Sono otto le persone indagate per la morte di Sebastian Casula, volti già noti alle forze dell’ordine e legati al mondo della droga e dello spaccio; amici e conoscenti di Seby che frequentavano casa Casula, che hanno presenziato in prima fila al funerale, con gli occhi lucidi abbracciavano mamma Francesca, straziata dal dolore per la prematura perdita di un figlio, stringevano la mano a papà Ettore e al fratello Omar.

Sebastian Casula, chiamato Seby dagli amici, esce dalla casa di Carbonia, in cui viveva con la famiglia, la mattina dell’11 luglio 2017 con la sua mountain bike nuova di colore bianco. Di lui si perdono completamente le tracce. Immediatamente vengono disposte le ricerche del piano provinciale per gli scomparsi della Prefettura di Cagliari ma ogni tentativo risulta vano.

L’avvocato Gianfranco Piscitelli viene avvertito immediatamente in qualità di presidente dell’Associazione Penelope Sardegna. Numerose le ipotesi e le voci che circolarono nei giorni successivi alla scomparsa; notizie false e telefonate anonime pervengono alla famiglia.

Il 13 agosto, un mese dopo la scomparsa, il triste epilogo: il corpo di Seby viene rinvenuto in mezzo agli alberi in località Monte Leone. Immediatamente si parla di suicidio anche alla luce delle apparenti circostanze che si palesano.

La famiglia però non crede a questa ipotesi e la mamma di Seby, la signora Francesca Sanna, dà incarico all’avvocato Piscitelli per indagare sulle reali cause della morte del figlio.

Il pm di Cagliari, Danilo Tronci, dispone immediatamente l’autopsia affidata al dottor Montis. Piscitelli assiste personalmente all’autopsia; vengono subito rilevate incongruenze e particolari incompatibili con l’ipotesi del suicidio.

Il 18 agosto 2017, il corpo di Sebastian viene restituito alla famiglia che svolgerà i funerali a Carbonia il giorno successivo, a cui parteciperanno numerosi cittadini. Le indagini sono condotte con grande perizia dalla Compagnia dei carabinieri di Carbonia, i RIS di Cagliari, lo stesso pm Tronci.

Attraverso un’intensa attività d’indagine sarebbero emersi elementi utili che escluderebbero il suicidio. "Ritengo che tale rubricazione sia dovuta all’urgenza di ufficializzare la loro posizione di indagati, rubricazione che a mio avviso subirà delle modifiche nel corso delle indagini che non sono ancora terminate e soprattutto dopo i risultati degli esami scientifici da parte dei RIS e dell’autopsia la cui relazione non è stata ancora depositata", commenta l’avvocato Piscitelli.

Le indagini dei RIS continuano senza sosta; sono in corso accertamenti sulla corda trovata attorno al collo di Seby, sulla bici, sul suo telefonino, su una siringa e su altri reperti rinvenuti attorno al cadavere.

"Sebastian, insieme ad altri personaggi, ha utilizzato stupefacenti, si è sentito male e i partecipanti hanno avuto paura a vario titolo e lo hanno lasciato morire solo come un cane. Poi hanno pensato, essendosi ormai sparsa la voce della sua scomparsa e delle ricerche in corso, di architettare storie di minacce, vecchi rancori ma, vedendo che non trovavano credibilità, hanno deciso di recuperare il corpo ormai senza vita e trasportarlo in quel luogo isolato e non frequentato inscenando un suicidio. Un suicidio con troppi particolari che smentivano l’ipotesi. Hanno poi ripreso la vita normale nel loro mondo di spacciatori e tossicodipendenti ma del fatto e di come erano andate davvero le cose se ne parlava troppo nel loro ambiente, nei bar, nelle loro riunioni, persino in carcere e la verità ha trovato sempre più spazio", ha concluso Piscitelli.

Abbiamo intervistato la Signora Francesca Sanna, madre di Sebastian.

C’è stata una svolta importante in merito all’inchiesta sulla morte di Sebastian. Otto persone sono state indagate. Come ha reagito alla notizia?

"Queste persone non so a che titolo sono indagate. Qualcuno lo conosco già perché frequentava la mia casa, erano amici di mio figlio che io conoscevo. Gli altri mai sentiti. E quindi io, avendo appreso questa notizia, oltre al dolore e lo strazio per come l’hanno trovato, sento tanta ma tanta rabbia nei confronti loro perché il giorno del funerale mi hanno abbracciata e baciata piangendo".

Lei non ha mai creduto al suicidio...

"Ma nel modo più assoluto. Guardi, le posso dire che come son venuti a darmi la notizia, la prima cosa che ho detto è stata che non è stato lui perché lui non aveva nessun motivo".

Come ha saputo del ritrovamento del corpo?

"Sono venuti i carabinieri a dirmelo e già lo sapevano tutti su Facebook, prima che lo sapessi io, però non ho mai creduto a questa versione. La prima cosa che ho detto è stata che non è stato lui e ho avuto ragione perché lui amava troppo la famiglia, e me in modo particolare, era un ragazzo amatissimo da tutti quanti".

Era molto legato a voi.

"Troppo, guardi, troppo legato. Un rapporto buonissimo. Aveva il suo posto di lavoro, amato da tutti i colleghi. Mio figlio aveva un cuore d’oro".

Non si era mai allontanato da casa prima d’allora?

"Ma nel modo più assoluto. Se tardava cinque minuti mi mandava il messaggio. Era molto corretto. Quindi mi è sembrata strana la cosa".

Lei si è affidata umanamente e giuridicamente all’avvocato Piscitelli.

"Sì. All’associazione Penelope, alla Gens Nova, subito ho chiamato l’avvocato Piscitelli che professionalmente e umanamente è stato sempre al nostro fianco, sempre, perché è una persona squisita. Devo ringraziare anche la compagnia dei Carabinieri di Carbonia, persone meravigliose, mi hanno dato supporto, il pubblico ministero Tronci che è una persona speciale, anche la compagnia provinciale di Cagliari".

Cosa si aspetta da questa vicenda?

"Non voglio vendetta nel modo più assoluto perché ho una grande fede. Voglio verità e giustizia. Se ci sono colpevoli devono pagare, questo lo pretendo, fino alla fine dei miei giorni".

Angelo Barraco
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