«Così è nato Stuart Arrodù, il centravanti impossibile»
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C’è una squadra che ha conquistato l’alta classifica, «siamo al secondo-terzo posto», in un non meglio precisato campionato di calcio regionale, a suon di risultati. Per lo più vittorie, «quasi sempre a tavolino per via di avversari che non riescono ad arrivare al campo» a causa dei più disparati motivi, capace di dare il meglio «quando il campo è di fatto impraticabile, allagato come accade spesso a ogni pioggia in quel di Pirri», ma anche di clamorosi rovesci, come le sconfitte per 28 a zero.
Incidenti di percorso per chi può permettersi di avere in difesa giocatori arcigni come Efisio, «quando non è in carcere» e un centravanti come Stuart Arrodù, implacabile almeno quando arriva al campo puntuale, cioè quando «non perdo il pullman o metto la sveglia». Squadra immaginaria, un Pirri creato dalla fantasia di un comico vero, Matteo Siddi, 41 anni, di Quartu, attore e cantante, volto ormai noto nel panorama artistico non soltanto cagliaritano. E’ lui il Gesù di Cagliari che fa il pienone nei teatri e spopola sul web con i filmati dell’Ufficio miracoli, con i quali ironizza su chi si rivolge al Padre Eterno solo quando è in difficoltà «e magari non è neanche credente».
E ogni lunedì gli appassionati aspettano le interviste impossibili rilasciate proprio da Stuart Arrodù su Instagram e Facebook. Un boom di “mi piace” e visualizzazioni.
Come è nato questo personaggio di Stuart Arrodù?
«Dalla mia enorme passione per il calcio. Seguo tutto, partite, pre partite, dopo partite con le interviste nelle quali ormai i giocatori recitano a soggetto proprio come se fossero attori, un copione scritto dalla società, frasi fatte e banalità assortite. Ecco, Stuart è la controfigura dei professionisti, il suo racconto delle partite del Pirri è surreale ma poi alla fine non è poi così diverso per certi versi da quello che ascoltiamo in televisione».
Stuart Arrodù è il capitano, il bomber, in pratica tutto il Pirri.
«Ho voluto creare il personaggio di un calciatore un po’ spaccone, per certi versi alla Ibrahimovic, che sopravvaluta un tantino se stesso, che quando segna lui va bene anche se la squadra perde, se non segna ma la squadra vince ugualmente la domenica non è perfetta. Se guardiamo bene ce ne sono tanti anche nella realtà di personaggi di questo tipo di caratura nazionale».
E poi Efisio, il marcatore che minaccia e picchia gli avversari.
«Tanto non c’è il Var nel campionato del mio Pirri immaginario… In questo caso ho preso spunto da personaggi di questo tipo che calcano davvero i campi di periferia o dei tornei amatori, difensori che a ogni contrasto prendono più le gambe degli avversari che il pallone, e tutti cercano di stargli alla larga».
Perché il Pirri?
«Nei miei spettacoli teatrali c’è sempre qualche battuta su Pirri come realtà figlia di un Dio minore rispetto a Cagliari».
Lei è un attore cantante che vive della sua arte, uno dei pochi in Sardegna.
«In realtà di sto provando, è il mio obiettivo ma non l’ho ancora raggiunto. Insegno recitazione e canto, con la musica ho cominciato prestissimo, a 15 anni da autodidatta, all’inizio solo metal e rock, ora canto di tutto perché mi piace, anche il canto armonizzato con mia moglie. Il mio primo spettacolo di un certo livello è stato Jesus Christ Superstar. Adesso lavoro in una compagnia teatrale, “Talenti stravaganti”, e stiamo portando avanti diversi progetti artistici. Ma si può dire che ho cominciato da bambino: in classe ero il buffone».
Il Gesù di Cagliari a teatro ha fatto il tutto esaurito per giorni.
«E’ un personaggio ragionato, che prende il giro non Gesù o Dio, ma chi si si avvicina a loro solo in certi momenti, anche i non credenti, magari per non farsi mettere la multa dopo aver lasciato l’auto in sosta vietata o avere i numeri giusti al lotto».
Il nuovo spettacolo?
«Si intitola “Questo so fare”. L’obiettivo, il traguardo che ci siamo fissati, è quello di uscire dalla città, anche dalla Regione. Entro l’anno dovrei riuscire a portare il nuovo spettacolo a Roma e a Milano. Ecco vorrei superare la barriera linguistica che spesso sentono gli artisti sardi. Mi spiego, gli attori napoletani non rinnegano sul palco la loro lingua, ci sono espressioni romane come daje o annamo oppure mortacci tua che non hanno bisogno di traduzione, così come il pirla milanese. Ecco, al di là di ajò, anche l’espressione in qualche modo presa dal sardo come ti scoppio, perché non deve essere esportata, proposta senza sottotitoli? Questo è un po’ il concetto dello spettacolo, o la sfida, forse è meglio chiamarlo il mio obiettivo. “Questo so fare” è una sorta di varietà alla Brignano o alla Proietti, giusto per capire il genere, non per paragonarmi a loro, ci mancherebbe, dove ho messo un po’ tutto quello che so fare: il teatro, la musica, la comicità. Ci sono anche i camei di Gesù di Cagliari e di Stuart Arrodù. Lo porteremo a Sassari l’otto maggio e a Cagliari alla Fiera il nove maggio. Sono le prime due date già stabilite».
Collaborazioni artistiche?
«Per ora nessuna».
La incuriosisce il cinema?
«Moltissimo. Cinema e teatro penso che siano il traguardo di chi studia da artista. Per questo motivo voglio portare il mio varietà fuori dalla Sardegna: penso sia arrivato il momento giusto, sia il banco di prova più importante. Con il sardo: la musica, il teatro, sempre in salsa comica. Sono nato buffone, penso sia la mia strada».
Paolo Carta