Direttore del settore Food&Beverage di uno degli hotel più lussuosi di Dubai, Giacomo Puntel, 41enne cagliaritano, ha lasciato la sua terra da oltre 20 anni: “Qualcosa mi manca, ma in fondo qui si sta bene”, racconta.

Dall’Isola è partito, destinazione Londra, perché “la Sardegna mi andava un po’ stretta, ero proiettato in un’altra direzione, e volevo prima di tutto perfezionare l’inglese”.

Da quanto tempo si trova negli Emirati?

“Sono arrivato qui nel gennaio del 2007, la mia famiglia, invece – padre, madre e sorella – vive ancora a Cagliari. Io torno una volta l’anno, tra giugno e luglio, per una settimana o dieci giorni. È il periodo in cui a Dubai fa molto caldo, si raggiungono anche i 52 gradi, e c’è molta umidità”.

Com’è la vita in Medio Oriente?

“Si lavora tanto, per molte ore al giorno. La soddisfazione è raggiungere alti livelli, perché ci sono più di 600 alberghi solo a Dubai. La vita non è affatto male, c’è sempre il sole, la gente è positiva, ci sono tanti turisti e molti giovani”.

Passione cucina anche lì?

“Sono tantissimi gli chef stellati e ne arrivano di nuovi ogni mese. La qualità del cibo deve essere elevata perché si mangia fuori almeno 5 o 6 volte a settimana. 9.800 ristoranti per 3.600.000 abitanti: la ricerca del buon cibo e del buon vino c’è sempre”.

Conoscono i piatti italiani?

“Sì, e sono ricercatissimi nei circa 50 locali tipici, ovviamente i prezzi sono proibitivi perché i prodotti vengono importati e hanno un certo costo. Due persone per una cena che va dall’aperitivo, al primo, secondo piatto, con un vino di buona qualità possono spendere in media 500 euro”.

In cosa consiste il suo lavoro?

“Sono responsabile Food&Beverage di un hotel cinque stelle, l’Anantara, sulla Palma Jumeirah. 521 stanze, è l’unico in Medio Oriente che propone ville sul mare, stile Maldive per intenderci. Mi occupo di 4 ristoranti, oltre al servizio in camera, un cocktail bar e un caffè, poi ci sono gli spazi per i meeting e le conferenze. Dirigo una squadra di 183 dipendenti con 67 cuochi. Una grossa responsabilità”.

Specialità?

“Carne di canguro, di coccodrillo, e siamo stati per due anni la migliore bisteccheria di Dubai”.

Cuochi italiani?

“Nessuno, io sono l’unico dello staff”.

Ma preparano piatti accettabili per il nostro palato?

“Sì, sono bravi. Ciò che può fare la differenza è il prodotto. Non nel senso che i prodotti non siano ‘freschi’, ma è chiaro che sedersi in un ristorante, sulla costa sarda, a mangiare pomodori sia un’altra cosa…

Certi prodotti qui non arriveranno mai, è un posto lontano e molti di questi ci sono solo sui mercati italiani”.

Cosa le manca della Sardegna dal punto di vista culinario?

“I nostri salumi, quei sapori che ricorderai sempre nella vita. Il cinghiale, il maiale, ma anche i formaggi. O certi vini. Ma prima di tutto mi manca quello che cucina mia madre, i profumi di casa”.

Problemi con usi e costumi locali ne ha mai avuti?

“L’arabo tende a cenare tardi, intorno alle 10.30-11 di sera. Questa è la prima caratteristica con cui mi sono confrontato”.

Le donne arabe?

“Dubai è cambiata tantissimo. Quando sono arrivato ho notato una certa rigidità, ma oggi si è aperta molto. Restano alcune regole fondamentali, per esempio sulla convivenza, vietatissima se due persone non sono sposate. Norme da rispettare, ma la flessibilità esiste, la gente è molto accogliente con chi arriva da ogni parte del mondo”.

Fidanzato con un’emiratina?

“No, con una ragazza inglese, che sposerò in Sardegna a giugno”.

Cosa si nota arrivando a Dubai?

