Un secolo di storia non si può cancellare. Nonostante i compagni che sbagliano, i revisionisti incalliti, i negazionisti oggi di moda. A cent'anni dalla sua fondazione il Partito comunista italiano non c'è più, i suoi militanti sì. Quelli che dicono, senza infingimenti: il Pd è tutta un'altra cosa, al massimo il maggior partito d'opposizione interna. In Sardegna batte ancora forte il loro cuore, forgiato sulla falce e sul martello. Tanto che il 21 gennaio scorso hanno voluto celebrare, senza pentimenti, l'anniversario del congresso socialista di Livorno che nel 1921 sancì la scissione. I militanti usciti dal teatro Goldoni al canto dell'Internazionale si riunirono altrove dando vita al partito che ebbe nel sardo di Ales-Ghilarza Antonio Gramsci il dirigente più fulgido di sempre. Passato da Matteo Bordiga a Gramsci, attraverso Togliatti e Berlinguer, l'ultimo grande segretario comunista, il Partito si liberò dalla subalternità all'Urss, diventando una forza europea e autenticamente europeista, secondo l'eredità del padre dell'Unione, Altiero Spinelli. Comunista. In Sardegna la storia del Pci è fatta da un segretario nazionale come Berlinguer e da militanti inossidabili e di grande prestigio. Come Mario Birardi, maddalenino, 91 anni il prossimo 19 maggio, un cursus honorum di assoluto rispetto. Formatosi come dirigente della federazione giovanile comunista sassarese, consigliere provinciale, poi consigliere regionale e segretario regionale del partito, fu voluto proprio da Berlinguer nella segreteria nazionale. Eletto deputato e successivamente senatore, visse la stagione più fulgida del comunismo italiano. "I miei capisaldi - dice - sono Garibaldi e Berlinguer". Sul loro esempio Birardi ha costruito una lunga e intensa esperienza politica, conclusa nei primi anni 2000 da sindaco di La Maddalena. I suoi ricordi sono racchiusi in tanti documenti, custoditi gelosamente nella storica sede del Pci in via Emilia a Cagliari. E si deve a lui il Memoriale di Caprera, incarnato in 150 cimeli garibaldini. 
Come Mario Birardi sono numerosi i militanti sardi che non si rassegnano all'idea che il comunismo sia morto. "Il Pci, fin dalla sua costituzione, era l'Italia", dice orgogliosamente Francesco Berria, ex consigliere regionale di Orune, presidente della Fondazione Enrico Berlinguer. "Non avanguardie educate al marxismo leninismo, ma un pezzo di popolo in cui scorrevano lo stesso sangue, la stessa cultura, le stesse abitudini, gusti, persino molti valori. Nella edizione di Rinascita Sarda pubblicata dalla Fondazione Enrico Berlinguer e dalla Fondazione Casa Gramsci in 1000 copie il 21 Gennaio in occasione del centenario del Pci, abbiamo voluto porre al centro Gramsci e il lungo percorso del Pci, che partiva da una posizione assai minoritaria, il 12,53% alla Costituente, ma riuscì a superare settarismi e chiusure e a divenire protagonista di un movimento per il cambiamento. Al centro c'era l'originale riflessione che partiva proprio da Gramsci". 
L'essenza dei comunisti italiani è racchiusa nelle parole del loro ultimo grande leader. "Da Gramsci a Berlinguer. A questa linea - osserva Berria - si è ispirata la nostra lotta che ha conosciuto anche momenti aspri di arretramento ma che, nel complesso, ha decisamente contribuito a difendere ed espandere la democrazia, a realizzare conquiste di grande rilievo nelle condizioni di vita e nell'affermazione dei diritti delle classi lavoratrici e a portare l'intero movimento operaio e i suoi partiti ad acquisire una forza tale che ormai il loro apporto alla direzione del Paese è divenuto condizione stessa della salvezza e della rinascita dell'Italia". 

