Il fatto non sussiste. Dopo sette anni di processo e quattordici di inchiesta della Procura sul caso dei "fanghi rossi", sono stati assolti i vertici di Eurallumina, azienda di Portovesme.

È quanto ha deciso la prima sezione penale del Tribunale, al termine del dibattimento, facendo cadere l'accusa di disastro ambientale nei confronti dell'amministratore delegato Vincenzo Rosino e del direttore dello stabilimento Nicola Candeloro. I giudici hanno disposto anche il dissequestro del bacino.

Il pm Marco Cocco aveva ritenuto prescritto il resto. L'accusa era quella di disastro ambientale in concorso e traffico illecito di rifiuti, in qualche caso speciali e pericolosi.

L'inchiesta era scattata nel 2009 con l'accusa di disastro ambientale e con il sequestro del bacino dei fanghi rossi di Portovesme, nella provincia di Carbonia-Iglesias, in uso alla Eurallumina. Oltre ai due bacini, i sigilli erano comparsi anche nelle aree attigue interessate al rilascio di acque contaminate da fanghi rossi. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luigi e Pierluigi Concas, e da Carlo Sotgiu e Francesco Tonelloto.

Oggi davanti al palazzo di giustizia di Cagliari hanno organizzato un sit-in gli ambientalisti del Comitato Carlofortini Preoccupati e l'Associazione Adiquas che da tempo seguono le udienze preliminari assieme alla Confederazione sindacale sarda (costituita parte civile), Assotziu, Comitato Scuola Città, Sardegna Pulita, Comitato Agricoltori Portoscuso e Comitato Viticoltori Paringianu. Gli ambientalisti hanno criticato con forza la sentenza che fa cadere tutte le accuse perché il fatto non sussiste. 

© Riproduzione riservata