Il tempo sembra fermarsi davanti ad un eroe del Cagliari dello scudetto. Mario Brugnera, cervello di quella squadra, oggi ha 78 anni, un fisico sempre sportivo ed una memoria lucidissima. «Non gioco più a calcio ma mi tengo in una buona condizione fisica con qualche partita a tennis». È’ nato a Venezia il 26 febbraio 1946. «Sono molto legato a Venezia Lido. Vivono ancora i miei fratelli». È lì che comincia la sua carriera nei primi anni Sessanta. «Ho fatto le giovanili col Nettuno Venezia. Nel 1963 un dirigente della Fiorentina mi volle, a tutti i costi, far vestire la maglia viola e si presentò a casa di mia madre con un pacco di banconote per convincerla a farmi trasferire. Eravamo nove figli. Mia madre ci pensò una frazione di secondo e poi rispose “se uno se ne va non sarà la fine del mondo».
L’avventura di Firenze alla corte del futuro mister della nazionale Valcareggi è di quelle importanti: «Feci l'esordio in serie A, in quegli anni vincemmo la Coppa Mitroga e la Coppa Italia battendo in finale all’olimpico il Catanzaro. Facevo la punta ed avevo un discreto feeling col gol». In questo periodo gli viene attribuito il soprannome del Piccolo Di Stefano. Nella stagione 1966/1967 realizza 13 reti. Nel 1968 il trasferimento in Sardegna, al Cagliari insieme ed Enrico Albertosi. «Fu una nuova avventura che mi permise di crescere come uomo e come calciatore. Nella prima stagione conquistammo il secondo posto e gettammo le basi per lo scudetto del Settanta». Brugnera resta a Cagliari sino al 1974 totalizzando 149 presenze e realizzando 19 reti. Poi una parentesi a Bologna per poi rientrare subito al Cagliari. Il richiamo dell’Isola è troppo forte. «Della seconda esperienza a Cagliari ricordo soprattutto la promozione dalla B alla A. Ero l’unico superstite del Cagliari dello scudetto e facevo da chioccia a giovani di belle speranze come Piras e Virdis. Il tecnico era quel grande uomo di Mario Tiddia, per lui ero un allenatore in campo».
Rimane a Cagliari sino al 1982. Nella stagione successiva chiude la carriera in Serie C col Carbonia che in quegli anni partecipava sistematicamente ai campionati professionistici. «Mi sono tolto tante soddisfazioni e ho stretto tante amicizie», prosegue. «Gli ex compagni li sento ancora e ad alcuni, come Poli, sono particolarmente legato. Indimenticabile il 2 a 2 a Torino contro la Juve che praticamente ci permise di vincere il titolo. Durante l’intervallo eravamo sotto per via di un autogol di Nicolai, Scopigno entrò negli spogliatoi e disse «Comunardo bravissimo, non avevo mai visto un gol così bello”. Scoppiammo tutti a ridere. Dopo l’intervallo entrammo in campo nel secondo tempo più carichi che mai. Il finale lo conoscono tutti».

Classe e tecnica sopraffina, ma è un’altra la caratteristica che rende Brugnera unico: «Posso dire di aver giocato e vinto giocando da punta, poi centrocampista ed infine da difensore. Questa peculiarità al momento non l’ho riscontrata in nessun altro giocatore».
A metà degli anni Ottanta Brugnera decide di mettere a disposizione dei bambini tutta la sua competenza dirigendo tante scuole calcio a Cagliari e dintorni: «Sono stato nella scuola calcio Gigi Riva, successivamente a Nuraminis, Barrali e alla scuola. Il calore che ti danno nei paesi è impareggiabile». Dal 2014 Brugnera è all’Atletico Cagliari: «Abbiamo 280 ragazzi che amano giocare al calcio. La nostra più grande soddisfazione è farli crescere, divertire ed insegnare i principi dello sport. In prima squadra (Promozione) militano tanti giovani che hanno fatto con noi tutto il settore giovanile. Fattore che gratifica per gli sforzi fatti. Il mio più grande desiderio è che la nuova amministrazione di Cagliari ci dia l’autorizzazione ad aprire il centro sportivo "Mario Brugnera". Sarebbe un bel regalo che il nuovo sindaco Massimo Zedda potrebbe fare a tutta la società e ai suoi iscritti».

Brugnera ha un rimpianto: «Non aver avuto spazio in Nazionale, purtroppo nel mio ruolo vi erano mostri sacri del calcio come Mazzola e Rivera, ritagliarsi un posto era praticamente impossibile. A proposito di Rivera, per me era il numero uno in assoluto». Ed il miglior giocatore sardo di sempre? «Faccio due nomi, Zola nel ruolo di mezzapunta e Matteoli nel ruolo di centrocampista».

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