Carburanti alle stelle, rincari che volano e consumatori sempre più poveri. Le associazioni dei consumatori sollecitano indagini della Procura (quella di Cagliari ha già aperto un fascicolo), il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani grida alla speculazione ma i rincari non si fermano. E il prezzo del gasolio supera quello della benzina, fenomeno mai registrato fino ad ora nel nostro Paese.

Quali sono le ragioni che hanno fatto schizzare il costo del diesel alle stelle superando anche quello della “verde”? Spiegarlo non è semplicissimo, mentre ormai è facile vedere i cartelli dei distributori di carburanti dove i due prezzi sono appaiati e in molti casi quello del diesel supera il costo della benzina.

L’analisi

Negli anni passati, soprattutto tra il Novanta e il Duemila, c’è stata una vera e propria esplosione di acquisti di auto a gasolio per i consumi più bassi, i costi del diesel inferiori e una maggiore resistenza dei motori. Ebbene. Ora, il fenomeno si sta invertendo. Partiamo da un dato incontrovertibile: l’aumento del prezzo del greggio, arrivato alle quotazioni record domenica scorsa di 139 dollari al barile, vicino agli oltre 147 che furono toccati nel 2008. Ieri (15 marzo) tuttavia, il prezzo è sceso sotto i cento dollari, anche se prima che questi effetti si vedano al distributore di carburante ci vorrà un po’ di tempo.

Nonostante il prezzo che si forma in Borsa, in sostanza, rifletta le contrattazioni sulle consegne future del greggio, i prezzi di mercato scontano immediatamente le differenze, schizzando al rialzo e scendendo però lentamente. Anomalie del mercato che fanno appunto gridare alla speculazione sia gli esponenti del Governo che i consumatori. Da qui l’immediato aumento del prezzo che colloca comunque l’Italia tra i venti Paesi del mondo in cui i costi al distributore sono più alti.

I rialzi

Partendo dunque dall’aumento dei prezzi del petrolio, il gasolio ha finito per crescere più della benzina. Secondo un’analisi di Facile.it, oggi il costo del diesel è più alto di circa il 60% rispetto a febbraio 2021, mentre l’aumento della “verde” è stato del 46%.

Se si vogliono analizzare le ragioni specifiche di questo disallineamento, bisogna tenere presenti alcuni fattori: a iniziare dalla maggiore diffusione delle auto a gasolio in tutta Europa, che ha ridotto nel vecchio continente la capacità di raffinazione del diesel, acquistato dunque da oltre confine, mentre l’Europa ad esempio esporta benzina negli Stati Uniti dove il Gasolio quasi non esiste (è un’estremizzazione che però spiega il fenomeno).

Una buona fetta del gasolio che viene importato in Europa e anche in Italia arriva, neanche a dirlo, dalla Russia, come rilevano gli esperti di S&PGlobal Commodity Insight, società specializzata nell’analisi del settore. Il resto proviene da Usa, Medio Oriente e India. La riduzione delle transazioni con la Russia, anche se non riguardano per ora gas e petrolio, ha chiaramente inciso sul gasolio. Non solo. Altri esperti, per esempio quelli di Quotidiano Energia, mettono l’accento sul fatto che i volumi siano nettamente superiori a quelli della benzina, vuoi perché oggi anche i mezzi militari russi e ucraini impegnati in guerra (così come i mezzi militari della maggior parte degli eserciti di tutto il mondo) hanno motori diesel, sia perché il gasolio è largamente utilizzato anche per macchine agricole e usi industriali. La richiesta dunque è nettamente superiore a quella della benzina e questo ha fatto schizzare il prezzo verso l’alto di qualche punto percentuale oltre quello della “verde”.

Il fattore fiscale

Pur pesando meno sul costo del gasolio, rispetto alla benzina, la parte fiscale ha finito per penalizzare nelle ultime settimane il costo del diesel. Per fare un esempio concreto, secondo un report di Nomisma Energia, sul prezzo di 2,20 centesimi rilevato il 14 marzio per la benzina, circa il 40% (0,748 euro) riguarda il costo industriale (a cui vanno aggiunti 17 centesimi di Margine lordo medio), ossia quanto bisogna sborsare per ottenere un litro di “verde”. A questo prezzo iniziale va poi aggiunto il peso delle accise (dove si trovano voci che rimandano al finanziamento della guerra in Abissinia, catastrofi e terremoti vari) e poi su tutto (prezzo netto più accise) va poi calcolato il peso dell’Iva, che è al 22%. Con questo sistema, dunque, gli aumenti finiscono, grazie all’Iva, a pesare in maniera progressiva sul costo finale, portando il valore complessivo di quanto va al fisco su un litro di carburante oltre il 55%. In sostanza, le accise, su un litro di benzina si portano via quasi 73 centesimi, mentre l’Iva finisce per pesare 36 centesimi. Sommando tutte queste voci, il prezzo della “Verde”, dovrebbe essere di 2,016 euro, e invece oggi viene venduta a 2,206. Ballano dunque venti centesimi di speculazione, secondo gli esperti di Nomisma, che diventano oltre 23 per quanto riguarda il gasolio (sul quale pesa un costo maggiore del costo di produzione che arriva a 83 centesimi per litro, quasi il 42% del prezzo finale).

Ecco perché da più parti oggi viene chiesta la sterilizzazione dell’Iva. Se non ci fosse questa voce e se si eliminassero le accise, per un litro di benzina e gasolio si spenderebbe meno di un euro. E l’Italia non è neanche il Paese che sta peggio in Europa.

Insomma, tra speculazioni e fisco, alla fine sono i consumatori a essere particolarmente penalizzati come sempre. Ora due volte, visto che le proteste degli autotrasportatori limitano anche la spesa.

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