Mario Birardi (foto Satta/archivio L'Unione Sarda)
Mario Birardi (foto Satta/archivio L'Unione Sarda)
Mario Birardi (foto Satta/archivio L'Unione Sarda)

La Fondazione Berlinguer, nella sua attività recente e nelle celebrazioni del centenario ha voluto tenere vivo il legame tra il Pci e la Sardegna. "Ci siamo sforzati di tenere insieme questi due elementi nel progetto delle iniziative che abbiamo organizzato e di altre in itinere spostate nel tempo stante l'emergenza sanitaria". 
La rivista Rinascita sarda, tutta dedicata a Gramsci il 21 gennaio, è stata distribuita in 1.000 copie, in Sardegna e fuori. "L'ambizione - specifica Berria - è quella di chiudere le iniziative sul centenario del Pci con una iniziativa culturale a Cagliari sul tema "Gramsci e il nostro tempo" che vedrà come organizzatori Fondazione Enrico Berlinguer, Fondazione Casa Gramsci e l'Istituto Gramsci". Il messaggio gramsciano è arrivato nelle scuole. "Abbiamo scelto due classi di scuole superiori: il liceo Dettori dove ha studiato Gramsci e il liceo De Castro di Oristano alle quali abbiamo donato 60 copie del libro Vita di Antonio Gramsci di Giuseppe Fiori con l'ambizione che le due classi si possano incontrare a Ghilarza a Casa Gramsci, non appena le condizioni sanitarie lo renderanno possibile" . 

Francesco Berria (foto concessa)
Francesco Berria (foto concessa)
Francesco Berria (foto concessa)

La Fondazione Berlinguer ha voluto celebrare il centenario del Pci senza nostalgie, "ma - conclude Berria - con l'obiettivo di ripartire dalla storia e dall'eredità ideale di chi ha lottato e sofferto per un futuro migliore, per riflettere criticamente sulla sinistra italiana e sarda, e anche per far rivivere quell'idea insopprimibile di libertà e uguaglianza". 

Angelo Altea (foto archivio L'Unione Sarda)
Angelo Altea (foto archivio L'Unione Sarda)
Angelo Altea (foto archivio L'Unione Sarda)

Resistono molti comunisti non pentiti. "Pentito? E di che? Semmai sono orgoglioso di appartenere a una nobile storia, quella del partito nato il 21 gennaio del 1921 a Livorno che ha dato un enorme contributo, anche in termini di vite umane, alla vittoriosa lotta contro il fascismo e che è stato il protagonista dell'affermazione di una solida e matura democrazia in un Paese devastato dalla guerra". Angelo Altea, giornalista ed ex parlamentare nuorese, più che pentito resta rammaricato. E ancora non digerisce l'operazione del primo rottamatore (Renzi è una cover), ovvero Achille Occhetto. "Vedo che oggi - riflette Altea - a distanza di trent'anni, molti intellettuali ma anche tante persone del popolo si interrogano sull'opportunità e soprattutto sulle conseguenze dell'aver frettolosamente mandato al macero, quel drammatico 3 febbraio 1991 alla Fiera di Rimini, il Pci. Ero delegato a quel congresso e non ebbi dubbi: aderii a Rifondazione comunista, appena creata dal Armando Cossutta, Sergio Garavini, Ersilia Salvato e Lucio Libertini". Il peggio doveva ancora arrivare. "Nel 1995, con l'approdo alla segreteria dell'anticomunista Bertinotti, eletto grazie a una cervellotica e fallimentare operazione voluta da Armando Cossutta, abbandonai Rifondazione per costituire i Comunisti unitari". Era la fine della Prima Repubblica. "In quei primi anni Novanta - conclude Altea - Tangentopoli ha spazzato via anche il glorioso Partito socialista e poi la Democrazia cristiana, un partito popolare come lo era il Pci. Il resto è storia di oggi con una classe politica misera e incolta, arrivata al potere senza l'indispensabile filtro dei partiti". 

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