Ma chi l’ha detto che il rosa è un colore esclusivamente femminile? Basta guardarsi intorno per scoprire che non è così oggi, come peraltro in passato. La dicono lunga gli abiti sfoggiati con naturalezza da alcuni cantanti sul palcoscenico del festival di Sanremo, dove il colore ha fatto bella mostra di sé.  Basta, quindi, con gli stereotipi secondo cui il rosa è una tinta femminile. O meglio, esclusivamente femminile.

E un salto indietro nel tempo ci fa capire che le cose danno ragione a chi oggi vuole associarlo anche agli uomini, senza il minimo problema. Scopriamo allora che il rosa veniva utilizzato per l’abbigliamento maschile e, guarda un po’, il blu era il colore che andava per la maggiore fra le bambine e le donne, perché c’era un chiaro riferimento al velo della Madonna ritratta nei dipinti e nelle sculture.

Già nel Settecento, infatti, gli uomini indossavano abbondantemente il rosa, magari in abbinamento con il bianco. Una soluzione adottata anche per arredare le abitazioni, dai piccoli oggetti a quelli più vistosi. A tanti, forse, potrà sembrare strano ma veniva considerato un colore intenso. Già, proprio perché veniva letto come una tinta forte e decisa. E sapete il motivo? Veniva associato alla passionalità perché vicino al rosso. A differenza del blu, che invece era visto come il colore del cielo e, in particolare, del velo della Madonna: per questa ragione ritenuto il più adatto nell’abbigliamento delle bambine.

La svolta avviene negli anni Trenta del secolo scorso, quando gli uomini cominciano a indossare in gran parte abiti scuri, che conferivano più serietà ed erano ritenuti più adatti a situazioni legate alle professioni. Contemporaneamente le donne iniziano a vestire sempre più spesso abiti chiari, accostati all’atmosfera familiare e della casa. Andando avanti fino agli anni Cinquanta il rosa e il blu sono ancora intercambiabili. Ma accade in quel periodo un fenomeno tutt’altro che secondario: il lancio sul mercato di Barbie, la famosa bambola che consolida la moda del rosa associata al mondo femminile.

Per capire meglio la storia di questo colore facciamo un salto indietro nel tempo. Nel 1700 la seta rosa era il tessuto per gli abiti maschili perché, derivato dal rosso, colore considerato forte, legato a eroi e combattimenti. Il blu, al contrario, era riservato alle donne perché associato al velo della Vergine Maria, rappresentata in sculture e dipinti. I bambini erano vestiti con abiti di colore bianco.

A confermare il fatto che il rosa diventa un colore di moda in Francia, a metà del Settecento, sono le abitudini di Madame de Pompadour, amante di Luigi XV: adorava a tal punto questo colore che, nel 1757, la produzione francese di porcellane Sèvres, le dedica il nome della sua nuova tonalità di rosa, Rose Pompadour. È il momento che sancisce l’inizio del successo del rosa, diventato il colore prediletto dall’aristocrazia anche nel resto d’Europa.

Una teiera francese (foto archivio L'Unione Sarda)
Una teiera francese (foto archivio L'Unione Sarda)
Una teiera francese (foto archivio L'Unione Sarda)

Un’impronta tanto forte rimasta ancora fino al secolo scorso nella manifattura di porcellane soprattutto in Francia. Troviamo questa tinta, infatti, nei vari oggetti di uso in cucina diventati poi eleganti elementi di arredamento. Un esempio? Una teiera con la base di ceramica rosa e la parte superiore in acciaio; uno stile originale che richiama atmosfere arabeggianti e che fa di questo un oggetto da esporre ancora oggi nelle vetrine delle nostre abitazioni.

Con l’avvento dell’industrializzazione e della produzione di massa si assiste poi alla diffusione di coloranti come il magenta, che hanno fatto nascere sfumature luminose e sgargianti del rosa. È il passo che dà il via a una diffusione “democratica” del rosa, giungendo alla portata di tutte le classi sociali, anche quelle più povere. Il colore, così, viene indossato anche dalle prostitute, passando da un’accezione sofisticata a volgare. A confermarlo una scena de Il grande Gatsby, il romanzo del 1925 del grande scrittore Francis Scott Fitzgerald, in cui il protagonista si presenta a un pranzo vestito di rosa e viene criticato da uno dei presenti, con questa affermazione: “Un uomo di Oxford! Da morire. Indossa un abito rosa”. Con quel commento, però, si giudica negativamente il modo di vestire di Gatsby perché ritenuto di cattivo gusto e non perché considerato femminile. Nel tessuto di cotone rosa molto leggero, proveniente dall’India, infatti, si confezionavano i vestiti per il personale di servizio. Tuttavia negli anni Venti diventa di moda fra i giovani dandy americani, non visti di buon occhio dalla classe sociale ricca e più tradizionalista.

contentid/NWEyZmJkNDgtN2NiNS00
contentid/NWEyZmJkNDgtN2NiNS00

Per arrivare ai giorni nostri si può affermare senza tema d’essere smentiti che questo colore ben si adatta all’abbigliamento femminile e maschile, senza precludere alcuna fascia d’età e senza tralasciare vari oggetti d’arredamento nelle nostre case: è la rivincita del rosa.

contentid/Y2RlZWQ1MTYtOGM3Zi00
contentid/Y2RlZWQ1MTYtOGM3Zi00
© Riproduzione riservata