“La velocità di costruzione degli edifici e delle strutture, in Italia ce la sogniamo. Anche se Dubai non ha la storia che ha l’Italia, questo lo devo dire”.

A livello di economia, invece?

“Lo sceicco della famiglia reale, Mohammed bin Rashid Al Maktoum, punta sul turismo, ossia 20 milioni di visitatori all’anno per il 2020, quando ci sarà l’Expo. Ma non è l’unica risorsa, oltre al petrolio ci sono anche il settore dell’alluminio e del gas”.

In Italia andiamo verso le elezioni, lei voterà?

“Potrei farlo al consolato italiano. Ma quando ero ragazzino sentivo mio padre che, ascoltando il tg, si lamentava sempre. E oggi che sono grande si lamenta ancora, e degli stessi problemi. L’Italia dovrebbe essere governata da qualcuno che ha vissuto all’estero per tantissimi anni, qualcuno con idee nuove, non qualcuno che fa sempre e solo i propri interessi. Quindi non so se voterò, non vorrei sbagliare”.

In che senso?

“Io sono emigrato per scelta, questo sì, ma da noi le opportunità comunque mancano e mancheranno, ci sono troppe leggi che chiudono l’accesso agli investitori internazionali. Se guardiamo a quello che volevano fare al Poetto, o in altre località della Sardegna, in termini di grossi development, è sempre stato bloccato tutto”.

Negli Emirati si parla di politica?

“Sui giornali c’è Donald Trump, poca Europa e quasi per nulla Italia. Abbiamo il ruler, ossia lo sceicco, che ha potere assoluto, senza democrazia. È un Paese diretto da una sola persona, che fa le leggi, e forse è la migliore soluzione quella di avere un unico capo che non fa i suoi interessi, ma quelli del popolo”.

Ai giovani che vogliono lasciare la Sardegna cosa consiglia?

“È importante lavorare, lavorare e lavorare, e mantenere la testa bassa. Oggi molti ragazzi guardano sempre l’orologio, oppure rifiutano stipendi da 800 euro. Come dico ai miei collaboratori, chi si dà da fare un giorno o l’altro diventerà qualcuno. Prima o poi. Le occasioni arrivano, ma prima di tutto chi vuole partire dall’Isola deve imparare l’inglese”.

Anche lei la pensava così?

“Quando sono arrivato a Londra facevo il lavapiatti e pelavo patate. In cucina non parlavo una parola d’inglese. Ma ho ingoiato vere e proprie ‘pietre’, perché ovunque c’è sempre qualcuno pronto a prendere il tuo posto. L’unica cosa da fare è dare non il 100 ma il 110 per cento. Lavorare anche 13-14 ore al giorno. Non solo: più si va in alto, più aumenta la responsabilità e più cresce l’impegno”.

Nel suo curriculum c’è anche l’esperienza nel ristorante di Gordon Ramsey.

“Per 5 anni sono stato il direttore del suo locale di Londra, una stella Michelin. Una grande persona, ho dei bellissimi ricordi. Dai clienti famosi come Yoko Ono, Rod Steward, Paul McCartney, alle tante urla in cucina, con piatti che volavano. La pressione a quei livelli è altissima. Molte persone sono rimaste per poche ore… solo chi ha veramente passione riesce a mantenere il self control”.

Qualche caratteristica sarda l’ha aiutata in questo?

“Noi non siamo dei veri e propri testardi, ma quando crediamo in qualcosa lo facciamo fino in fondo. E io ci ho sempre provato, niente e nessuno mi ha mai buttato giù, o comunque mi sono sempre rialzato. Credo sia una qualità di noi sardi, siamo grandi lavoratori, sempre rispettati, in tutto il mondo, e anche rispettosi. E poi siamo socievoli, non tutti lo sono”.

Tornerà in Sardegna?

“Un domani, forse, se ci sarà la giusta opportunità. Per ora è ancora presto. Il mio obiettivo è diventare direttore generale di un hotel 5 stelle lusso, magari per la stessa compagnia per cui lavoro attualmente. Sto seguendo un corso per hotel manager. In Italia potrei magari trovare una giusta collocazione, in Sardegna non so, in questo momento mi sembra molto difficile”.

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)
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