesi e cominciò a circolare anche in Germania, Belgio e Olanda.

Quelle voci arrivarono anche in Italia. Soltanto che, in questo caso, qualcuno si prese la briga di andare a dare un’occhiata ai documenti. E, in effetti, controllando i registri anagrafici di Torino, Milano e Roma saltò fuori che il numero di decessi tra le persone provenienti dalla Cina era estremamente basso. Legittimi, dunque, i sospetti? In realtà, la ragione è molto più semplice: l’età media dei cinesi residente in Europa è decisamente bassa: a Parigi, per esempio, il 71 per cento dei cinesi ha meno di 35 anni, il tre cento oltre i 65 anni. Dati simili anche a Roma dove gli over 55 erano, nel 2005, il sei per cento.

A supportare questa interpretazione i dati sull’evoluzione demografica delle comunità straniere residenti a Milano tra il 1997 e il 2001: il tasso di mortalità tra i cinesi è, più o meno, uguale a quello registrato nelle comunità filippine ed egiziane. La conferma arriva anche dalla Caritas per la quale gli stranieri regolari in Italia erano, nel 2009, il 7,2 per cento della popolazione, un dato che sale intorno al dieci se si considerano anche le persone prive di permesso di soggiorno. Ebbene, l’età media di questi immigrati di 33 anni (e, certamente, sarebbe anche più basso se si potessero conteggiare anche gli irregolari). Difficilmente ipotizzabile che una popolazione tanto giovane possa avere un alto tasso di mortalità.

Normalmente, tanti cinesi, dopo una vita di lavoro in Occidente, scelgono di trascorrere la loro vecchiaia a casa propria. Proprio quello che ha fatto anche l’orientale considerato il padre della Chinatown cagliaritana, Kanghsiastu. Arrivato in città, all’inizio degli anni ’20 del secolo scorso, decise di tornare in Cina qualche anno più tardi. Solo che, nel frattempo, il paese orientale era attraversato da una tante guerre civili di quel periodo. E lui, per mettere al sicuro i propri figli, contattò gli amici cagliaritani e li fece arrivare nell’Isola.

A smentire la leggenda metropolitana anche una tragico episodio accaduto proprio a Cagliari nell’estate di quattro anni: una ventiquattrenne cinese, giunta in città per trascorrere qualche giorno di vacanza, è morta mentre faceva il bagno nella spiaggia di Calamosca. Un episodio balzato agli onori della cronaca anche per un’altra ragione: la madre della giovane, dopo aver attraversato mezzo mondo per raggiungere la figlia, ha dato il suo benestare all’espianto degli organi.

Quella dei cinesi che non muoiono è una leggenda metropolitana che pian piano è destinata a sparire anche grazie alla tecnologia: lo stesso governo cinese sta promuovendo i funerali online. In pratica, sta spingendo perché le cerimonie funebri vengano filmate in modo che anche i parenti nella madrepatria possano abbracciare, almeno virtualmente, il caro defunto.

© Riproduzione riservata