La vicenda riguardante Beniamino Zuncheddu, condannato all'ergastolo per la strage di Sinnai dell'8 gennaio 1991 (all'ovile Cuile is Coccus sotto le antenne di Serpeddì erano stati uccisi Gesuino e Giuseppe Fadda, padre e figlio, proprietari dello stazzo, e il loro dipendente Ignazio Pusceddu), approda a Roma in Corte d'appello.

La richiesta di revisione del processo presentata dalla procuratrice generale di Cagliari (oggi a Milano) Francesca Nanni e dall'avvocato Mauro Trogu sarà discussa l'11 febbraio da tutte le parti coinvolte nel procedimento, poi i giudici decideranno se davvero riaprire il caso.

Alla loro attenzione la neo pg di Milano e il difensore del pastore di Burcei hanno portato "nuove prove". Quali siano non è noto, ma è certo - per quanto emerso in questi ultimi mesi - che gli inquirenti ritengano poco attendibile la versione dell'unico sopravvissuto alla strage (la sua testimonianza aveva incastrato Zuncheddu, ma inizialmente aveva detto che l'assassino aveva una calza da donna sul volto) e poco probabile che un solo uomo abbia potuto portare a termine un'azione criminale di quel tipo.

Inoltre c'è il sospetto che nella vicenda abbia avuto un ruolo il sequestro dell'imprenditore Gianni Murgia di Dolianova (rapito nel novembre 1990, l'uomo era stato liberato l'11 gennaio 1991).

Zuncheddu è in carcere dal febbraio 1991: secondo la sentenza definitiva era stato lui a uccidere e il movente va cercato nei contrasti tra il capofamiglia Gesuino e gli allevatori che gravitavano attorno al confinante ovile Masone Scusa per sconfinamenti del bestiame, bestiame ucciso, minacce.

L'11 febbraio a Roma potrebbero presentarsi anche le parti civili in compagnia delle avvocate Francesca Spanu e Alessandra Maria del Rio.
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