Se una partita si decide ai calci di rigore, è meglio tirare per primi o lasciare che sia l’altra squadra a farlo? Nessuna delle due: è meglio vincere il sorteggio iniziale con la monetina. Conclusione sorprendente, ma è quella a cui sono arrivati alcuni studiosi che hanno analizzato, con incredibile puntiglio, decine di sfide dagli undici metri in gare a eliminazione diretta, nell’ambito di varie competizioni internazionali (Mondiali, Europei, Champions League e altre).

La loro ricerca mostra che, nel 60% dei casi, nei penalty finali prevale chi ha ottenuto dal testa-o-croce preliminare il privilegio di decidere se calciare per primo o cedere l’onere agli avversari. Magari non è per questo che Morata ha sbagliato il tiro che ha deciso Italia-Spagna agli Europei, come pochi giorni prima era capitato a Kylian Mbappé in Francia-Svizzera: però anche i loro errori confermano la teoria. Nel caso del derby transalpino, il sorteggio era stato vinto dal capitano degli svizzeri, Granit Xhaka. E l’azzurro Giorgio Chiellini si è aggiudicato quello con le Furie Rosse, in quel siparietto con Jordi Alba ormai visto e rivisto in tv. Lo spagnolo Piquè si è lamentato del fatto che la monetina possa attribuire il vantaggio della scelta, ma del resto la stessa Spagna ne aveva approfittato in precedenza proprio ai danni della Svizzera, che aveva perso la contesa a testa o croce e poi anche quella dal dischetto.

In tutte queste occasioni, i capitani premiati dal sorteggio hanno scelto di far tirare il primo rigore alla propria squadra. E questo ha fatto circolare di nuovo una convinzione consolidata: che calciare per primi dia un vantaggio psicologico (a patto di non sbagliare i propri tiri), aumentando la pressione sui giocatori dell’altra squadra, che si trovano sempre a inseguire nel punteggio e quindi sanno che un loro errore rischia di essere irrecuperabile. Le statistiche più recenti però negano che tirare il primo rigore sia di per sé determinante.

Studi scientifici

Va detto che la facoltà di scelta esiste solo dal 2003, quando la Fifa ha cambiato le regole. Prima, chi vinceva il lancio della moneta doveva necessariamente iniziare la serie dei rigori. Il tema affascina i ricercatori, soprattutto di economia comportamentale e di psicologia, perché si analizzano scelte cruciali in un contesto altamente competitivo e in condizioni di forte stress. In questo campo sembrava ormai una pietra miliare il lavoro pubblicato nel 2010 da due spagnoli (guarda caso), Josè Apesteguia, del dipartimento di Economia dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona, e Ignacio Palacios-Huerta, del dipartimento di Management della London School of Economics. I loro calcoli, elaborati su un database che comprende 269 shootout tra il 1970 e il 2008 nelle grandi competizioni per club e per team nazionali, supportano la teoria del vantaggio per chi calcia per primo, che vincerebbe nel 59,2% dei casi.

Fabio Grosso esulta dopo aver segnato il rigore decisivo contro la Francia ai Mondiali del 2006 (Ansa/Archivio US)
Fabio Grosso esulta dopo aver segnato il rigore decisivo contro la Francia ai Mondiali del 2006 (Ansa/Archivio US)
Fabio Grosso esulta dopo aver segnato il rigore decisivo contro la Francia ai Mondiali del 2006 (Ansa/Archivio US)

Fermandosi al 2008, però, quell’analisi non tiene nel debito conto il fattore della scelta di chi vince il lancio della monetina, introdotta da poco. L’intuizione che ha portato a valutare questa variabile è di un gruppo di ricerca tedesco formato da Mark Kassis, Sascha Schmidt e Dominik Schreyer della School of Management di Düsseldorf, e Matthias Sutter del Max Planck Institute di Bonn. Il problema è che i referti degli arbitri non riportano chi vince il sorteggio preliminare. Quindi i quattro hanno dovuto recuperare dagli archivi di Fifa e Uefa i filmati di 206 gare finite ai rigori nei tornei principali tra il 2003 e il 2017, ed esaminarli per giorni e giorni.

Alla fine sono state 96 le partite in cui si è decifrata con certezza la scelta di chi ha vinto il sorteggio (65 nelle manifestazioni più importanti, 31 in quelle giovanili). Il primo dato che emerge è la smentita dello studio di Apesteguia-Palacios: la squadra che ha iniziato a tirare ha vinto 48 volte e perso altrettante. E allargando lo sguardo a tutte le 206 sfide cambia poco: 105 a 101 per chi ha battuto il primo penalty, una percentuale di vittorie del 50,97 che identifica come sostanzialmente irrilevante l’ordine di tiro in sé. Gli stessi calciatori non credono alla teoria del vantaggio per chi inizia: solo il 55% dei capitani ha scelto di farlo.

