Un pugno nello stomaco. Questo è stato il monologo di Rula Jebreal ieri sera a Sanremo. E ce ne fossero di giornaliste, attrici, cantanti, massaie e donne in carriera che parlano della violenza sulle donne per sensibilizzare più persone possibile. Lei l’ha fatto, e nel migliore dei modi.

Col suo monologo ha suscitato riflessioni, indignazione, impotenza ma anche forza. Quella che serve a molte donne, prima che diventino vittime, per farsi rispettare ogni giorno e pretendere che non siano considerate seconde a nessun uomo e a nessun essere al di fuori di se stesse.

Chi ieri sera si è perso l’intervento di Rula, magari giudicandola senza averla neppure ascoltata, si è perso anche un pezzo di Televisione, quella vera di servizio che sempre, e non solo al Festival annuale della canzone italiana, dovrebbe svolgere la sua funzione mettendo in primo piano temi importanti come l'educazione al profondo rispetto del prossimo, la solidarietà, l'amore.

Alcuni programmi lo fanno, ma finora nessun intervento diretto e preciso come quello della giornalista italo-israeliana aveva colpito nel segno come il suo. La profondità del suo racconto – ben altro dalla favoletta sulla bellezza della Leotta che ha esibito anche la nonna – ci ha fatto sentire impotenti, ci ha fatto sentire vulnerabili, ci ha esortate a non girare la testa dall'altra parte e a non permettere ad alcuno di umiliarci, opprimerci, toglierci la libertà di "essere come siamo e come vogliamo essere". Qualunque cosa vogliamo essere.

Rula non ha dimenticato di essere sul palco in cui si celebra la musica italiana, e ha intercalato il suo monologo citando brani di autori uomini, come Battiato e De Gregori, che la donna la esaltano e la amano. Ha poi fatto venire i brividi raccontando l'esperienza personale di bambina, orfana a 5 anni perché la madre, vittima di uno stupro a 13 anni, non ha resistito al dolore e al silenzio imposto da quella cultura che obbliga le donne a subire senza reagire, e sotto questo peso ha poi scelto di morire.

Un fatto intimo e doloroso che ha rigato di lacrime il suo viso bellissimo e quello di chi, in religioso silenzio e in apnea, è riuscita ad ascoltarla e soprattutto sentirla.

Sanremo sarà ricordato per molte cose anche quest'anno, futili e meno futili, ma lo spazio dedicato a questo fenomeno che vede le donne tristemente protagoniste, potrebbe essere il più bel fiore all'occhiello del festival dei fiori, e il viatico per iniziative volte a demolire i muri che celano soprusi e violenze.

Rula ha chiesto questo, con la fierezza e l'orgoglio di poterlo fare rappresentando in Mondovisione l'altra metà del Cielo.

(Unioneonline)

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