"Lasciateci essere quello che vogliamo essere. Madri di dieci figli o di nessuno, casalinghe o in carriera. Siate nostri complici, compagni e indignatevi quando qualcuno ci chiede che cosa abbiamo fatto per meritare quello che ci è accaduto".

È solo un passaggio del toccante monologo della giornalista italo-israeliana Rula Jebreal al Festival di Sanremo.

Un intervento crudo, un pugno nello stomaco, con le sue riflessioni alternate alle citazioni di importanti canzoni sulle donne "tutte scritte da uomini".

Nell'intervento anche il suo dramma personale, ciò che l'ha spinta ad essere quella che è oggi. "Sono cresciuta in un orfanotrofio", racconta la giornalista, "ci raccontavano delle nostre madri spesso stuprate, torturate e uccise". "Mia madre ha perso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni, si è suicidata dandosi fuoco, perché il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi. Era stata brutalizzata e stuprata due volte: una prima volta da un uomo a tredici anni, la seconda da un sistema che non le ha permesso di denunciare".

(Unioneonline/v.l.)
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