L’importanza di una monetina

Limitando l’analisi ai 65 shootout più importanti, 36 capitani dopo aver vinto il sorteggio hanno deciso di iniziare: e in 24 casi, il 66,6% del totale, hanno poi trionfato. Ma è andata bene anche ai 29 che hanno scelto il secondo tiro: 19 vittorie finali, il 65,5%. Quindi non è decisivo tirare per primi o per secondi: nel conto totale, chi inizia accumula 34 vittorie (il 52,3%) e 31 sconfitte, ancora una volta uno scarto non significativo. Invece colpisce il fatto che per 43 volte su 65 (il 66,1%) abbia vinto la squadra che si era aggiudicata il lancio della moneta.

Sul perché questo accada, lo studio tedesco avanza solo alcune ipotesi. Chi sa di avere in squadra calciatori molto abili nei rigori tenderebbe a calciare per primo, per sfruttare il vantaggio psicologico di cui si è detto. Mentre chi ha molta fiducia nel proprio portiere cede agli altri il primo tiro: una parata nelle fasi iniziali della serie può capovolgere il quadro psicologico e condizionare gli avversari. Una conferma di queste interpretazioni arriva dai numeri del campione completo delle 96 partite: il tasso di successi per i fortunati del sorteggio cala un po’ (60,4%, pari a 58 vittorie), ma d’altra parte le gare aggiuntive riguardano soprattutto competizioni giovanili, in cui è più raro avere informazioni su come gli avversari battano i rigori o sulla reale forza dei portieri.

Conoscere questi dati, pubblicati nell’agosto 2020, non conforterà gli allenatori, essendo impossibile studiare una strategia per vincere il testa o croce. Ma è di grande interesse per gli studiosi, perché evidenzia l’opportunità di fare la prima mossa anche in contesti non sportivi, ma magari altrettanto competitivi. Chi ama il calcio, in ogni caso, sa già che nei rigori il fattore psicologico è decisivo. Tra tifosi si suol dire che la squadra che sbaglia per prima, spesso finisce per vincere: ma finora non ci sono studi scientifici che lo confermino (in Spagna-Svizzera e in Italia-Spagna, però, è andata proprio così). Di sicuro, la tenuta dei nervi prevale quasi sempre sull’abilità tecnica nel calciare un rigore o nel pararlo.

Sommer para il rigore di Mbappé (foto Ansa)
Sommer para il rigore di Mbappé (foto Ansa)
Sommer para il rigore di Mbappé (foto Ansa)

Le possibili regole alternative

Proprio per attenuare i condizionamenti psicologici sono state proposte negli anni alcune modifiche delle regole sui rigori. Qualcuno ha suggerito di tirarli prima della partita: il risultato avrebbe valore solo in caso di pareggio, e così la squadra perdente nello shootout sarebbe costretta a giocare per vincere, rendendo il match potenzialmente più spettacolare. Ma è un’idea un po’ strampalata. È apparentemente più realizzabile un’altra ipotesi: copiare, nell’ordine dei tiri, il modello del tie break del tennis. In pratica, anziché far tirare sempre prima un giocatore della squadra A e poi uno della squadra B (schema A-B-A-B), si passerebbe a uno schema A-B-B-A: batte un rigore la squadra A, poi due la squadra B, poi altri due la A e così via.

Forse però non ha senso stravolgere le regole dei rigori, il cui fascino deriva proprio dall’imprevedibilità e dai drammi (sportivi) che determinano. Un uomo (o una donna) che dopo 120 minuti di gioco si avvicina al dischetto bianco, per calciare da undici metri un pallone dentro una porta larga sette, e sa di aver addosso gli occhi di uno stadio intero e di decine o centinaia di milioni di telespettatori, si trascina addosso un peso quasi insostenibile. Puoi essere anche un asso della Juve, come Morata; puoi essere persino Mbappé, giovane star strapagata, futuro Pallone d’oro, erede designato di Messi e Ronaldo: in ogni caso la tensione ti confonde la mente, scioglie lo stomaco, rende legnose le gambe. È la palla decisiva: prendi la rincorsa, tiri, magari sbagli. È capitato a tutti i più grandi, da Maradona a Baggio passando per Platini; forse è una punizione che la dea Eupalla impone a chi, nel calcio, è così bravo da diventare una divinità agli occhi dei tifosi. Gli scienziati diranno che è colpa della pressione creata dal punteggio o persino di una monetina, ma che ne sanno loro di cosa prova un campione.

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