Fu una decisione corretta quella dell’allora sindaco Emilio Floris: insieme alla commissione comunale toponomastica, decise di ricordare un personaggio che, certamente, non meritava di essere destinato all’oblio, Gaetano Orrù. Carneade, chi è costui?, potrebbero chiedere tanti cagliaritani. E un cittadino che merita di essere ricordato. Per tante ragioni. Per il fatto, in primo luogo, che è stato un insigne giurista, un esperto di diritto internazionale apprezzato a livello nazionale (i suoi studi, nonostante siano vecchi di circa centocinquanta anni, sono ancora conservati, per esempio, nella biblioteca della facoltà di Giurisprudenza di Torino). Non a caso, nel 1888 divenne anche rettore dell’ateneo cagliaritano.

Uno dei tanti studiosi illustri passati a queste latitudini, verrebbe da dire. Ma Orrù ebbe un ruolo fondamentale anche nella vita politica cittadina. Fu sindaco per due volte, dal 1880 al 1882, e nel 1889, anno in cui sostituito dallo storico sindaco cagliaritano Ottone Bacaredda, al suo primo mandato.

Giusta, dunque, la decisione presa da Floris nel 2005 di intitolargli uno spazio cittadino. Ma il grosso errore fu fatto nella scelta del luogo. Fu deciso che “piazza Gaetano Orrù” sarebbe stato lo slargo appena rimesso a posto tra via XXIV maggio e via San Domenico. Una decisione che non piacque minimamente a chi abita in quella parte di Villanova. «Il giorno dell’inaugurazione», racconta Ignazio Zedda, lo storico bottegaio della piazza, «il sindaco insieme ad altri amministratori scoprì, nel lato verso via XXIV maggio la targa». Che, a dire il vero, durò decisamente poco. «Pochi giorni più tardi», riprende il commerciante, «quella lastra di marmo, distrutta, giaceva in terra».

Un rottura accidentale, il gesto casuale di qualche teppista di passaggio? Qualche giorno più tardi, la targa fu nuovamente riposizionata. Durò poche ore. E lo stesso destino fu riservato anche a una terza lastra di marmo. A quel punto gli amministratori si rassegnarono: piazza Gaetano Orrù rimase ovviamente nel viario ufficiale del Comune. E, da lì, è transitata anche nelle mappe dei navigatori satellitari. Ma sono pochi i cagliaritani che conoscono il vero nome di quella piazza.

Resta da capire la ragione per la quale gli abitanti di Villanova abbiano “dichiarato guerra” a Orrù. In realtà, quasi certamente sono pochi, pochissimi i residenti che sanno chi è stato quel personaggio. Nessuna questione personale, dunque. Il fatto è che gli abitanti di Villanova sono legati, in maniera quasi viscerale, alla tradizione: basti pensare che in tanti non chiamano il quartiere con il nome che tutti conoscono ma preferiscono la vecchissima denominazione, “Santu Anni” (San Giovanni). Quello slargo, dunque, che si affaccia sull’ingresso del chiostro di San Domenico non poteva essere intitolato a un personaggio qualunque, per quanto eccellente.

Così, gli è rimasta appiccicata la vecchia denominazione di piazza San Domenico. Un nome “sbagliato”, va detto, dal momento che la “vera” piazza San Domenico è qualche decina di metri più avanti, proprio davanti all’ingresso principale della chiesa. Eppure quello slargo, diventato ormai un punto di ritrovo di tanti cagliaritani, ormai è universalmente noto con quel nome. Giusto, sbagliato? Di certo, dedicarlo a un personaggio illustre per nulla legato al quartiere non aveva molto senso. A sostenerlo è anche chi, una ventina d’anni, ha lavorato direttamente alla realizzazione di quella piazza. «Storicamente», aveva raccontato Antonello Cadinu, l’ingegnere che si è occupato di quell’intervento, in un’intervista rilasciata a L’Unione Sarda, «non esistevano né via XXIV maggio né vico Garibaldi: lì, c'erano le mura, si entrava a Villanova solo attraverso portico Romero. E quella piazza sembra guardare proprio verso la chiesa di San Domenico. Ho molti dubbi anche io su quell'intitolazione».

Resta, così, la delusione dei discendenti di quel giurista ed ex sindaco di Cagliari. Tra questi il prefetto Efisio Orrù e la docente universitaria Fernanda Velluzzi. «Capisco», aveva detto qualche tempo fa, «le perplessità del quartiere su quell'intitolazione. Ma, se la città ha deciso che il mio trisnonno meritava un riconoscimento, forse è il caso di trovare una soluzione».

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