L’uccisione di una donna non sempre è un femminicidio. Questo è chiaro. Se durante una rapina in banca viene assassinata una cliente o un’impiegata non si tratta certamente di un delitto di genere. E non entra in vigore il Codice Rosso con le sue aggravanti.

Ma neanche l’uccisione di una donna da parte del marito o del partner o dell’ex è per di per sé un femminicidio (nonostante la quasi totalità si inserisca in questa casistica): potrebbero esserci circostanze tali da escluderlo. Ed è il caso segnalato dalla Corte d’assise di Cagliari che  – su iniziativa del pubblico ministero, subito condivisa dall’avvocato difensore dell’imputato -  ha ritenuto di dover sospendere il processo a un uomo accusato di aver accoltellato a morte la moglie e di investire la Corte costituzionale sulla legittimità del Codice Rosso nella parte in cui non prevede la possibilità che le circostanze attenuanti – come la provocazione - possano essere considerate prevalenti rispetto all’aggravante del delitto di omicidio volontario commesso contro il coniuge.

La Consulta si pronuncerà a breve.

I fatti sono questi. Un uomo è accusato di aver assassinato a Quartucciu, un Comune in provincia di Cagliari, la moglie, affetta da una malattia psichiatrica. Il delitto sarebbe maturato al culmine di un accesso d’ira. Non era una novità: aggressioni e stati di collera della donna si erano susseguiti nel corso del tempo. Nonostante tutto, però, l’uomo non aveva mai abbandonato la moglie, anzi: l’aveva protetta anche da azioni autolesionistiche. Il che è successo pure il giorno dell’omicidio: il marito era in casa con la moglie, la figlia e i nipotini erano andati via, e lui si era attivato affinché la consorte non mettesse in atto azioni nocive per la propria salute.

Per questo motivo il pubblico ministero, la difesa e anche la Corte d’assise di Cagliari hanno ritenuto che questo delitto non sia ascrivibile tra quelli di genere ma si tratti piuttosto del finale di una tragica storia familiare. In questo contesto l’attenuante della provocazione andrebbe valutata come prevalente sull’aggravante dell’omicidio compiuto dal coniuge. Il problema è che il Codice Rosso non prevede questa distinzione: se il marito uccide la moglie il presupposto è che sia sempre una questione di genere. Quindi la norma, introdotta con la legge numero 60 del 19 luglio 2019, violerebbe la Costituzione agli articoli 3, sul principio di uguaglianza,  e 27, che individua invece la ragionevolezza della sanzione penale in funzione dell’offensività della condotta accertata.

Nel rimettere gli atti del processo alla Consulta la Corte d’assise di Cagliari sottolinea come «il Codice Rosso abbia apportato incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di natura processuale. Tra quelle sostanziali va annoverata la norma che, attraverso una tecnica legislativa che nel tempo ha avuto sempre più estesa applicazione, preclude un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti qualora si sia in presenza delle ipotesi aggravanti, in particolare, per quanto qui interessa, quella legata al rapporto di coniugio tra l’autore del delitto e la vittima (…).  Una volta puntualizzato, come nel caso di specie, che l’azione omicidiaria risulta certamente attenuata dalla provocazione, e come questa circostanza attenuante, in assenza della limitazione normativa al giudizio di bilanciamento, dovrebbe essere valutata prevalente rispetto all’aggravante del rapporto di coniugio, l’irragionevolezza della preclusione, e la correlata violazione dei principi tratti dagli articoli 3 e 27 della Costituzione, si trae anzitutto dal panorama socio-culturale nel cui ambito è stata introdotta la disposizione e quindi la sua ratio (…). Tutta la legislazione in materia di femminicidio è finalizzata a rendere effettiva la prevenzione e la protezione nell’ambito della violenza contro le donne, nel perimetro tracciato dalla Convenzione di Istanbul, nel preambolo della quale si legge che tale violenza “è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione”. Tale fenomeno è basato sul genere. “La violenza contro le donne è uno dei meccanismi strutturali sociali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”. Nondimeno è fondamentale distinguere tra uccisioni di donne e femminicidi. I motivi di genere sono determinanti nell’inquadramento del femminicidio (…). Il Codice Rosso è stato concepito in un contesto di certo idoneo a determinare un allarme sociale di notevoli proporzioni anche a causa dell’inadeguatezza delle misure di prevenzione e di assistenza domiciliare. Le misure di prevenzione hanno così subito un inasprimento della risposta sanzionatoria». Il che, sottolineano i giudici cagliaritani, era già avvenuto per l’articolo 630 del Codice penale sul sequestro di persona a scopo di estorsione. «Ebbene, è necessario chiedersi se l’articolo del Codice Rosso che esclude il bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti non sia stato frutto di una risposta sanzionatoria che, come già avvenuto per l’articolo 630 C. P., rischia di coinvolgere fenomeni di portata assai diversa (...). Poiché i rapporti contemplati dall’aggravante in esame (il vincolo di coniugio) sono oggettivamente incontestabili, è necessario accertare se, nel caso concreto, l’omicidio sia stato manifestazione di rapporti di forza diseguali tra uomo e donna (…). Ebbene, in questo contesto l’attenuante della provocazione è slegata rispetto allo squilibrio dei rapporti interpersonali che il Codice Rosso intende tutelare (…) In conclusione, la norma appare in contrasto con i principi di eguaglianza e proporzionalità della sanzione penale e, sotto quest’ultimo aspetto, la pena che, influenzata dal divieto di prevalenza della provocazione, andrebbe irrogata all’imputato non assolverebbe né a una funzione rieducativa del colpevole né a quella speciale preventiva dal momento che gli conferirebbe, per effetto del rapporto di coniugio, una pericolosità sociale sproporzionata rispetto all’effettiva dinamica della condotta omicidiaria e dello stato di indicibile sofferenza in cui è maturata».

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