A Milano nasce il primo "Culurgiones bar": la sfida di Antonello Rais
Ristoratore sardo controcorrente: apre nonostante l'emergenza virus. "L'idea? Me l'ha data la mamma"Un nuovo angolo di Sardegna nel cuore di Milano. Un luogo dove chi vive nella caotica ed esigente metropoli lombarda possa prendersi una pausa dal frenetico tran-tran quotidiano per scoprire - o riscoprire - i sapori più tipici dell’Isola.
Si chiama "Ta Bonu!" ed è il primo bar della città meneghina interamente dedicato ai culurgiones.
Ad aprirlo, all’inizio di giugno, a pochi passi dalla Stazione Centrale, è stato Antonello Rais, 36enne nato a Lanusei, ma cresciuto a Porto Torres.
Inaugurare un nuovo locale nei giorni immediatamente successivi alla fine del lockdown, nel cuore della regione italiana più colpita dalla pandemia: una scommessa non da poco per un giovane imprenditore. "Ho voluto raccogliere la sfida. E i risultati, per il momento, stanno arrivando", racconta lui stesso a UnioneSarda.it.
Un "Culurgiones bar" nel centro di Milano. Come le è venuta l’idea?
"Quasi per caso, chiacchierando con mia mamma. Stavamo parlando della cucina sarda nei ristoranti. E a un certo punto lei dice: 'Chissà perché quando vai nei locali tipici sardi i culurgiones o non ci sono o non sono valorizzati. Eppure sono così buoni e piacciono a tutti. E' stata un’illuminazione".
E’ la sua prima esperienza nella ristorazione?
"No. Sin da giovane ho lavorato per le grandi catene: Burger King, Autogrill e altre, come dipendente. Poi a un certo punto ho deciso di mettermi in proprio. Ma cambiando completamente ramo…".
Ovvero?
"Sono venuto a Milano e ho aperto due centri massaggi. Ma il mondo della ristorazione mi mancava. Solo che cercavo l'idea giusta. E l’anno scorso è finalmente arrivata, grazie all'intuzione di mia madre".
Aprire dopo il lockdown. Una decisione azzardata?
"In realtà l’inaugurazione era prevista ad aprile. Ma l’emergenza virus ha fermato tutto, compresi i lavori. Quando le cose sono migliorate e si parlava di riaprire mi sono detto: la situazione è quella che è, i rischi sono tanti, che si fa?".
E alla fine...
"Alla fine io e il mio staff abbiamo preso il coraggio a due mani e abbiamo deciso di alzare le serrande, esattamente l’8 giugno".
Il suo staff?
“Sì. Lavoro con persone speciali, molte delle quali sarde. Sardo, di Cagliari, è lo chef Emanuele Cossu, e sarda, di Monastir, è anche un’altra mia fidata collaboratrice, Marianna Vargiu".
Com’è il bilancio del primo mese di attività?
"Guardi, rispetto ad altri colleghi del ramo che sono in seria difficoltà, posso dire che ce la stiamo cavando".
Come vi siete organizzati?
"Abbiamo aperto il sito internet Ta Bonu e, oltre ai tavoli a norma e tutto il resto, abbiamo attivato anche il servizio d'asporto e il delivery".
La sala si riempie?
"Purtroppo le restrizioni e lo smart working hanno svuotato molti degli uffici milanesi, soprattutto in zona Stazione Centrale. C'è meno passaggio. Ma il riscontro, nonostante i problemi, è comunque molto positivo".
Parliamo del menù. Solo culurgiones classici?
"No. Ci sono ovviamente i classici fatti con patate, formaggio e menta, ma abbiamo deciso di inserire anche qualcosa di moderno e innovativo".
Ad esempio?
"Quelli al nero di seppia e ragù di cernia. O quelli con ricotta e affumicato di spada. E abbiamo anche in mente una ricetta con i gamberi di Mazara".
Come rifornite la cucina?
"Usiamo solo prodotti tipici che arrivano principalmente dalla Sardegna. Anzi: abbiamo deciso di fare della tracciabilità il nostro punto di forza".
In che senso?
"Abbiamo inserito nel menù la precisa indicazione della provenienza dei prodotti. In questo modo il cliente sa con esattezza da quale azienda sarda arriva ogni ingrediente e può conoscere persino il numero di lotto e la data di scadenza. Un servizio in più, molto apprezzato".
Prossimo passo?
"Abbiamo già un primo traguardo in testa. Se il successo della formula di Ta Bonu! dovesse essere confermato, come speriamo, intendiamo aprire altri locali, il primo dei quali a Cagliari. Con una sfida nella sfida: valorizzare uno dei piatti più buoni della tradizione sarda, ma giocando, questa volta, in casa".