In un mondo in cui una Fiat Panda costa quasi 15mila euro forse ci meritiamo l’invasione di auto cinesi a prezzi stracciati. La pancia dell’italiano medio forse la pensa così, innamorato da sempre delle quattro ruote, ma oggi più che mai costretto a tirare la cinghia a causa dell’inflazione al galoppo, così veloce da aver ormai distanziato gli stipendi medi delle famiglie.

I conti d’altronde sono presto che fatti: nel 2024 lo stipendio medio di un operaio va di poco oltre i 1.500 euro al mese. Trenta giorni nei quali bisogna principalmente pagare mutuo o affitto, bollette (ormai quasi stabilmente dagli importi a tre cifre), alimentari e ovviamente carburante.

Come può starci quindi anche la rata dell’auto? Da saldare per anni e a cui aggiungere l’anticipo e la tanto temuta maxi rata finale. Insomma, un salasso. Per tutti. Non solo per le famiglie dai redditi più bassi. 

Imperdibile

Ed ecco perché alla tentazione cinese hanno ceduto in tanti, tantissimi. D’altronde un moderno suv superaccessoriato lo si può portare a casa anche con meno di 17mila euro, circa la metà di un’omologa vettura concorrente europea. 

E poco importa che i listini d’occasione siano frutto di condizioni salariali non proprio idilliache negli stabilimenti del gigante asiatico. Né dell’imponente mole di incentivi statali che ha reso i veicoli di Pechino ancor più vantaggiosi, innescando tuttavia una concorrenza sleale insostenibile per il resto del mondo. La cosa più importante è mettersi finalmente al volante, dopo anni di tante rinunce, di un mezzo tanto bello quanto accessibile a tutte le tasche.

Effetti collaterali

Viene comunque spontaneo chiedersi: la penseremo allo stesso modo fra qualche anno? Quando i modelli cinesi a basso costo sottrarranno sempre più fette di mercato a quelli prodotti in Europa. Saremo sempre contenti di guidare l’ultimo lussuosissimo modello made in Pechino nel momento in cui le fabbriche italiane della Fiat lasceranno uscire l’ultima vettura prima di chiudere definitivamente portando con sé decine di migliaia di disoccupati?

La sfera di cristallo non ce l’ha nessuno, ma tanti manager della case automobilistiche del Vecchio Continente hanno già intravisto un bivio storico nel mercato delle auto. E imboccare lo svincolo sbagliato si tradurrebbe in un disastro.

Ecco spiegato alcune sorprendenti alleanze. L’ultima delle quali siglata tra Stellantis e Leapmotor, casa automobilistica cinese, fondata meno di nove anni fa a Hangzhou: a partire da settembre 2024 in Europa saranno commercializzati due modelli elettrici e ibridi del marchio cinese convinto di poter far concorrenza alle berline di Tesla.

Strategia

Lo stupore dei non addetti ai lavori è prevedibile. Come è possibile che il gruppo Fiat spalanchi le porte all’invasione del gigante asiatico? Non rischia di essere inghiottito come un topolino davanti alla tigre cinese?

In realtà il topolino prende tempo e cerca di sopravvivere. Come? Sapendo che in un anno in Cina si acquistano 25 milioni di vetture, poco meno della metà delle quali sono proprio straniere. Rimane quindi evidente la potenzialità di un mercato in crescita per marchi che grazie alla loro storia secolare riscuotono grande successo in Asia. E allora meglio mantenere cordiali rapporti commerciali ora che i danni sono contenuti piuttosto che vedersi precluso un mercato dai numeri inarrivabili per l’Europa.

Il problema è capire fino a quanto durerà questa delicatissima partita a scacchi. Perché, in fin dei conti, l’epilogo è già scritto se i costruttori occidentali non cambieranno rotta: potremo contrastare l’invasione cinese solo imponendo dazi sulle importazioni a cui, dall’altra parte della barricata, risponderanno con la stessa medicina per i modelli prodotti oltre confine.

Un muro contro muro che non farà prigionieri e che forse l’Europa potrebbero risolvere alla vecchia maniera: aumentando come prima cosa l’innovazione dei propri mezzi, per potersela così giocare ad armi pari con le concorrenti cinesi, ormai all’avanguardia nella tecnologia elettrica; ma soprattutto avviando un aumento dei salari tale da rendere modelli che ora hanno prezzi folli alla portata di tutte le tasche. Perché se una utilitaria continuerà a costare 20mila euro un insegnante italiano che oggi guadagna in media 1.400 euro al mese metterà da parte senza pensarci due volte lo spirito europeista per cadere nelle braccia (e nell’abitacolo) dei cinesi.

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