Vinto il Leone d’Oro all’ultima Mostra internazionale del cinema di Venezia, il film Povere creature! di Yorgos Lanthimosha ha fatto incetta di statuine (quattro) alla recente cerimonia degli Oscar. Un successo di critica e di pubblico che finalmente sta facendo conoscere il romanzo del 1992 da cui il film è stato tratto, nonché il suo autore, lo scrittore e illustratore scozzese Alasdair Gray, morto nel 2019 a 85 anni.

Entrambe le versioni di Povere creature! sono ambientate alla fine dell’Ottocento e raccontano la storia fantastica di Bella Baxter, nata come il Frankenstein di Mary Shelley; e se le similitudini del racconto finiscono qui, il messaggio che emerge è sempre quello della libertà della donna, dell’autodeterminazione femminile che si fa beffe del moralismo e del maschilismo.

Temi che richiamano, anche nella forma, la poetica di una grande scrittrice forse un po’ dimenticata: Angela Carter, lei sì la madre di tutte le Bella Baxter del mondo.

«La grande fattucchiera della letteratura inglese». La definiva così Salman Rushdie, suo grande amico. Una strega lo era davvero, Angela Carter. Una capace di ammaliare il lettore, di attirarlo dentro uno spazio fatto di atmosfere gotiche, di cadenze grottesche, allusioni erotiche, e tanto sangue dappertutto. “Figlie sagge”, “Love”, “Notti al circo”, “Nell’antro dell’alchimista”, tra i suoi romanzi più famosi; ma è dentro lo spazio e il tempo del racconto che Angela Carter fa i miracoli più grandi.

Una terrorista dell’immaginario, una bombarola dei luoghi comuni fin dai primi racconti pubblicati fra il ‘62 e il ‘66 tra i quali spicca “Una signora molto per bene e suo figlio in casa” che è un’esplosione di tutto lo stile carteriano: dai preziosismi del linguaggio, alle escursioni sull’inconscio, alla volgarità fisica, calda. «Mia madre diceva: “Bambina mia, se le persone ti incutono timore, immaginale sul gabinetto, stitiche, che spingono. Ti sembreranno subito patetiche, piccole, docili”. E mi sussurrava la grande verità universale: “L’intestino è la grande livella”.

Nella seconda raccolta, “Fuochi d’artificio”, ci sono le storie che già prefiguravano il suo mondo. Il mondo delle fiabe che prende dalla tradizione, fa scoppiare in mille pezzi, rincolla alla maniera sua, e ci restituisce come nuove, divertita dai nostri occhi scandalizzati. Così, con “Gli amori di Lady Porpora”, uno spettacolo da baraccone: «“Venite a vedere quel che resta della Venere Orientale”, la prostituta che si trasforma in una marionetta, perché viene mossa solo dalle corde della lussuria». «Avevo sempre amato Poe e Hoffmann, i racconti crudeli, le favole che parlavano il linguaggio dell’inconscio: gli specchi, le proiezioni del sé, le foreste, gli oggetti sessuali proibiti». I suoi personaggi sono soltanto simboli, lacerazioni. Così nella raccolta “La camera di sangue” Cappuccetto rosso seduce il lupo, la Bella si sottomette alla Bestia; Hansel e Gretel sono fratellini incestuosi. «Il racconto è in rapporto con le forme subletterarie della pornografia, della ballata e del sogno», scriveva Angela Carter, «e non è stato trattato con cortesia dai letterati. Dovremmo stupirci? Teniamo in valigia il nostro subconscio e poi buttiamolo nel cesso quando diventa troppo fastidioso».

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