Gli investigatori della Forestale sono rimasti per quasi tutta la giornata di venerdì nella raffineria di Sarroch, portando via a tarda sera un gran numero di documenti e mettendo i sigilli della Procura della Repubblica attorno ad alcune aree interne allo stabilimento della Saras. A sei dirigenti e responsabili del complesso, tutti iscritti nel registro degli indagati, sono stati notificati i decreti di perquisizione e sequestro con un’unica ipotesi di reato: disastro ambientale. Impossibile, però, capire al momento cosa abbiano trovato i ranger nelle aree sottoposte a sequestro, visto che gli accertamenti sono ancora in corso e gli inquirenti hanno chiesto l’intervento dei propri consulenti, alcuni in arrivo da oltre Tirreno.

Gli indagati

Aperto nel 2017 dopo l’arrivo in Procura di alcuni video che mostravano un presunto sversamento di sostanze inquinanti nel mare davanti alla raffineria, il fascicolo d’indagine era stato assegnato ai sostituti procuratori Enrico Lussu e Nicola Giua Marassi, rimanendo a lungo contro ignoti. Con il blitz degli uomini del Nucleo investigativo della Forestale, guidati dal commissario Fabrizio Madeddu, sono stati notificati i provvedimenti di perquisizioni ai primi indagati, tutti ai vertici dello stabilimento o di settori di esso. Si tratta dal presidente e amministratore delegato della raffineria, Settimio Guarrata, del responsabile del servizio Salute, ambiente e sicurezza, Walter Cocco, poi ancora del responsabile d'area Antonello Atzori, dell’addetto sicurezza Giuseppe Valentino, dell’esperto di settore Antonello Cogoni e del tecnico Dario Sanna. L’iscrizione nel registro degli indagati, bisogna specificarlo, non sembrerebbe in questo caso contenere ancora elementi di sospetto su ipotesi di responsabilità, ma servirebbe come atto di garanzia per permettere la nomina di consulenti di parte.

I sequestri

Oltre a vari documenti documenti gli investigatori del Corpo Forestale della Regione hanno anche posto sotto sequestro alcune aree interne allo stabilimento. Vi avrebbero individuato materiali o sostanze legate alla lavorazione del petrolio che non pensavano di trovare, ma è prematuro e azzardato parlare di inquinamento. Per capirlo i pm Lussu e Giua Marassi hanno nominato un pool di consulenti, alcuni dei quali provenienti dalla Penisola. Tra questi spicca il docente universitario e biochimico piemontese Ivo Pavan, già esperto in varie inchieste dell’ex procuratore torinese Raffaele Guariniello.

Le inchieste

L’indagine, a quanto pare, punta a capire se vi siano stati degli sversamenti a mare (e non solo) di sostanze inquinanti legate alla lavorazione del petrolio. La Saras, quando cinque anni fa si seppe dell’inchiesta e dei video portati in Procura, chiarì che le immagini mostravano «acqua di mare mista ad alghe (di qui, il colore scuro) che era stato necessario spostare da una parte all’altra dello specchio acqueo antistante il porticciolo delle imbarcazioni di servizio, per evitarne l’accumulo che avrebbe bloccato i mezzi anti-inquinamento». Oltre a questo fascicolo nei mesi scorsi ne è stato aperto un altro, assegnato al pm Giangiacomo Pilia, sulle fumate nere registrate tra il 2020 e il 2021. Infine a dicembre la Dda, col pm Danilo Tronci, ha chiuso l’inchiesta arrivata dalla Lombardia sul presunto acquisto irregolare di greggio dall’Iraq nel 2016, quando il Paese era in mano all’Isis. Un’altra indagine per inquinamento marino del pm Emanuele Secci era stata invece archiviata dopo le analisi e le consulenze.

Francesco Pinna

© Riproduzione riservata