Lo sguardo scultoreo di Grazia Deledda vigila sul murale, che ritrae una grande quercia dove si posano volatili dalle sembianze umane, e, per una volta, su parole non sue, composte in sardo da Chircantoni Corrias.

È la prima sorpresa del MacLula, museo d’arte contemporanea che anzitutto rigenera piazza Rosa Luxembourg, nel centro di Lula, con il recupero di un’opera pittorica realizzata nel 1981 dai muralisti Francesco Del Casino, Diego Asproni, Antoni Marras, Nico Orunesu, Tonino Sale, Sandro Casiddu e Rino Cossu, e con l’installazione della statua in bronzo che ritrae il volto della scrittrice premio Nobel, modellata dallo scultore nuorese Gianfranco Nonne. Dopo anni di peregrinazioni nella sua città natale ha trovato casa al MacLula, museo diffuso dove il profilo del Montalbo abbraccia artisti di tutto il mondo. C’è, per esempio, l’opera di Roman Wolgin che racconta la tragedia del popolo russo dopo la fine dell’Urss e lo sguardo sgomento verso l’Occidente. Troneggia imponente, molto materica e coinvolgente in una composizione drammatica dove dominano grumi di colore nero. Sembra fatta oggi, perché aiuta a cogliere l’esperienza travagliata vissuta in Russia e viva ancora oggi, riportata alla luce dalla guerra in Ucraina. Invece risale al 2008.

Una sala del MacLula
Una sala del MacLula
Una sala del MacLula

C’è l’arte affascinante del pittore cinese Zhuang Hong Yi-Shi Chuan: crea opere che cambiano colore a seconda dell’angolazione passando dal rosa al blu. Arte tridimensionale che crea più colori utilizzando l’inchiostro e combinando tecniche con l’uso di acrilico, carta di riso e olio. Come uno scrigno che si apre il MacLula rivela questi e altri incontri inattesi, dall’artista giapponese Tetsuro Shimizu con una tela di calma sospesa al paesaggio dell’Alaska di Leslie Shows dove emergono ritagli di carta delicati come ricami, alla famosa Yoko Ono, vedova di John Lennon. E poi artisti sardi di rango come Pinuccio Sciola con “Le pietre sonore”, approdate qui dopo l’esposizione ai giardini del Quirinale a Roma, Gino Frogheri col suo astrattismo, Francesca Cossellu con le sue ceramiche, Vincenzo Satta, Zaza Calzia, Tonino Secci, Stefano Soddu. Opere in dialogo perenne con quelle d’altre provenienze e di varie generazioni. Un caleidoscopio realizzato con grande passione da Domenico Fumagalli e Mariolina Mannia. La loro scommessa visionaria e perfino audace, ideata nel 2017, è arrivata al traguardo con l’inaugurazione dello scorso luglio, a dimostrare che i sogni, anche in realtà lontane dai circuiti culturali più gettonati, sono possibili.

Domenico Fumagalli e Mariolina Mannia
Domenico Fumagalli e Mariolina Mannia
Domenico Fumagalli e Mariolina Mannia

Lui, collezionista ed esperto d’arte, ha messo assieme nel tempo 350 opere che vanno dal surrealista Sergio Dangelo ad Angelo Bozzola col suo concretismo, dal neo spazialista Nicola Evangelisti a Vincenzo Grosso, Beatrice Gallori, Luciana Matalon, Giulio Locatelli, Claudio Olivieri. All’inizio la sua attenzione va alle tele del secondo Ottocento italiano, poi all’arte africana legata al mondo ex coloniale francese e a quella più tribale della Papua Nuova Guinea fino ad arrivare all’arte contemporanea. C’è un po’ di tutto questo, non a caso, nell’anima del MacLula.

Lei, originaria di Lula, ha recuperato nel suo paese tre vecchie case in abbandono dando a tutte una nuova vita. Lì ha trovato una dignitosa residenza la collezione di Domenico Fumagalli. L’intervento di ristrutturazione, curato dall’architetto veneto Luca Zecchin, combina il bianco e il nero che rievocano i colori identitari del paese delle miniere, tra calce e carbone. Scelte inedite nel contesto della piazza Luxembourg, vestita d’arte. Lì si coglie subito la casa da cartolina con lo storico murale, rinfrescato da poco, e accanto un complesso ripensato in chiave moderna con enormi vetrate al posto dei muri e, in cima, una terrazza che regala una speciale visione sul Montalbo da una parte e sui profili del centro storico dall’altra.

«L’architettura del MacLula è una struttura relazionale dove l’astrazione incontra il contesto, un palinsesto reso contemporaneo dalla composizione di eventi plastici, materici e cromatici minimi, interpreti dell’essenza del genius loci», spiega Zecchin, ricercatore all’università di Udine, che ha vinto il bando internazionale per il recupero dei tre edifici destinati a ospitare il museo d’arte contemporanea e si è tanto appassionato al progetto da acquistare casa a Lula riuscendo a dividersi tra la Barbagia e il Friuli.

Visitatori al MacLula
Visitatori al MacLula
Visitatori al MacLula

“Il MacLula vuole riportare proprio nelle piccole realtà e nelle località decentrate un segnale di crescita e di esistenza dell’arte contemporanea per dare a tutti i visitatori, alla comunità di Lula e alla Sardegna, un richiamo di bellezza», dice Domenico Fumagalli. La presenza dei visitatori gli sta dando ragione. Arrivano incuriositi, se ne va con un sorriso compiaciuto perché, tra suggestioni vicine e lontane, Lula offre un interessante viaggio nell’arte internazionale che non t’aspetti. «Sono molto felice, il museo porterà cultura, economia e bellezza”, commenta Mariolina Mannia. E ammette: “Mi sembra di percepire da tanti piccoli gesti che la comunità abbia vissuto positivamente il nostro sforzo e questo per noi è un grande motivo di orgoglio".

“La missione del museo diffuso è quella di portare l’arte nei luoghi considerati periferici rispetto ai grandi centri urbani. Il museo – spiega la coppia di mecenati – ha l’obiettivo di condividere con la comunità la propria collezione in continua espansione offrendo uno spazio di riflessione, di apprendimento e di diletto per tutti”. Il museo diventa realtà che mette in moto tante energie positive, anche sull’onda del progetto scientifico internazionale dell’Einstein Telescope nelle miniere di Sos Enattos, a cui Lula vuole affidare il suo futuro. L’obiettivo della coppia guarda  avanti: “Questa nostra idea temeraria di sviluppo dei piccoli centri è in generale in controtendenza, vorremmo far dimenticare i guasti del globale e piantare un seme in realtà vergini di arte contemporanea”.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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