Fra i tanti esempi di cinema mainstream, il ponte di congiunzione tra gli anni ‘80 e i ‘90 ha regalato perle che gli appassionati dell’epoca ricordano bene ancora oggi, come l’inimitabile serie di “Beverly Hills Cop”. Il franchise, che unisce brillantemente commedia, azione e intrighi polizieschi, si è rivelato fin dal debutto del 1984 un enorme successo commerciale, grazie all’efficacia della sua formula narrativa e a una colonna sonora divenuta in poco tempo un marchio immediatamente riconoscibile.

Ma più di qualsiasi altro aspetto, a darle lustro è stata soprattutto la presenza di Axel Foley, l’iconico protagonista interpretato da Eddie Murphy. Una star hollywoodiana che deve gran parte della sua fama proprio a questo personaggio, caratterizzato da un istinto e un carisma magnetici, oltre che da un tagliente senso dell’umorismo capace di disorientare e mettere alle strette anche gli avversari più ostinati.

Considerato tra i migliori attori comici della sua generazione, Murphy ha dato il via decisivo alla sua carriera grazie alle esibizioni al “Saturday Night Live”, al fianco di pezzi da novanta come Bill Murray e John Belushi. Forte oggi di una filmografia estremamente prolifica, lo ricordiamo in particolare in “Una Poltrona per Due” - appuntamento fisso di ogni stagione natalizia - “Il Principe cerca Moglie” e “Il Professore Matto”, senza ovviamente dimenticare il contribuito alla serie animata di “Shrek”, in cui ha prestato la voce, con la sua inconfondibile verve comica, al personaggio di Ciuchino.

Dopo una vita intera trascorsa sui set e sui palchi televisivi, la star ha deciso di raccontare la sua storia in “Being Eddie: la vita di Eddie Murphy”, documentario diretto da Angus Wall ora disponibile su Netflix. Per la prima volta lo ammiriamo nella sua splendida casa e in compagnia della famiglia, per ripercorrere un passato personale che, dalle prime esperienze giovanili, lo ha lentamente portato al riconoscimento internazionale. Oltre alle sue testimonianze, troveremo quelle di colleghi come Dave Chappelle, Chris Rock, Jamie Foxx, Tracee Ellis Ross, Kevin Hart, John Landis, Arsenio Hall, Jerry Seinfeld e i produttori Jerry Bruckheimer e Brian Grazer.

Tra gli aneddoti più toccanti c’è sicuramente quello in cui Murphy racconta il proprio rapporto con la salute mentale, dopo aver scoperto - ancora bambino - di soffrire di un radicato disturbo ossessivo-compulsivo. Svelando in cosa consistessero i suoi disagi, ha detto: «Da piccolo soffrivo di DOC. Non sapevo cosa fosse. Andavo in cucina a controllare il fornello per assicurarmi che il gas fosse chiuso. Poi mi stendevo per circa cinque minuti, mi rialzavo, tornavo in cucina e controllavo di nuovo il gas, poi tornavo a letto, restavo lì cinque o dieci minuti, e poi mi rialzavo di nuovo per guardare il fornello e assicurarmi che tutto fosse spento. Tornavo a letto, restavo altri dieci minuti e mi rialzavo ancora, e questa cosa andava avanti per circa un'ora. Lo facevo ogni notte. Ogni notte. E mi dicevo: è solo una strana cosa che faccio io. Mia madre, nessuno sapeva che stava succedendo. E facevo anche un verso buffo. Continuavo a fare uh-mm-mm, lo facevo in continuazione. Stavo lì a guardare la TV e facevo uh-mm, uh-mm».

Raccontando di aver compreso la natura della patologia solo dopo aver visto un servizio in televisione, ha aggiunto: «Ho pensato: oh, è quello che faccio io. E poi: malattia mentale?... Quando ho capito che si trattava di una malattia mentale, mi sono imposto di smettere. Mi sono detto: no, non lo faccio più. Pensavo di essere solo strano. Non sapevo di avere una malattia mentale. Al diavolo, io non ho nessuna malattia mentale. E mi sono costretto a smettere».

Ricordando un altro episodio significativo, Murphy è tornato con la mente a quando presentò la cerimonia degli Oscar del 1988. In quell’occasione, il suo discorso contro il razzismo irritò l’Academy, al punto da relegarlo di lì a poco nella lista nera delle personalità più scomode. L’attore ha spiegato: «Ogni tanto qualcuno lo vede e dice: wow, Eddie parlava di stro**ate agli Oscar già all'epoca? Ho persino detto che probabilmente non vincerò mai un Oscar per aver detto questo, e sono andato, sono andato e l'ho fatto. […] La mia prima reazione è stata dire: no, non ci vado, non ci vado perché non hanno riconosciuto le persone nere nel cinema. Probabilmente non vincerò mai un Oscar per aver detto questo, ma hey, che importa, devo dirlo. Voglio solo che sappiate che darò questo premio, ma le persone nere non staranno più nel vagone di coda della società e non chiuderanno più la fila. Voglio che ci riconosciate».

Le conseguenze di quella vicenda le rievoca ancora chiaramente: «Il giorno dopo era come se non avessi detto nulla. Non c'erano foto di me agli Oscar. Non c'era copertura. Non c'era menzione del fatto che avessi detto quella cosa. Era come se non fossi stato agli Oscar».

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