"Stavo correndo al Poetto, a Cagliari, e ascoltavo musica dal mio smartphone con le cuffie. D'improvviso si è bloccata e ho potuto sentire un forte rumore di passi pesanti sul terreno. Poi mi sono accorto che ero io". Nasce dal caso, come accadde con la leggendaria mela di Newton, l'ultima scoperta scientifica sulla corsa: quel runner era anche un ricercatore di Fisiologia Umana dell'Università di Sassari, Andrea Manca, e dalla sua esperienza personale è derivato uno studio molto accurato, che rivela un legame finora ignoto tra l'attività podistica e la musica. "Si sa che ascoltarla può favorire le prestazioni", premette Franca Deriu, docente di Fisiologia Umana nel Dipartimento di Scienze biomediche dell'ateneo turritano, coordinatrice della ricerca: "Ma abbiamo dimostrato che oltre un certo volume tende a far registrare valori sensibilmente più elevati di Ground Reaction Force". La GRF esprime la forza dell'impatto del piede sul suolo: se aumenta, le articolazioni vengono sottoposte a un carico maggiore, e cresce il rischio di farsi male.

Le “tacche rosse” con cui lo smartphone avverte che il volume è troppo alto
Le “tacche rosse” con cui lo smartphone avverte che il volume è troppo alto
Le “tacche rosse” con cui lo smartphone avverte che il volume è troppo alto

"Sia chiaro, non stiamo dicendo che se ascoltiamo musica ad alto volume siamo automaticamente a rischio di infortuni", precisano Deriu e Manca: "Però possiamo dire che senza la musica corriamo più consapevoli dei segnali che arrivano dal nostro corpo, per esempio l'affanno. Il rumore provocato dai nostri piedi sul suolo è uno dei segnali più importanti: se la musica lo copre, probabilmente siamo meno consapevoli dell'entità dell'impatto col terreno". L'ipotesi che emerge dalla ricerca sassarese è appunto che il volume troppo alto incida sul livello di attenzione ai propri movimenti, portando a correre in maniera meno controllata e quindi, in teoria, con più rischi di danni all'apparato muscolo-scheletrico. La cosa però sembra essere vera per gli uomini e non per le donne, e anche tra i maschi tende a sparire quando si corre a velocità maggiori. Lo studio è stato pubblicato nella prima metà di aprile sullo European Journal of Applied Physiology, una rivista specializzata del settore, ma è il frutto di quasi due anni di attività in gran parte sperimentale. Quella corsa all'aperto del dottor Manca risale ai primi mesi del 2018, molto prima che il coronavirus rendesse tutto così complicato. Da lì è nato il sospetto che la musica stesse in qualche modo interferendo con il gesto atletico: Manca, che ha anche un passato da agonista, come prima cosa nei giorni successivi ha misurato su un tapis roulant il rumore provocato dalla sua corsa. "Senza musica arrivava a 70 decibel", ricorda, "invece ascoltandola saliva a 75". Una prima, rudimentale conferma dell'intuizione iniziale. "Si trattava allora di studiare un protocollo rigoroso per misurare il fenomeno", prosegue la professoressa Deriu, "utilizzando un tapis roulant con sensori che misurano l'impatto sul nastro". Sono stati selezionati 50 volontari (tra cui 22 donne), tra i 18 e i 25 anni, con una buona dimestichezza con la corsa sul tappeto scorrevole. Gli è stato chiesto di correre per nove intervalli da due minuti l'uno e con adeguate pause per ripristinare l'equilibrio acustico, a tre diverse velocità (8, 10 e 12 chilometri orari) e in tre diverse condizioni: senza musica, oppure sentendo negli auricolari una canzone a un livello sonoro di 80 e di 85 decibel. La sequenza delle varie condizioni era casuale e diversa per ciascuno dei volontari, che non conoscevano lo scopo dell'esperimento.

La canzone era sempre la stessa, di Bruce Springsteen: non "Born to run", troppo scontata, ma "We take care of our own", meno nota ma altrettanto rock ed "energizzante" com'è di solito la musica preferita dai runner ("e poi - rivela Andrea Manca - ci sembrava adatto il titolo", che significa "Ci prendiamo cura di noi stessi"). Il gruppo di lavoro, che comprendeva anche i ricercatori Lucia Cugusi e Francesco Bussu dell'Università di Sassari e ha collaborato con i ferraresi Luca Pomidori e Michele Felisatti di Esercizio Vita Medical Fitness, ha poi analizzato i dati. Per la parte maschile del campione, la GRF aumenta significativamente quando, alle due velocità inferiori, i decibel sono al livello massimo utilizzato nella prova. A 8 chilometri orari, il valore medio di GRF resta sui 181 chili per centimetro quadrato nella corsa "silenziosa" o con musica a 80 decibel, mentre sale a 185 chili con musica a 85 decibel. Si registra un'analoga variazione di GRF anche a 10 chilometri orari, mentre questa differenza non è stata invece osservata a 12 chilometri orari. Non inganni il basso scarto numerico tra 85 e 80 decibel: lo studio precisa che, trattandosi di una scala logaritmica, quella variazione indica quasi una doppia intensità del suono.

