La libertà di espressione soffoca la verità. L’ennesimo paradosso è servito in questa epoca in cui il Covid sembra aver messo a soqquadro l’esistenza umana. In cui i social network hanno ormai dato voce a tutti, permettendo di condividere senza censura qualsiasi opinione. Giusta o sbagliata che sia. E se queste voci ogni giorno sul web si sovrappongono a milioni, miliardi, ecco che comprendere la ragione o il torto diventa quasi impossibile.

Pericoli

Gli esperti la chiamano “Infodemia”, ovvero “la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili”.

E l’epidemia da Coronavirus è stata purtroppo l’occasione perfetta per capire che in un oceano dell’informazione così caotico a sguazzare impunite sono soprattutto le fake news, diffuse da chi, per ignoranza o dolo, è riuscito a manipolare le menti più fragili, suscettibili e meno capaci di orientarsi, rallentando non di poco i tentativi di mettere al sicuro la popolazione dal propagarsi del virus.

Il triste bilancio di un “biennio pazzo“ lo ha fatto il rapporto redatto da Censis-Ital communications, secondo cui in Italia l’83,4% italiani si è imbattuto in fake news su pandemia e 66,1% su guerra russo-ucraina.

«La tanta informazione di questi mesi si è accompagnata a false notizie e disinformazione – hanno spiegato gli autori dell’indagine –, il 57,7% degli italiani lamenta di avere un'idea molto o abbastanza confusa di quello che sta succedendo nella guerra tra Russia e Ucraina. L'83,4% dichiara che negli ultimi due anni si è imbattuto in notizie false sulla pandemia e il 66,1% in fake news sulla guerra. Il pubblico delle fake è enorme e la loro viralità supera quella delle notizie vere».

Nemico numero uno

Sì, a rendere il tutto ancora più triste è la rassegnazione nel vedere che la menzogna desta più interesse della verità. Perché spesso è condita da intrighi, misteri, complotti che la rendono tanto irreale quanto intrigante. Vi ricordate il pipistrello infetto fuggito dai laboratori cinesi di Wuhan? O il maxi piano oganizzato dai “poteri occulti” per iniettare microchip nel corpo di miliardi di persone sfruttando la campagna vaccinale? Per poi mettere tutto in rete grazie alla tecnologia 5G? Una fesseria da primato che ha comunque spinto milioni di persone a vedere con diffidenza la sanità pubblica, o per lo meno, a mettere un tarlo nella mente di chi non è riuscito a distinguere le fonti affidabili da quelle improvvisate.

Fonti affidabili?

Ma a ingarbugliare la matassa ha anche contribuito il ruolo ambiguo dei media: secondo il rapporto Censis, infatti «il 64,2% degli italiani ritiene che durante l'emergenza sia stata privilegiata la spettacolarizzazione e la voglia di fare audience piuttosto che un'informazione tesa alla comprensione dei problemi. Di fronte alla confusione informativa il 45,5% degli italiani si rivolge a fonti informali di cui si fida di più, ma è in questi ambienti che si producono e diffondono notizie false attraverso post, like e condivisioni. Tra le persone di cui gli italiani si fidano, anche come fonti informative, ci sono gli influencer: il 38,1% segue le loro opinioni e analisi sulla guerra».

Eppure, la popolazione non ha di certo l’interesse a vivere nell’ignoranza. Anzi, la ricerca ha evidenziato «come il susseguirsi di emergenze imprevedibili generi una domanda di informazione dalla quale nessuno è escluso». Secondo i dati, infatti, il 97,3% degli italiani nell'ultimo anno ha cercato notizie su tutte le fonti disponibili, off e online. «In particolare, 41 milioni di italiani si sono informati sui media tradizionali. Nel biennio 2019-2021 gli utenti del web sono aumentati di 4,2 punti percentuali e sono l'83,5% della popolazione. Milioni di persone hanno poi utilizzato social media e messaggistica istantanea, diventando essi stessi protagonisti e moltiplicatori di quello che leggevano e ascoltavano. Sono oltre 7 milioni gli italiani che hanno costruito un palinsesto informativo fatto solo di media online, siti web e social media”.

Soluzioni

La comunicazione ha dunque un ruolo fondamentale nella rappresentazione della realtà e i professionisti del settore sono essenziali per ridurre il rischio di fake news. «Per frenare disinformazione occorre dunque attuare regole più severe per piattaforme e social media, programmi di educazione al digitale e promozione di una comunicazione di qualità gestita da professionisti. Le emergenze insegnano che la capacità di comunicare è essenziale per gestire le crisi e ottenere un rapporto di collaborazione e di fiducia fra cittadini e istituzioni».

Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, conferma: «Con il Covid prima e con la guerra poi, web e social sono entrati a pieno titolo all'interno dell'ecosistema dell'informazione, e ci resteranno anche nel futuro. I professionisti dell'informazione devono prenderne atto e cercare i modi per influenzare positivamente il web che è e deve rimanere uno strumento di libertà e di democratizzazione».

Gli fa eco Attilio Lombardi, founder di Ital Communications: «In tale contesto le agenzie di comunicazione possono certificare, utilizzando fonti affidabili e verificate, la correttezza delle notizie che producono e distribuiscono. Tutto ciò è una garanzia per il funzionamento delle moderne democrazie, oltre che per la tutela della dignità delle persone».

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