Nell’anno del Signore 1978 accadde qualcosa di molto simile a un miracolo, della cui bellezza possiamo ancora meravigliarci. La Premiata Forneria Marconi e Fabrizio De André realizzarono un tour, a cui seguì un album dal vivo che segnò la storia della musica italiana. Le canzoni di De Andrè, bellissime, oscure, splendenti, presero vita, forma e riflessi grazie a un manipolo di incredibili musicisti. Nei giorni scorsi presentando il loro album live "Pfm canta De André Anniversary", arrivato nel 2023/2024 a 45 anni di distanza dal tour e in concomitanza con l'85esimo anniversario della nascita di Fabrizio De André, 18 febbraio 1940, Franz Di Cioccio e compagni hanno rivelato diversi “segreti” di quel tempo Buontempo. Il prog-rock italiano, l’unico momento in cui ci invidiarono anche da oltre oceano, incontra il principe. Patrick Djivas, immenso bassista, presentando il progetto alla stampa, ricorda: "Il nostro fu un rapporto molto, molto intenso perché De André era una persona intensa e non scherziamo neppure noi. Il risultato fu un rapporto passionale con litigate furiose e forti abbracci intensi". In quel tempo Bob Dylan era diventato elettrico e qualcosa negli States si muoveva. I ragazzi del prog riuscirono a intuire la giusta direzione.

"Ci incontrammo condividendo la volontà di fare qualcosa di relativamente nuovo, non del tutto perché Bob Dylan era diventato elettronico e aveva aperto le porte a tanti artisti nel mondo". L’idea, come normale che sia, nacque in Sardegna. De Andrè andò a veder la Pfm e poi li invitò a pranzo. “Lui aveva lasciato la musica, faceva il contadino ed era felice così. Noi eravamo in grande forma, dopo un'esperienza in America. Durante la giornata Fabrizio scherzò: l'unica cosa che mi farebbe pensare di tornare a fare un concerto, sarebbe avere una band come voi. Era una battuta più che un invito. Noi lo prendemmo sul serio. Fu un progetto in cui tutto si incastrò alla perfezione, niente si mise di traverso".

Non fu tutto rose e fiori, perché i pareri contrari furono molti. "Amici, parenti, case discografiche: tutti lo sconsigliavano. Ma lui era un bastian contrario. E poi c'era Bob Dylan...".

Il primo segreto rivelato nella preparazione di questo capolavoro su la divisione del lavoro, ma non per motivi concettuali. L'ok arrivò, ma per preparare il tour c'era poco tempo. Questo divenne una delle chiavi di quel disco che fu molto vario: si capiva chi aveva il brano in mano, perché ognuno di noi mise in evidenza il suo strumento", ricostruisce il musicista che racconta anche come si comportarono per non mettere De André in difficoltà, "lui era un solista, che suonava per i fatti suoi, avrebbe potuto avere problemi ad andare a tempo con gli altri". La soluzione era semplice. A De Andrè lasciavano nelle casse spia sul palco solo la sua chitarra e la sua voce. Non quella degli altri. 

Un sodalizio che, naturalmente, fu osteggiato all'inizio dai rispettivi fan ("ci consideravano dei traditori"), cosa che accadeva spesso in un periodo in cui tutto veniva assorbito e confuso dalla politica, ma che poi si rivelò in tutta la sua potenza.

L’intoppò arrivò e non fu certo da poco. Fabrizio nel 1979 venne rapito. Quel che sarebbe potuto accadere è noto. In programma ci sarebbe stato anche un disco in studio, ma la prigionia interruppe tutto e quando fu liberato la Pfm era impegnata in America. “Però da quell'esperienza con la band – spiega ha spiegato Djivas all’Ansa - Fabrizio capì che aveva un bellissimo tavolino a disposizione con due piedi, i testi e la voce: mancava il terzo per stabilizzarlo che era la musica. Dopo andò avanti in quella direzione". E da quell’intuizione arrivarono tanti bellissimi dischi dal vivo anche per De Andrè, con il marchio Pfm sopra. Arrangiamenti mai invecchiati. 

Da più di 50 anni sotto i riflettori, la forza della Pfm è soprattutto nei live (che riprenderanno ad aprile con Doppia Traccia, metà show dedicato alla Pfm, metà a De André). "Sul palco siamo sempre stati molto liberi, senza limitazioni. Non abbiamo mai usato il computer, i live di oggi lo sono per modo di dire. Per non parlare dell'autotune: sono almeno 10 anni che viene utilizzato anche dal vivo». 

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