Franca Deriu e Andrea Manca dell’Università di Sassari (foto Uniss)
Franca Deriu e Andrea Manca dell’Università di Sassari (foto Uniss)
Franca Deriu e Andrea Manca dell’Università di Sassari (foto Uniss)

"Per altro - sottolinea Manca - 80 decibel corrisponde al punto in cui i nostri smartphone ci avvisano che stiamo alzando troppo il volume". Molti telefoni misurano il livello della musica con 16 tacche, che diventano gialle e poi rosse dopo la decima: "Gli 85 decibel si collocano più o meno alla quattordicesima. Ma molti runner corrono col volume al massimo". E i possibili danni, a quanto pare, non riguardano solo l'udito, che era cosa già nota. Non sono state riscontrate invece analoghe differenze tra le donne; e neppure (per entrambi i generi) negli altri aspetti della corsa, come la lunghezza o la frequenza del passo. "La nostra prima ipotesi è che i diversi risultati tra uomini e donne derivino dalle peculiarità biomeccaniche del corpo femminile", riflette Deriu: "In particolare il maggior rapporto tra larghezza del bacino e lunghezza del femore, che determina anche angolazioni diverse dell'asse anatomico degli arti. Quindi l'impatto col suolo potrebbe essere assorbito più al livello delle anche e delle ginocchia".

Per gli uomini, invece, la minore incidenza della musica alle alte velocità avrebbe un'altra spiegazione: "Forse correre più forte nello spazio ristretto del tapis roulant costringe comunque a porre più attenzione ai movimenti". Si potrà capire di più se la ricerca verrà ampliata: "Magari estendendola alla corsa libera, inserendo dei sensori nelle scarpe, ad altre fasce d'età e ad altre categorie di soggetti come, per esempio, le persone in sovrappeso", conclude Manca. Per il momento, comunque, per chi non può fare a meno della musica quando corre, sembra consigliabile tenere il volume non troppo alto.

Rosario Palazzolo
Rosario Palazzolo
Rosario Palazzolo

"È uno studio molto interessante", commenta Rosario Palazzolo, direttore di Runner's World Italia, la rivista di riferimento degli appassionati della corsa: "I tecnici di solito ritengono preferibile rinunciare alla musica, ma questa ricerca fornisce nuove ragioni scientifiche". In generale, il suggerimento di lasciare a casa gli auricolari ha varie motivazioni: "Anzitutto perché non sentire quel che ti succede intorno può essere pericoloso, soprattutto se si corre in città. Oppure, se vai al parco o in un bosco, non riesci a godere pienamente della natura. Ed è vero che, se corri troppo distratto, è più facile prendere magari una piccola storta, o affaticare troppo qualche muscolo o articolazione". Soprattutto però, prosegue Palazzolo, "molti sostengono che, per ottenere davvero dalla corsa qualcosa di buono a livello psicofisico, devi staccarti un po' dal tuo mondo, avere la percezione di ciò che ti circonda e la piena libertà sui tuoi pensieri. La musica limita un po' tutto questo. E vale anche per quelli come me che invece ascoltano la radio, magari per non perdere le news". Perciò, proprio grazie all'idea nata dallo studio dell'Università di Sassari, il direttore di Runner's World si unirà, idealmente, all'esperimento: "Appena l'emergenza Covid ci permetterà di fare qualche uscita più lunga, conto di provare anch'io a verificare le differenze della corsa con e senza gli auricolari. Sono curioso di vedere che cosa cambia". È una curiosità che potrebbe accomunare molti italiani, dato che la passione della corsa è sempre più diffusa: "Non esiste un censimento ufficiale, ma le aziende del settore calcolano che nel nostro Paese i runner siano circa 7 milioni". Ora molti sono fermi ai box per il coronavirus (anche Runner's World ha responsabilmente invitato i suoi lettori a essere prudenti), ma non vedono l'ora di reindossare le scarpette. Anche per dimostrare di non essere degli untori, come qualcuno è sembrato considerarli nel pieno dell'epidemia: ma questa è un'altra storia. Basata non su uno studio scientifico serio, ma sulle nostre paure collettive.
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